[Senso et interpretazione della
Scrittura]
Intorno l'articolo del senso della
Scrittura divina, diede occasione di parlare diversamente la dottrina del già
cardinale Gaetano, che insegnò e pratticò egli ancora, cioè di non rifiutare i
sensi nuovi, quando quadrino al testo e non sono alieni dagli altri luoghi
della Scrittura e dalla dottrina della fede, se ben il torrente de' dottori
corresse ad un altro, non avendo la divina Maestà legato il senso della
Scrittura a' dottori vecchi; altrimente non resterebbe, né a presenti, né a'
posteri, altra facoltà che di scrivere di libro in quaderno, il che da alcuni
de' teologi e padri era approvato e da altri oppugnato.
A' primi pareva che fosse come una
tirannide spirituale il vietare che, secondo le grazie da Dio donate, non
potessero i fedeli essercitare il proprio ingegno e che questo fosse apunto
proibire la mercanzia spirituale de' talenti da Dio donati; doversi con ogni
allettamento invitare gli uomini alla lezzione delle sacre Lettere, dalle quali
sempre che si leva quel piacere che la novità porta, tutti sempre le
aborriranno, et una tal strettezza farà applicare li studiosi alle altre sorti
di lettere et abandonare le sacre e per consequenza ogni studio e cura di
pietà; questa varietà de' doni spirituali appartenere alla perfezzione della
Chiesa e vedersi nella lettura de' antichi padri, ne' scritti de' quali è
diversità grande e spesso contrarietà, congionta però con strettissima carità.
Per qual causa non dover essere concesso a questo secolo quella libertà che con
frutto spirituale hanno goduto gli altri? Li scolastici nella dottrina di
teologia, se ben non hanno tra loro dispute sopra l'intelligenza delle lettere
sacre, avere però non minor differenze ne' ponti della religione, e quelle non
meno pericolose; meglio essere l'immitare l'antichità, che non ha ristretta
l'esposizione della Scrittura, ma lasciata libera.
La contraria opinione portava che, essendo
la licenza popolare disordine maggiore della tirannide, in questi tempi
conveniva imbrigliare gli ingegni sfrenati, altrimente non si poteva sperare di
veder fine delle presenti contenzioni: agli antichi tempi esser stato concesso
di scrivere sopra i libri divini, perché, essendovi poche esposizioni, ve ne
era bisogno, e gli uomini di quei tempi erano di vita santa et ingegno
composto, che da loro non si poteva temere di confusioni, come al presente. E
per tanto i scolastici teologi, avendo veduto che non vi era piú bisogno nella
Chiesa d'altre esposizioni e che la Scrittura era non solo a bastanza, ma anco
abondantemente dichiarata, presero altro modo di trattare le cose sacre; e
vedendo gli uomini inclinati alle dispute, giudicarono che fosse ben occupargli
piú tosto in essamine di raggioni e detti d'Aristotele, e conservare la
Scrittura divina in riverenza, alla quale molto si deroga, quando sia
maneggiata communemente e sia materia de' studii et essercizii de' curiosi. E
tanto si passava inanzi con questa sentenzia che fra Ricardo di Mans
franciscano disse i dogmi della fede essere tanto dilucidati al presente dagli
scolastici, che non si doveva imparargli piú dalla Scrittura; la qual è vero che
altra volta si leggeva in chiesa per instruzzione de' popoli e si studiava per
l'istessa causa; dove al presente si legge in chiesa solo per dir orazione, e
per questo solo doverebbe anco servire a ciascuno e non per studiare, e questa
sarebbe la riverenza e venerazione debita da ogni uno alla parola Dio. Ma
almeno doverebbe esser proibito il leggerla per ragion di studio a chi non è
prima confermato nella teologia scolastica, né con altri fanno progresso i
luterani, se non con quelli che studiano la Scrittura; il qual parere non fu
senza aderenti.
Tra queste opinioni ve ne caminarono due
medie: una, che non fosse bene restringere l'intelligenza della Scrittura a'
soli padri, atteso che per il piú i loro sensi sono allegorici e rare volte
litterali, e quelli che seguono la lettera s'accommodano al loro tempo, sí che
l'esposizione non riesce a proposito per l'età nostra. Essere stato dottamente
detto dal cardinale Cusano, di eccellente dottrina e bontà, che l'intelligenza
delle Scritture si debbe accommodar al tempo et esporla secondo il rito
corrente, e non avere per maraviglia se la prattica della Chiesa in un tempo
interpreta in un modo, in un altro, all'altro. E non altrimente l'intese il
concilio lateranense ultimo, quando statuí che la Scrittura fosse esposta
secondo i dottori della Chiesa o come il longo uso ha approvato. Concludeva
questa opinione che le nuove esposizioni non fossero vietate, se non quando
discordano dal senso corrente.
Ma fra Dominico Soto dominicano distinse
la materia di fede e di costumi dalle altre, dicendo in quella sola esser
giusto tener ogni ingegno tra termini già posti, ma nelle altre non esser
inconveniente lasciare che ogni uno, salva la pietà e carità, abondi nel
proprio senso: non essere stata mente de' padri che fossero seguiti di
necessità, salvo che nelle cose necessarie da credere et operare; né i
pontefici romani, quando hanno esposto nelle decretali loro alcun passo della
Scrittura in un senso, aver inteso di canonizare quello, sí che non fosse
lecito altrimente intenderlo, pur che con raggione. E cosí l'intese san Paolo,
quando disse che si dovesse usare la profezia, cioè l'interpretazion della
Scrittura, secondo la raggion della fede, cioè riferendola agli articoli di
quella; e se questa distinzione non si facesse, si darebbe in notabili
inconvenienti per le contrarietà che si ritrovano in diverse esposizioni date
dagli antichi padri, che repugnano l'una all'altra.
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