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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro secondo
    • [I legati, volendo proporre l'articolo del peccato originale, sono contradetti da' cesarei; ma indarno, e tornano gli articoli de' luterani da essaminarsi]
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[I legati, volendo proporre l'articolo del peccato originale, sono contradetti da' cesarei; ma indarno, e tornano gli articoli de' luterani da essaminarsi]

Quando scoprirono la risoluzione di condannare nella medesima sessione le opinioni luterane del peccato originale, allegarono che, per servare l'ordine di mandar insieme ambe le materie, era necessario trattare qualche cosa di fede, né potersi altrove incomminciare; e proposero gli articoli estratti dalla dottrina de' protestanti in quella materia, per essere da' teologi nelle congregazioni essaminati e discussi se per eretici dovevano essere condannati. Il cardinale Pacceco disse che il concilio non per altro ha da trattare gli articoli di fede, se non per ridurre la Germania, e chi vorrà fare questo fuori di tempo, non solo non conseguirà il fine, ma farà peggiorare le cose. Quando l'opportunità sia di farlo, non potersi saper in Trento, ma da chi sede al timone di Germania e, vedendo tutti i particolari, conosce anco quando sia tempo di dargli questa medicina. Per tanto consegliava che si ricercasse con lettere il parere de' principali prelati di quella nazione, inanzi che passar ad altro, overo che il noncio apostolico ne parlasse con l'imperatore. Al qual parere aderirono i prelati imperiali pratticati dall'ambasciatore. Ma i legati, lodato il giudicio di quelli e promesso di scriver al noncio, soggionsero che con tutto ciò gli articoli potevano essere da' teologi disputati per avanzare tempo; a che aderí anco il cardinale e gli altri, sperando che molte difficoltà si potessero attraversare per far differir, e contentandosi l'ambasciatore Toledo, purché passasse la estate senza che si venisse a definizione.

Gli articoli proposti furono:

1 Che Adamo, per la transgressione del precetto, ha perduto la giustizia et incorso l'ira di Dio e la mortalità e deteriorato nell'anima e nel corpo, da lui però non è trasferito nella posterità peccato alcuno, ma solo le pene corporali.

2 Che il peccato d'Adamo si chiama originale, perché da lui deriva nella posterità, non per trasmissione, ma per immitazione.

3 Che il peccato originale sia ignoranza o sprezzo di Dio, overo l'essere senza timor, senza confidenza in Sua Maestà e senza amor divino, e con la concupiscenza e cattivi desiderii; et universalmente una corrozzione di tutto l'uomo nella volontà, nell'anima e nel corpo.

4 Che ne' putti sia un'inclinazione al male della natura corrotta, che venendo l'uso della raggione produca un aborrimento delle cose divine et un'immersione nelle mondane, e questo sia il peccato originale.

5 Che i putti, almeno i nati da genitori fedeli, se ben sono battezati in remissione de' peccati, non portano per la descendenza loro d'Adamo peccato alcuno.

6 Che il peccato originale nel battesimo non è scancellato, ma non imputato, overo raso che incominci in questa vita a sminuirsi e nella futura sia sradicato totalmente.

7 Che quel peccato rimanente nel battezato lo ritarda dall'ingresso del cielo.

8 Che la concupiscenza, chiamata anco fomite, la qual dopo il battesmo rimane, è veramente peccato.

9 Che la pena principale debita al peccato originale è il fuoco dell'inferno, oltre la morte corporale, e le altre imperfezzioni a' quali in questa vita l'uomo è soggetto.

I teologi nella congregazione tutti furono conformi in dire che era necessario, per discussione degli articoli, non procedere con quell'ordine, ma essaminare metodicamente tutta la materia e vedere qual fu il peccato d'Adamo, che cosa, da lui derivata nella posterità, sia peccato in tutti gli uomini che si chiama originale, il modo come quello si trasmette et in che maniera e rimesso.

Nel primo punto convennero parimente che, privato Adamo della giustizia, gli affetti si resero ribelli alla raggione; il che la Scrittura suole esprimere dicendo che la carne ribella allo spirito, e con un solo nome chiama questo difetto concupiscenza; incorse l'ira divina e la mortalità corporale minacciatagli da Dio insieme con la spirituale dell'anima, e nondimeno nissuno di questi defetti può chiamarsi peccato, essendo pene conseguite da quello, ma formalmente il peccato essere la trasgressione del precetto divino; e qui molti s'allargarono a ricercare il genere di quel fallo, difendendo alcuni che fu peccato di superbia, altri di gola, parte sostennero, che fu d'infideltà, piú sodamente fu detto che si poteva tirar in tutti quei generi et in altri ancora; ma, fondandosi sopra la parola di san Paolo, non si poteva mettere se non nel genere della pura inobedienza. Ma cercando, che cosa derivata da Adamo in noi sia il peccato, furono piú diversi i pareri; perché sant'Agostino, che primo di tutti si diede a cercar l'essenza di quello, seguendo san Paolo, disse che è la concupiscenza; e sant'Anselmo, molti centenara d'anni dopo lui, tenendo che ne' battezati il peccato è scancellato e pur la concupiscenza rimane, tenne che è la privazione della giustizia originale, la qual nel battesmo è renduta in un equivalente che è la grazia. Ma san Tomaso e san Bonaventura, volendo congionger ambedue le opinioni e concordarle, considerarono che nella nostra natura corrotta sono due ribellioni, una della mente a Dio, l'altra del senso alla mente, che questa è la concupiscenza, e quella l'ingiustizia, e però ambedue insieme sono il peccato. E san Bonaventura diede il primo luogo alla concupiscenza, dicendo che è il positivo, dove la privazione della giustizia è il negativo. E san Tomaso per il contrario fece la concupiscenza parte materiale, la privazione della giustizia il formale; onde questo peccato in noi disse essere la concupiscenza destituita dalla giustizia originale. Il parere di sant'Agostino fu seguito dal maestro delle sentenze e dalli scolastici vecchi, et in concilio fu difeso da due frati eremitani. Ma perché Giovanni Scoto sostenne la sentenza d'Anselmo, suo conterraneo, i frati di san Francesco la difesero in concilio e la maggior parte de' dominicani quella di san Tomaso; cosí fu dicchiarato qual fosse il peccato d'Adamo e qual sia originale negli altri uomini.

