[Giudicii intorno ai decreti della
detta sessione]
Ma veduti, e massime in Germania,
somministrarono gran materia a raggionamenti. Era riputata da alcuni ardua cosa
che 5 cardinali e 48 vescovi avessero cosí facilmente definito principalissimi
et importantissimi capi di religione sino allora indecisi, dando autorità
canonica a libri tenuti per incerti et apocrifi, facendo autentica una
traslazione discordante dal testo originale, prescrivendo e restringendo il
modo d'intendere la parola di Dio; né tra quei prelati trovarsi alcuno
riguardevole per dottrina: esserne alcuni legisti, dotti forse in quella
professione, ma non intendenti della religione; pochissimi teologi, ma di
sufficienza sotto l'ordinaria; il maggior numero gentiluomini o cortegiani; e
quanto alle dignità, esservene alquanti portativi, e la maggior parte vescovi
di città cosí picciole, che rappresentando ciascuno il popolo suo, non si
poteva dire che rappresentassero un millesimo della cristianità. Ma
specialmente di Germania non esservi pur un vescovo, pur un teologo. Possibile
che in tanto numero non s'avesse potuto mandarne uno? Perché l'imperatore non
far andarne alcuno di quelli che erano intervenuti nel colloquio et informati
nelle differenze? Tra i prelati di Germania il solo cardinale d'Augusta avere
mandato procuratore, e quello un savoiardo; perché i procuratori del cardinale
et elettor magontino, intesa la morte del loro patrone, erano partiti doi mesi
prima.
Altri dicevano che le cose decise non
erano di tanto momento quanto pareva, perché il capo delle tradizioni, che piú
importante pareva, non rilevava punto: prima, perché niente era statuire che si
ricevessero le tradizioni, senza dire quali fossero e senza dare modo di
conoscerle; poi che manco vi era precetto di riceverle, ma solo si proibiva lo
sprezzarle scientemente e deliberatamente; onde non contraveniva chi con parole
riverenti le reggietasse tutte, massime essendovi l'essempio di tutti gli
aderenti della corte romana, che non ricevono l'ordinazione delle diaconesse,
non concedono l'elezzione de' ministri al popolo, che certo è esser
l'instituzione apostolica continuata per piú di 8 secoli; e quello che piú
importa, la communione del calice, da Cristo instituita, dagli apostoli
predicata, osservata da tutta la Chiesa sino inanzi 200 anni, et anco al
presente da tutte le nazioni cristiane, fuorché dalla latina; che se questa non
è tradizione, non vi è modo di mostrare che altra sia. E quanto all'edizione
volgata dicchiarata autentica niente essere fatto, non sapendosi per la varietà
degli essemplari quale ella sia. Ma questa ultima opposizione nasceva da non
sapere che già in concilio era fatta la deputazione di chi dovesse stabilire un
essemplare emendato per la vera edizione volgata; il che per qual causa non
fosse effettuato, al suo luogo si dirà.
Ma veduti in Roma i decreti della sessione
e considerata l'importanza delle cose trattate, pensò il pontefice che il
negozio del concilio era da tener in maggior considerazione di quello che sino
allora si era fatto, et accrebbe il numero nella congregazione de' cardinali e
prelati a' quali aveva data la cura di considerare le cose occorrenti spettanti
al concilio e riferirle; e per conseglio di questi, la prima volta congregati,
ammoní i legati di tre cose. L'una di non publicare in sessione all'avvenire
decreto alcuno, senza averlo prima communicato in Roma, e fuggir ben la
sovverchia tardità nel caminar inanzi, ma guardarsi ben ancora maggiormente
della celerità, come quella che poteva fargli risolvere qualche materia
indigesta e levargli tempo di poter ricevere gli ordini da Roma di quello che
si dovesse proponere, deliberare e concludere. La seconda di non consummare il
tempo in materie che non sono in controversia, come pareva che avessero
consummato nelle trattate per la prossima sessione, nelle quali tutti sono
d'accordo e che sono principii indubitati. La terza d'avvertire che non si
venga mai, per qual causa si sia, alla disputa dell'autorità del papa.
A che essi risposero con prontezza
d'ubedire a quanto Sua Santità commandava, parendo però loro che nelle cose
definite vi sia poca discrepanza tra catolici et eretici, e che alcune delle
Scritture del Testamento Vecchio e Nuovo, ricevute dal terzo concilio
cartaginese, da Innocenzio I e da Gelasio, e nella sesta sinodo di Trullo, e
dal concilio fiorentino, sono rivocate in dubio dagli eretici e, quello che è
peggio, da alcuni catolici e cardinali, et ancora che le tradizioni non scritte
erano impugnate da' luterani, quali a nissuna cosa piú attendevano che ad
annichilarle, con dar ad intendere che ogni cosa necessaria alla salute sia
scritta; e però, se ben questi doi capi sono principii, sono ancora conclusioni
delle piú controverse e delle piú importanti che si avessero a decidere nel
concilio. Aggionsero che sino allora non era venuta nissuna occasione di
parlare dell'autorità del papa, né del concilio, se non nella trattazione del
titolo, quando fu ricercato che si vi aggiongesse la representazione della
Chiesa universale. La qual cosa ancora molti desiderano, e nondimeno essi la
declineranno quanto sarà possibile. Ma quando fossero costretti di venir a
questo, faranno instanza (stimando che non gli potrà esser negato) d'esprimere
il modo come la rapresenta, cioè mediante il suo capo e non senza: onde piú
tosto vi sarà guadagno che perdita. Del rimanente, parendogli di veder segno
che la maggior parte sia sempre per portar a Sua Santità ogni riverenza,
trovandosi lei come capo unita col corpo del concilio, il che sarà sempre che
si concordi nella riformazione, potrà stare con animo quieto che l'autorità sua
non sarà posta in difficoltà.
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