[Si fa sessione col recitar il simbolo]
Venuto adonque il dí 4, giorno destinato
della sessione, con la medesima ceremonia e compagnia s'andò alla chiesa; nella
quale cantò la messa Pietro Tragliavia, arcivescovo di Palermo; fece il sermone
frate Ambrosio Catarino, senese dominicano, e l'arcivescovo di Torre lesse il
decreto, la sostanza del quale fu che la sinodo, considerando l'importanza de'
doi capi che aveva da trattare, dell'estirpazione delle eresie e riformazione
de' costumi, essorta tutti a confidar in Dio e vestirsi delle arme spirituali;
et accioché la sua diligenza abbia principio e progresso dalla divina grazia,
determina di comminciare dalla confessione della fede, seguitando gli essempii
de' padri, che ne' principali concilii nel principio delle azzioni hanno
opposto quel scudo contra le eresie e con quel solo alcune volte hanno
convertito gli infedeli e vinti gli eretici; nel quale concordano tutti i
professori del nome cristiano; e qui fu recitato tutto, di parola in parola,
senza soggiongere altra conclusione; et interrogò l'arcivescovo i padri se gli
piaceva il decreto. Fu risposto da tutti affirmativamente, ma d'alcuni con
condizioni et addizioni non di gran momento, con displicenzia del cardinale del
Monte, al quale non poteva piacere che in sessioni si descendesse a' particolari,
temendo che quando s'avesse trattato cosa di rilievo, potesse nascere qualche
inconveniente. Fu letto dopo l'altro decreto, intimando la sessione per li 8
d'aprile, allegando per causa della dilazione che molti prelati erano in pronto
per il viaggio et alcuni in via, e che le deliberazioni della sinodo potranno
apparere di maggior stima, quando saranno corroborate con conseglio e presenzia
di piú padri, non differendo però l'essamine e discussione di quelle cose che
alla sinodo pareranno.
La corte di Roma, che al nome di riforma
era tutta in spavento, sentí con piacere che il concilio si trattenesse in
preambuli, sperando che il tempo averebbe portato rimedio, et i cortegiani
intemperanti di lingua essercitarono la dicacità, dando fuori, sí come si costumava
allora in tutti gli avvenimenti, diverse pasquinate molto mordaci, chi con
lodare i prelati congregati in Trento d'aver fatto un nobilissimo decreto e
degno d'un concilio generale, e chi confortandoli a conoscere la propria bontà
e scienzia.
I legati, nel dare conto al papa della
sessione tenuta, avisarono anco essere cosa difficile per l'avvenire opponersi
e vincere quelli che volevano finir il titolo con la rapresentazione della
Chiesa universale; nondimeno sarebbono sforzati di superare le difficoltà. Ma
che di trattenere piú i prelati senza operare cosa di momento e venir
all'essenziale non era possibile, e che però aspettavano l'ordine e
l'instruzzione tante volte ricchiesta; che a loro sarebbe ben parso trattare
della Sacra Scrittura quelle cose che sono controverse co' luterani e gli abusi
introdotti nella Chiesa in quella materia; cose con quali si poteva dare molta
sodisfazzione al mondo senza offendere nissuno, e di ciò averebbono aspettata
la risposta, essendovi tempo assai longo per poter essaminare quelle materie e
molte occasioni di portare tempo sino al principio di quadragesima.
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