Ma come sia da lui ne' posteri e successivamente di padre in figlio trasmesso, con maggior fatica fu discorso: imperoché sant'Agostino, che aprí la strada agli altri, stretto dalla obiezzione di Giuliano pelagiano, che lo ricercava del modo come si potesse trasmetter il peccato originale quando l'uomo è concetto, poiché è santo il matrimonio e l'uso di quello, non peccandoDio, primo autore, né i genitori, né il generato, per qual fissura adonque entra il peccato, altro non rispose sant'Agostino, se non che non era da cercare fissure dove si vedeva una patentissima porta, dicendo l'apostolo che per Adamo il peccato è entrato nel mondo; et in piú luoghi, dove di ciò occorse parlare, sempre sant'Agostino si mostrò dubioso, essendo anco irrisoluto se, come il corpo del figlio deriva dal corpo del padre, cosí dall'anima anco l'anima derivasse, onde essendo infetto il fonte, per necessità restasse anco il rivo contaminato. La modestia di quel santo non fu immitata da' scolastici, i quali avendo acertato per indubitato che ciascun'anima sia creata immediate da Dio, dissero che l'infezzione era principalmente nella carne, la qual da' primi genitori nel paradiso terrestre fu contratta o dalla qualità venenata del frutto o dal fiato venefico del serpe, la qual contaminazione deriva nella carne della prole, che è parte di quella de' genitori, e dall'anima è contratta nell'infusione, come un liquore contrae la mala qualità del vaso infetto, e l'infezzione esser causata nella carne per la libidine paterna e materna nella generazione. Ma la varietà delle openioni non causava differenza nella censura degli articoli, perché ciascuno inerendo nella propria, da quella mostrava restar deciso esser eretico il primo articolo, il qual senza dubio fu anco per tale dannato nel concilio di Palestina, et in molti africani contra Pelagio. E reessaminato a Trento, non come ritrovato ne' scritti di Lutero o suoi seguaci, ma come asserito da Zuinglio; il qual però ad alcuni de teologi che discussero ben le sue parole, pareva piú tosto che sentisse non essere nella posterità d'Adamo peccato del genere di azzione, ma corruzzione e trasformazione della natura, che egli diceva peccato nel genere della sostanza.

L'articolo secondo fu stimato da tutti eretico: fu già inventato dall'istesso Pelagio, il quale, per non esser condannato nel concilio di Palestina per avere detto che Adamo non aveva nociuto alla posterità, si retrattò confessando il contrario, e dopo con i suoi si dicchiarò che Adamo aveva dannificato i posteri non trasferendo in loro peccato, ma dando cattivo essempio che nuoce a chi l'immita; et era notato Erasmo dell'aver rinovato l'istessa asserzione, interpretando il luogo di san Paolo che il peccato fosse entrato nel mondo per Adamo e passato in tutti in quanto gli altri hanno immitato et immitano la trasgressione di quello. Il terzo articolo, quanto alla prima parte, fu censurato in Trento, come anco in Germania in molti colloquii, con dire che quelle azzioni non possono esser il peccato originale, poiché non sono ne' putti, né meno negli adulti in ogni tempo; onde il dire che altro peccato non vi fosse salvo quello, era un negarlo a fatto e non sodisfare l'iscusazione allegata da loro in Germania che, sotto nome delle azzioni, intendono un'inclinazione della natura alle cattive et una inabilità alle buone; perché, se cosí intendevano, conveniva dirlo e non parlar male, volendo che altri intendesse bene. E quantonque sant'Agostino abbia parlato in simil maniera, quando disse che la giustizia originale era ubedire a Dio e non avere concupiscenza, se egli fosse in questi tempi non parlerebbe cosí, perché è ben lecito nominare la causa per l'effetto e questo per quella quando sono proprii et adequati; ma non è cosí in questo caso, imperoché l'original peccato non è causa di quelle azzioni cattive, se non aggiongendosi la mala volontà come principale. Ma quanto alla seconda parte, dell'articolo dicevano che, se i protestanti intendessero una corrozzione privativa, l'openione si poteva tolerare, ma intendono una sostanza corrotta, che la propria natura umana sia trasmutata in altra forma che quella in che fu creata, e riprendono i catolici quando chiamano il peccato privazione della giustizia, come un fonte senza aqua; ma dicono essi un fonte dove scaturiscono acque corrotte, che sono gli atti dell'incredulità, diffidenza, odio, contumacia et amor inordinato di sé e delle cose mondane, e però conveniva dannare assolutamente l'articolo. E per l'istessa raggione ancora il quarto era censurato, con dire quella inclinazione essere pena del peccato e non formalmente peccato; onde, non ponendo altro che quella, si negava il peccato assolutamente.

Non è da tralasciar di raccontare che in questa considerazione i francescani non si potevano contenere d'essentare da questa legge la vergine madre di Dio per privilegio speciale, tentando d'allargarsi nella questione e provarlo; et i dominicani in comprenderla sotto la legge commune nominatamente, quantonque il cardinal dal Monte con ogni occasione facesse intendere che quella controversia fosse tralasciata, che erano congregati per condannare l'eresie, non le openioni de catolici.

 

 




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