[I legati, volendo proporre l'articolo
del peccato originale, sono contradetti da' cesarei; ma indarno, e tornano gli
articoli de' luterani da essaminarsi]
Quando scoprirono la risoluzione di
condannare nella medesima sessione le opinioni luterane del peccato originale,
allegarono che, per servare l'ordine di mandar insieme ambe le materie, era
necessario trattare qualche cosa di fede, né potersi altrove incomminciare; e
proposero gli articoli estratti dalla dottrina de' protestanti in quella
materia, per essere da' teologi nelle congregazioni essaminati e discussi se
per eretici dovevano essere condannati. Il cardinale Pacceco disse che il
concilio non per altro ha da trattare gli articoli di fede, se non per ridurre
la Germania, e chi vorrà fare questo fuori di tempo, non solo non conseguirà il
fine, ma farà peggiorare le cose. Quando l'opportunità sia di farlo, non
potersi saper in Trento, ma da chi sede al timone di Germania e, vedendo tutti
i particolari, conosce anco quando sia tempo di dargli questa medicina. Per
tanto consegliava che si ricercasse con lettere il parere de' principali
prelati di quella nazione, inanzi che passar ad altro, overo che il noncio
apostolico ne parlasse con l'imperatore. Al qual parere aderirono i prelati
imperiali pratticati dall'ambasciatore. Ma i legati, lodato il giudicio di
quelli e promesso di scriver al noncio, soggionsero che con tutto ciò gli
articoli potevano essere da' teologi disputati per avanzare tempo; a che aderí
anco il cardinale e gli altri, sperando che molte difficoltà si potessero
attraversare per far differir, e contentandosi l'ambasciatore Toledo, purché
passasse la estate senza che si venisse a definizione.
Gli articoli proposti furono:
1 Che Adamo, per la transgressione del
precetto, ha perduto la giustizia et incorso l'ira di Dio e la mortalità e
deteriorato nell'anima e nel corpo, da lui però non è trasferito nella
posterità peccato alcuno, ma solo le pene corporali.
2 Che il peccato d'Adamo si chiama
originale, perché da lui deriva nella posterità, non per trasmissione, ma per
immitazione.
3 Che il peccato originale sia ignoranza o
sprezzo di Dio, overo l'essere senza timor, senza confidenza in Sua Maestà e
senza amor divino, e con la concupiscenza e cattivi desiderii; et
universalmente una corrozzione di tutto l'uomo nella volontà, nell'anima e nel
corpo.
4 Che ne' putti sia un'inclinazione al
male della natura corrotta, sí che venendo l'uso della raggione produca un
aborrimento delle cose divine et un'immersione nelle mondane, e questo sia il
peccato originale.
5 Che i putti, almeno i nati da genitori
fedeli, se ben sono battezati in remissione de' peccati, non portano per la
descendenza loro d'Adamo peccato alcuno.
6 Che il peccato originale nel battesimo
non è scancellato, ma non imputato, overo raso sí che incominci in questa vita
a sminuirsi e nella futura sia sradicato totalmente.
7 Che quel peccato rimanente nel battezato
lo ritarda dall'ingresso del cielo.
8 Che la concupiscenza, chiamata anco
fomite, la qual dopo il battesmo rimane, è veramente peccato.
9 Che la pena principale debita al peccato
originale è il fuoco dell'inferno, oltre la morte corporale, e le altre
imperfezzioni a' quali in questa vita l'uomo è soggetto.
I teologi nella congregazione tutti furono
conformi in dire che era necessario, per discussione degli articoli, non
procedere con quell'ordine, ma essaminare metodicamente tutta la materia e
vedere qual fu il peccato d'Adamo, che cosa, da lui derivata nella posterità,
sia peccato in tutti gli uomini che si chiama originale, il modo come quello si
trasmette et in che maniera e rimesso.
