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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro secondo
    • [Quarta sessione e suo decreto]
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[Quarta sessione e suo decreto]

Ma venuto il giorno degli 8 aprile destinato alla sessione, fu celebrata la messa dello Spirito Santo da Salvator Alepo, arcivescovo di Torre in Sardegna, e fatto il sermone da frate Agostino aretino, generale de servi, e presi i paramenti ponteficali e fatte le solite letanie e preci, furono letti i decreti dall'arcivescovo celebrante. Il primo de' quali in sostanza contiene che la sinodo, mirando a conservare la purità dell'Evangelio promesso da' profeti, publicato da Cristo e predicato dagli apostoli come fonte d'ogni verità e disciplina de' costumi, le quali verità e disciplina conoscendo contenersi ne' libri e tradizioni non scritte, ricevute dagli apostoli dalla bocca di Cristo, e dettategli dallo Spirito Santo, e di mano in mano venute, ad essempio de' padri riceve con ugual riverenza tutti i libri del Vecchio e Nuovo Testamento, e le tradizioni spettanti alla fede et a' costumi, come venute dalla bocca di Cristo overo dallo Spirito Santo dettate e conservate nella Chiesa catolica. E posto il catalogo de' libri, conclude che, se alcuno non gli riceverà per sacri e canonici tutti intieri con le sue parti tutte, come sono letti nella Chiesa catolica e si contengono nell'edizione volgata, overo scientemente e deliberatamente sprezzerà le tradizioni, sia anatema, acciò ogni uno sappia che fondamenti la sinodo è per usare in confermar i dogmi e restituir i costumi nella Chiesa. La sostanza del secondo decreto è che la volgata edizione sia tenuta per autentica nelle publiche lezzioni, dispute e prediche et esposizioni, e nissun ardisca rifiutarla. Che la Scrittura Sacra non possi esser esposta contra il senso tenuto dalla santa madre Chiesa, né contra il concorde consenso de' padri, se ben con intenzione di tenere quelle esposizioni occulte; et i contravenienti siano dagli ordinarii puniti; che l'edizione volgata sia stampata emendatissima. Che non si possino stampare, né vendere, né tener libri di cose sacre senza nome dell'autore, se non approvati, facendo apparire l'approvazione nel frontispicio del libro, sotto pena di scommunica e pecuniaria statuita dall'ultimo concilio lateranense. Che nissun ardisca usare le parole della Scrittura divina in scurrilità, favole, vanità, adulazioni, detrazzioni, superstizioni, incantazioni, divinazioni, sorti, libelli famosi; et i trasgressori siano puniti ad arbitrio de' vescovi. E fu determinato che la sessione seguente si tenesse a 17 giugno.

Dopo fu letto dal secretario del concilio il mandato degli oratori di Cesare, Diego di Mendozza e Francesco di Toledo, quello assente e questo presente, qual con brevi parole salutati i padri per nome dell'imperatore, disse in sostanza: essere manifesto a tutto 'l mondo che Cesare non reputa cosa piú imperatoria, quanto non solo il defender il grege di Cristo dagli nimici, ma liberarlo da' tumolti e sedizioni; perilché con giocondità dell'animo ha veduto quel giorno, quando è stato aperto il concilio dal papa publicato; la qual occasione volendo favorire con la potestà et autorità sua, subito vi mandò il Mendozza, al quale, impedito ora per indisposizione, vi ha aggionto lui; onde non restava se non pregare concordemente Dio che favorisca l'impresa del concilio e, quello che è il principale, conservi in concordia il pontefice e l'imperatore per fermare la verità evangelica, restituire la sua purità alla Chiesa et estirpar il loglio dal campo del Signore. Fu risposto per nome del concilio che la venuta di Sua Signoria era gratissima alla sinodo per l'osservanza verso l'imperatore e per il favore che dalla Maestà Sua si promette; sperando anco molto nella verità e religione di Sua Signoria; perilché l'abbraccia con tutto l'animo et admette quanto debbe di raggione i mandati di Cesare. Si duole dell'indisposizione del collega, e della concordia tra 'l papa e l'imperatore rende grazie a Dio, qual pregherà che favorisca i desiderii d'ambidoi per aummento della cristiana religione e pace della Chiesa. Queste cose fatte, con le solite ceremonie fu finita la sessione, i decreti della quale furono mandati a Roma da' legati e poco dopo stampati.

 

 




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