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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro secondo
    • [Abusi a riformare intorno alla Scrittura]
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[Abusi a riformare intorno alla Scrittura]

Restava parlare degli altri abusi, de quali ciascuno aveva raccolto numero grande et in quello adunati innumerabili modi come la debolezza e superstizione umana si vale delle cose sacre, non solo oltre, ma anco contra quello perché sono instituite. Delle incantazioni per trovar de tesori et effettuare lascivi dissegni o ottenere cose illecite fu assai parlato e proposti molti rimedii per estirparle. Tra le incantazioni ancora fu posto da alcuni il portar adosso Evangelii, nomi di Dio per prevenir infermità o guarire d'esse, overo per essere guardato da mali et infortunii, o per aver prosperità, il leggergli medesimamente per gl'istessi effetti e lo scrivergli con osservazioni de tempi; furono nominate in questo catalogo le messe che in alcune reggioni si dicono sopra il ferro infuocato, sopra le acque bollenti o fredde, o altre materie per le purgazioni volgari, il recitare Evangelii sopra le arme, acciò abbiano virtú contra gli inimici. In questa serie erano poste le congiurazioni de' cani che non mordano, de' serpi che non offendano, delle bestie nocive alle campagne, delle tempeste et altre cause di sterelità della terra, ricercando che tutte queste osservazioni come abusi fossero condannate, proibite e punite. Ma in diversi particolari passarono alle contradizzioni e dispute, difendendo alcuni, come cose devote e religiose, o almeno permesse e non dannabili, quelle che da altri erano condannate per empie e superstiziose, il che avvenne parimente parlando della parola di Dio per sortilegii o divinazioni, o estraendo polize con versi della Scrittura, overo osservando gli occorrenti aprendo il libro. Il valersi delle parole sacre in libelli famosi et altre detrazzioni fu universalmente dannato, e parlato assai del modo come levare le pasquinate di Roma, nel che mostrò il cardinal del Monte gran passione nel desiderare rimedio, per esser egli, attesa la libertà e giocondità del suo naturale, preso molto spesso da' cortegiani per materia della loro dicacità. Tutti concordavano che la parola di Dio non può mai esser tenuta in tanta riverenzia che sodisfaccia al debito, e che il valersi di quella anco per lodare gli uomini, eziandio prencipi e prelati, non è condecente, e generalmente ogni uso d'essa in cosa vana era peccato; ma però non doveva il concilio occuparsi in ciò, non essendo congregati per fare provisione a tutti i mancamenti; né doversi proibire assolutamente che non siano tirate le parole della Scrittura alle cose umane, perché santo Antonino nell'istoria sua non condannò gl'ambasciatori siciliani che domandando perdono a Martino IV in publico consistorio, esposero l'ambasciata non con altre parole, se non dicendo tre volte: «Agnus Dei qui tollis peccata mundi, miserere nobis»; né la risposta del papa, che disse parimente tre volte: «Ave Rex Iudeorum, et dabant illi alapas». Però esser stata una malignità de' luterani il riprendere il vescovo di Bitonto, che nel sermone fatto nella sessione publica dicesse, a chi non accetterà il concilio potersi dire: «Papæ lux venit in mundum, et dilexerunt homines magis tenebras quam lucem». Tante congregazioni furono consumate in questo, e tanto cresceva il numero et appariva la debolezza de' rimedii proposti, che la commune openione inclinò a non fare menzione particolare d'alcuno d'essi, né descender a' rimedii appropriati, né a pene particolari, ma solo proibirgli sotto i capi generali e rimetterle pene all'arbitrio de' vescovi. Degl'abusi delle stampe si parlò, né vi fu molto che dire, sentendo tutti che fosse posto freno alli stampatori e fosse loro vietato stampare cosa sacra che non fosse approvata; ma che perciò bastasse quello che dall'ultimo concilio lateranense fu statuito.

Ma intorno le lezzioni e predicazioni s'eccitarono gravissime controversie. I frati regolari, già in possesso di queste fonzioni, cosí per privilegii ponteficii, come per averle essercitate soli per 300 anni, con tutte le forze operavano per conservarle; et i prelati, allegando che erano proprie loro et usurpate, pretendevano la restituzione; e perché non si contendeva qui d'openioni, ma d'utilità, oltre le raggioni erano da ambedue le parti adoperati gli effetti, e queste differenze erano per causare che al tempo della sessione niente fosse deciso: perilché i legati risolsero di differire questi doi punti ad un'altra sessione. Furono, secondo le risoluzioni prese, formati i doi decreti, e nella ultima congregazione letti et approvati con qualche eccezzioni nel capo dell'edizione volgata, in fine della quale il cardinal del Monte, dopo avere lodato la dottrina e prudenza di tutti, gli ammoní del decoro che conveniva usare nella publica sessione, mostrando un cuore et un'anima istessa, poiché nelle congregazioni le materie erano essaminate sufficientemente; et il cardinal Santa Croce, finita la congregazione, radunò quelli che avevano opposto al capo della volgata, e mostrò loro che non potevano dolersi, perché non era vietato, anzi restava libero il poter emendarla e l'avere ricorso a' testi originali, ma solo vietato il dire che vi fossero errori in fede, per quali dovesse essere reietta.

 

 




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