Nel primo punto convennero parimente che,
privato Adamo della giustizia, gli affetti si resero ribelli alla raggione; il
che la Scrittura suole esprimere dicendo che la carne ribella allo spirito, e
con un solo nome chiama questo difetto concupiscenza; incorse l'ira divina e la
mortalità corporale minacciatagli da Dio insieme con la spirituale dell'anima,
e nondimeno nissuno di questi defetti può chiamarsi peccato, essendo pene
conseguite da quello, ma formalmente il peccato essere la trasgressione del
precetto divino; e qui molti s'allargarono a ricercare il genere di quel fallo,
difendendo alcuni che fu peccato di superbia, altri di gola, parte sostennero,
che fu d'infideltà, piú sodamente fu detto che si poteva tirar in tutti quei
generi et in altri ancora; ma, fondandosi sopra la parola di san Paolo, non si
poteva mettere se non nel genere della pura inobedienza. Ma cercando, che cosa
derivata da Adamo in noi sia il peccato, furono piú diversi i pareri; perché
sant'Agostino, che primo di tutti si diede a cercar l'essenza di quello,
seguendo san Paolo, disse che è la concupiscenza; e sant'Anselmo, molti
centenara d'anni dopo lui, tenendo che ne' battezati il peccato è scancellato e
pur la concupiscenza rimane, tenne che è la privazione della giustizia
originale, la qual nel battesmo è renduta in un equivalente che è la grazia. Ma
san Tomaso e san Bonaventura, volendo congionger ambedue le opinioni e
concordarle, considerarono che nella nostra natura corrotta sono due
ribellioni, una della mente a Dio, l'altra del senso alla mente, che questa è
la concupiscenza, e quella l'ingiustizia, e però ambedue insieme sono il
peccato. E san Bonaventura diede il primo luogo alla concupiscenza, dicendo che
è il positivo, dove la privazione della giustizia è il negativo. E san Tomaso
per il contrario fece la concupiscenza parte materiale, la privazione della
giustizia il formale; onde questo peccato in noi disse essere la concupiscenza
destituita dalla giustizia originale. Il parere di sant'Agostino fu seguito dal
maestro delle sentenze e dalli scolastici vecchi, et in concilio fu difeso da
due frati eremitani. Ma perché Giovanni Scoto sostenne la sentenza d'Anselmo,
suo conterraneo, i frati di san Francesco la difesero in concilio e la maggior
parte de' dominicani quella di san Tomaso; cosí fu dicchiarato qual fosse il
peccato d'Adamo e qual sia originale negli altri uomini.
Ma come sia da lui ne' posteri e
successivamente di padre in figlio trasmesso, con maggior fatica fu discorso:
imperoché sant'Agostino, che aprí la strada agli altri, stretto dalla
obiezzione di Giuliano pelagiano, che lo ricercava del modo come si potesse
trasmetter il peccato originale quando l'uomo è concetto, poiché è santo il
matrimonio e l'uso di quello, non peccando né Dio, primo autore, né i genitori,
né il generato, per qual fissura adonque entra il peccato, altro non rispose
sant'Agostino, se non che non era da cercare fissure dove si vedeva una
patentissima porta, dicendo l'apostolo che per Adamo il peccato è entrato nel
mondo; et in piú luoghi, dove di ciò occorse parlare, sempre sant'Agostino si
mostrò dubioso, essendo anco irrisoluto se, sí come il corpo del figlio deriva
dal corpo del padre, cosí dall'anima anco l'anima derivasse, onde essendo
infetto il fonte, per necessità restasse anco il rivo contaminato. La modestia
di quel santo non fu immitata da' scolastici, i quali avendo acertato per
indubitato che ciascun'anima sia creata immediate da Dio, dissero che
l'infezzione era principalmente nella carne, la qual da' primi genitori nel
paradiso terrestre fu contratta o dalla qualità venenata del frutto o dal fiato
venefico del serpe, la qual contaminazione deriva nella carne della prole, che
è parte di quella de' genitori, e dall'anima è contratta nell'infusione, sí
come un liquore contrae la mala qualità del vaso infetto, e l'infezzione esser
causata nella carne per la libidine paterna e materna nella generazione. Ma la
varietà delle openioni non causava differenza nella censura degli articoli,
perché ciascuno inerendo nella propria, da quella mostrava restar deciso esser
eretico il primo articolo, il qual senza dubio fu anco per tale dannato nel
concilio di Palestina, et in molti africani contra Pelagio. E reessaminato a
Trento, non come ritrovato ne' scritti di Lutero o suoi seguaci, ma come
asserito da Zuinglio; il qual però ad alcuni de teologi che discussero ben le
sue parole, pareva piú tosto che sentisse non essere nella posterità d'Adamo
peccato del genere di azzione, ma corruzzione e trasformazione della natura,
che egli diceva peccato nel genere della sostanza.
