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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro secondo
    • [L'edizione volgata approvata in congregazione]
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[L'edizione volgata approvata in congregazione]

Le difficoltà promosse non furono di tanta efficacia che nella congregazione de' padri non fosse con consenso quasi universale approvata l'edizione volgata, avendo fatto potente impressione nell'animo de' prelati quel discorso che i maestri di grammatica si arrogherebbono d'insegnar a' vescovi e teologi. E quantonque alcuni pochi sostentassero che fosse ispediente, attese le raggioni da' teologi considerate, tralasciar quel capo per allora, ma poiché fu risoluto altrimente, posero in considerazione che, approvandola, conveniva anco commandare che sia stampata et emendata, e dovendo questo fare, era necessario formare l'essemplare al quale si dovesse formare l'impressione. Onde di commun concordia furono deputati sei, che attendessero a quella correzzione con accuratezza, acciò si potesse publicare inanzi il fine del concilio, riservandosi d'accrescer il numero, quando, tra quei che di nuovo giongessero, vi fosse persona di buona attitudine per quella opera.

Ma nel render i voti sopra il quarto articolo, dopo aver detto il cardinale Pacceco che la Scrittura era stata esposta da tanti e cosí eccellenti in bontà e dottrina, che non si poteva sperare d'aggiongere cosa bona di piú, e che le nuove eresie erano tutte nate per nuovi sensi dati alla Scrittura; però che era necessario imbrigliare la petulanza degli ingegni moderni e farla star contenta di lasciarsi reggere dagli antichi e dalla Chiesa, et a chi nascesse qualche spirito singolare, sia costretto tenerlo in sé e non confonder il mondo col publicarlo, concorsero quasi tutti nella medesima opinione.

La congregazione de' 29 tutta fu consummata sopra il quinto articolo, perché avendo parlato i teologi con poca risoluzione e col rimetter al voler della sinodo, a quale appartiene far i statuti, i padri ancora erano ambigui. Il tralasciare afatto l'anatema era un non fare decreto di fede e nel bel principio rompere l'ordine preso di trattar i 2 capi insieme. Il condannar anco per eretico ogni uno che non accettasse l'edizione volgata in qualche luogo particolare e forse non importante, e parimente che publicasse qualche sua invenzione sopra la Scrittura per leggierezza di mente, pareva cosa troppo ardua. Dopo longa discussione si trovò temperamento di formar il primo decreto e comprendere in esso quel solo che tocca il catalogo de' libri sacri e le tradizioni, e quello concludere con anatema. Nel secondo poi, che appartiene alla riforma e dove l'anatema non ha luogo, comprendere quello che aspetta alla tradozzione e senso della Scrittura, come che il decreto sia un rimedio all'abuso di tante interpretazioni et esposizioni impertinenti.

 

 




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