[Nella congregazione seguente si tratta
di nuovo del titolo del concilio]
Dopo la sessione non fu tenuta
congregazione sino a' 13 genaro, perché Pietro Pacceco, vescovo di Iaen, creato
cardinale nuovamente, che aspettava da Roma la berretta, senza quale la
ceremonia non gli concedeva trovarsi in luoghi publici, aveva desiderio
d'intervenire, dovendosi in quella metter ordine che nella sessione non
avvenissero piú inconvenienti. Ridotta la congregazione, i legati si dolsero di
quelli che avevano fatto opposizione al titolo nel giorno della sessione;
mostrarono che non era decoro in quel luogo publico fare apparire diversità
d'opinioni: le congregazioni farsi accioché ogni uno possi dire il suo parere
in luogo retirato, per dover essere tutti conformi in quello che s'ha da
publicare; nissuna cosa dovere piú sbigotire gli eretici e dare costanza a'
catolici, quanto la fama dell'unione. Discesero alla materia del titolo,
considerando che nissuno era piú conveniente di quello che gli dava il
pontefice nella convocazione et in tante altre bolle dove era nominato
ecumenico et universale: al che superfluamente s'aggiongerebbe
rappresentazione, essendo pieni i libri di quello che sia o rappresenti un tal
concilio legitimamente inditto e comminciato; che altrimente facendo, si
mostrava di dubitare della sua autorità et assomigliarlo a qualche altro
concilio che per ciò aveva dato quel titolo, perché conoscendo mancare
d'autorità legitima, voleva supplire con le parole, accennando il basileense e
constanziense; però a fine di fare stabile risoluzione, ogni uno dovesse dire
sopra ciò il voto suo.
Il cardinal Pacceco entrò a dire il
concilio esser ornato di molti e molti titoli, quali tutti se fossero da usare
in tutte le occasioni, l'espressione di quelli sarebbe sempre maggiore che il
corpo del decreto. Ma sí come un grand'imperatore, possessore de molti regni e
stati, per ordinario nelli editti non usa se non il titolo dal quale l'editto
riceva forza, e ben spesso, senza alcun titolo, prepone il nome suo proprio,
cosí questo concilio, secondo le materie che si tratteranno, doverà valersi di
diversi titoli per esplicare l'autorità sua; adesso che si sta ne'
preparatorii, non è necessità d'usarne alcuno. Il vescovo di Feltre considerò
che i protestanti avevano richiesto un concilio, dove con voto decisivo
intervenissero essi ancora, e se si mettesse per titolo del concilio che egli
rappresenti la Chiesa universale, caveranno di qui argomento: adonque debbono
intervenirvi di tutti gli ordini della Chiesa universale, i quali essendo doi,
clericale e laicale, non può esser intieramente rappresentata se l'ordine
laicale è escluso. Ma del rimanente, anco quei che nella sessione assentirono
al titolo semplice, furono d'openione che fosse supplito. Il vescovo di Santo
Marco disse che impropriissimamente i laici si possono dire Chiesa, perché,
come i canoni determinano, non hanno alcuna autorità di commandare, ma solo
necessità d'ubedire, e questa essere una delle cose le quali doveva questo
concilio decretare, che i secolari debbano umilmente ricevere quella dottrina
della fede che gli è data dalla Chiesa, e non ne disputare, né meno pensarci
piú oltre. E però aponto conviene usare il titolo che la sinodo rappresenta la
Chiesa universale, per fargli sapere che essi non sono la Chiesa, ma debbono
ascoltare et ubedire alla Chiesa. Molte cose furono dette e si passò inanzi
senza piú ferma conclusione, con stabilire solamente che per la seguente
sessione si usasse il titolo semplice come nella passata.
Questo finito, perché avevano fatto
instanza certi prelati che ormai si dovesse venire alle cose sostanziali, per
sodisfargli fu proposto da' legati che si pensasse sopra i tre capi contenuti
nelle bolle del pontefice, cioè l'estirpazione delle eresie, riformazione della
disciplina e stabilimento della pace; in che modo s'aveva d'entrare in quelle
trattazioni, che via s'avesse da tenere e come s'avesse da procedere, e
pregassero Dio che illuminasse tutti, e ciascuno dicesse il suo parere nella
prima congregazione. In fine furono presentati alcuni mandati da vescovi
assenti, e furono deputati l'arcivescovo d'Ais il vescovo di Feltre e quello
d'Astorga a vedere il punto dell'escusazione e riferire in congregazione.
I legati il giorno seguente scrissero a
Roma che si vedeva quella amplificazione del titolo, con aggionta del
rappresentare la Chiesa universale, essere cosa tanto populare e piacere cosí a
tutti, che facilmente poteva ritornar in trattazione; e però desideravano
sapere la volontà di Sua Santità, se dovevano persistere in negarlo, overo
compiacergli, massime in occasione che si avesse da fare qualche decreto
importante, come in condannare l'eresie e simili cose. Avisarono ancora d'avere
fatta la proposta per la seguente congregazione cosí in genere, per secondare
il desiderio de' prelati che era d'entrare nelle cose essenziali e mettere
nondimeno tempo in mezo, sin che venisse da Sua Santità l'instruzzione
ricchiesta. Aggionsero appresso il cardinale Pacceco esser avisato che
l'imperatore aveva dato ordine a molti vescovi spagnuoli, persone
d'essemplarità e di dottrina, che andassero al concilio: perilché giudicavano
essere necessario che Sua Santità mandasse 10 o 12 prelati, de' quali si
potesse fidare e fossero ancora per le altre qualità atti a comparire, acciò
crescendo il numero de oltramontani, massime uomini rari e d'essemplarità e
dottrina, trovassero riscontro in qualche parte: perché di quelli che sino
allora si trovavano in Trento, i ben intenzionati erano di poche lettere e
minor prudenza; quelli di qualche sapere si scoprivano uomini di dissegno e
difficili da maneggiare.
|