L'articolo secondo fu stimato da tutti
eretico: fu già inventato dall'istesso Pelagio, il quale, per non esser
condannato nel concilio di Palestina per avere detto che Adamo non aveva
nociuto alla posterità, si retrattò confessando il contrario, e dopo con i suoi
si dicchiarò che Adamo aveva dannificato i posteri non trasferendo in loro
peccato, ma dando cattivo essempio che nuoce a chi l'immita; et era notato
Erasmo dell'aver rinovato l'istessa asserzione, interpretando il luogo di san
Paolo che il peccato fosse entrato nel mondo per Adamo e passato in tutti in
quanto gli altri hanno immitato et immitano la trasgressione di quello. Il
terzo articolo, quanto alla prima parte, fu censurato in Trento, come anco in
Germania in molti colloquii, con dire che quelle azzioni non possono esser il
peccato originale, poiché non sono ne' putti, né meno negli adulti in ogni
tempo; onde il dire che altro peccato non vi fosse salvo quello, era un negarlo
a fatto e non sodisfare l'iscusazione allegata da loro in Germania che, sotto
nome delle azzioni, intendono un'inclinazione della natura alle cattive et una
inabilità alle buone; perché, se cosí intendevano, conveniva dirlo e non parlar
male, volendo che altri intendesse bene. E quantonque sant'Agostino abbia
parlato in simil maniera, quando disse che la giustizia originale era ubedire a
Dio e non avere concupiscenza, se egli fosse in questi tempi non parlerebbe
cosí, perché è ben lecito nominare la causa per l'effetto e questo per quella
quando sono proprii et adequati; ma non è cosí in questo caso, imperoché
l'original peccato non è causa di quelle azzioni cattive, se non aggiongendosi
la mala volontà come principale. Ma quanto alla seconda parte, dell'articolo
dicevano che, se i protestanti intendessero una corrozzione privativa,
l'openione si poteva tolerare, ma intendono una sostanza corrotta, sí che la
propria natura umana sia trasmutata in altra forma che quella in che fu creata,
e riprendono i catolici quando chiamano il peccato privazione della giustizia,
come un fonte senza aqua; ma dicono essi un fonte dove scaturiscono acque
corrotte, che sono gli atti dell'incredulità, diffidenza, odio, contumacia et
amor inordinato di sé e delle cose mondane, e però conveniva dannare
assolutamente l'articolo. E per l'istessa raggione ancora il quarto era
censurato, con dire quella inclinazione essere pena del peccato e non
formalmente peccato; onde, non ponendo altro che quella, si negava il peccato
assolutamente.
Non è da tralasciar di raccontare che in
questa considerazione i francescani non si potevano contenere d'essentare da
questa legge la vergine madre di Dio per privilegio speciale, tentando
d'allargarsi nella questione e provarlo; et i dominicani in comprenderla sotto
la legge commune nominatamente, quantonque il cardinal dal Monte con ogni
occasione facesse intendere che quella controversia fosse tralasciata, che
erano congregati per condannare l'eresie, non le openioni de catolici.
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