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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro secondo
    • [Il papa invita gli svizzeri al concilio; scomunica l'elettor di Colonia e lo depone]
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[Il papa invita gli svizzeri al concilio; scomunica l'elettor di Colonia e lo depone]

Mandò dopo queste cose il pontefice noncio ne' svizzeri Gieronimo Franco, dandogli lettera a' vescovi di Sion e di Coira, all'abbate di San Gallo et altri abbati di quelle nazioni, a' quali scrisse che avendo chiamato tutti i prelati di cristianità al concilio generale a Trento, era cosa conveniente che essi ancora, che rappresentano la Chiesa elvetica, v'intervenissero, essendo quella nazione molto a lui diletta, come speciali figli della Sede apostolica e defensori della libertà ecclesiastica. Che già erano arrivati a Trento prelati d'Italia, Francia e Spagna, et il numero quotidianamente aummentava; però non essere condecente che essi vicini siano prevenuti da' piú lontani; il suo paese essere in gran parte contaminato dalle eresie e però avere bisogno tanto piú del concilio. In fine gli commanda per ubedienza e per il vincolo del giuramento e sotto le pene prescritte dalle leggi che debbino andarci quanto prima, rimettendosi a quel di piú che il suo noncio gli averebbe detto.

E per le molte instanze fatte dal clero e dall'academia di Colonia, aiutati da' vescovi di Liege et Utrecht et anco dall'academia di Lovanio contra l'arcivescovo et elettore di Colonia, venne alla sentenza definitiva, dicchiarandolo scommunicato, privandolo dell'arcivescovato e di tutti gli altri beneficii e privilegii ecclesiastici, assolvendo i popoli dal giuramento della fedeltà promessa e commandandogli di non ubedirlo; e questo per esser incorso nelle censure della bolla di Leone X publicata contra Lutero e suoi seguaci, avendo tenuta e difesa e publicata quella dottrina contra le regole ecclesiastiche, le tradizioni degli apostoli et i consueti riti della cristiana religione: e la sentenza fu dopo stampata in Roma. Fece anco un'altra bolla, commettendo che fosse ubedito Adolfo conte di Scavemburg, già assonto dall'arcivescovo per suo coadiutore.

E fece efficace ufficio con l'imperatore che la sentenza fosse esseguita; il quale però non giudicò a proposito per le cose sue quella novità, perché era un far unire l'arcivescovo alli altri collegati, il quale sino allora si teneva interamente sotto la sua ubedienza; e l'ebbe per arcivescovo e trattò con lui ne' tempi seguenti e gli scrisse come a tale senza rispetto della sentenzia pontificia. Il che penetrava nell'intimo al papa; ma non vedendovi rimedio, e giudicando imprudenza il lamentarsi vanamente, aggionse questa offesa alle altre che riputava ricevere dall'imperatore. Fece quella sentenza un altro cattivo effetto, che i protestanti presero occasione di confermare la loro opinione che il concilio non fosse per altro intimato che per trappolargli. Imperoché, se la dottrina della fede controversa doveva esser essaminata nel concilio, come poteva il pontefice, inanzi la definizione, venire a sentenza e per quella condannare l'arcivescovo d'eresia? Apparir per tanto che vanamente anderebbono a quel concilio dove domina il papa, il quale non può dissimulare, se ben volendo, d'averli per condannati. Ma vedersi ancora che quel concilio era in nissuna stima appresso il medesimo papa, poiché, essendo quello già principiato, senza pur dargli parte alcuna, il solo pontefice metteva mano definitivamente in quello che al concilio apparteneva; le quali cose il duca di Sassonia fece per suoi ambasciatori significare all'imperatore, con dirgli appresso che vedendo chiara la mente del pontefice, sarebbe tempo di provedere alla Germania con un concilio nazionale o con trattare seriamente le cose della religione in dieta.

 

 




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