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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro secondo
    • [I padri, dopo queste censure, travagliano a formar il decreto]
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[I padri, dopo queste censure, travagliano a formar il decreto]

Finita la censura de' teologi, e trattandosi le materie tra i padri per risolvere la forma del decreto, i vescovi, pochissimi de' quali avevano cognizione della teologia, ma erano o iurisconsulti o letterati della corte, si trovarono confusi per il modo scolastico di trattare le materie, pieno di spine, e nelle diversità d'opinioni non potevano formare giudicio per conto dell'essenza del peccato originale. Piú di tutte era intesa quella del Catarino, per esser espressa col concetto politico di patto fatto da uno per la sua posterità, che, transgresso, senza nissun dubio l'obliga tutta, e molti de' padri la favorivano; ma vedendo la contradizione degli altri teologi non ardirono riceverla. Quanto alla remissione del peccato, questo solo tenevano per chiaro, che inanzi il battesmo ogni uno ha il peccato originale, e da quello per il battesmo è mondato perfettamente; però concludevano che questo tanto si dovesse stabilire per fede et il contrario dannare per eresia, insieme con tutte quelle opinioni che negano in qual si voglia modo il peccato originale; ma che cosa quello sia, essendo tante differenzie tra i teologi, non essere possibile definirlo con tanta circonspezzione che si dia sodisfazzione a tutti e non si condanni l'opinione di qualch'uno, con pericolo di causare qualche scisma.

A questa universal inclinazione erano contrarii Marco Viguerio, vescovo di Sinigaglia, e fra Gieronimo, general di sant'Agostino, e fra Andrea Vega, francescano teologo. Questo piú di tutti mostrava non essere conveniente, né mai usato da alcun concilio, condannar una opinione per eretica, senza asserir prima qual sia la catolica; nissuna negativa vera aver in sé la causa della sua verità, ma esser tale per la verità d'un'affermativa, né mai alcuna proposizione essere falsa, se non perché un'altra è vera, né potersi saper la falsità di quella da chi non sa la verità di questa; imperò non potersi condannare per eresia l'openione de' luterani, chi non asserisce quella della Chiesa. Chi osserverà il modo di procedere di tutti i concilii che hanno trattato materia di fede, vedrà quelli aver fatto prima il fondamento ortodosso e con quello dannate le eresie; cosí essere necessario far al presente: perché quando si leggerà che la sinodo tridentina ha dannato l'asserzione luterana che dice l'original peccato essere l'ignoranza e sprezzo, diffidenza et odio delle cose divine et una corrozzione di tutto l'uomo nella volontà, nell'anima e nel corpo, chi sarà quello che non ricercherà subito che cosa adonque sia e che non dica in se stesso: qual è adonque la sentenzia catolica, se questa è eretica? E vedendo dannata l'openione di Zuinglio, che i putti figli de' fideli sono battezati in remissione de' peccati, non però è trasmesso cosa alcuna da Adamo se non le pene e la corrozzione della natura, non ricerchi subito: che altra cosa adonque è trasmessa? In somma concludeva esser il concilio congregato principalmente per insegnare la verità catolica e non solo per condannare l'eresie. Diceva il vescovo che essendosi di questi articoli tante volte disputato nelle diete di Germania, dal concilio ogni uno averebbe aspettato una dottrina lucida e chiara e risoluta di tutte le difficoltà. Il general ancora, se ben era in qualche sospetto che parlasse per subornazione dell'ambasciatore Toledo, aggiongeva che la dottrina vera e catolica del peccato originale è ne' scritti di sant'Agostino, che Egidio di Roma ne aveva scritto un libro proprio, che, quando i padri avessero voluto prendere un poco di leggier fatica, averebbono compresa la verità e potuto darne giudicio; non doversi lasciare uscire fama che in Trento, in 4 giorni s'abbia risoluto quello che in Germania è stato cosí longamente senza conclusione discusso.

Non erano questi avvertimenti uditi, perché i prelati non avevano speranza di potere con studio informarsi delle spinosità scolastiche, né gli dava l'animo di mettersene alla prova, e perché i legati, avendo da Roma ricevuto assoluto commandamento di diffinire questa materia nella sessione prossima, erano costretti ad evitare le difficoltà, e massime che il cardinale del Monte era risoluto di fare quel passo onninamente; e però, chiamati a sé i generali degli ordini et i teologi Catarino e Vega, che piú degli altri parlavano, impose loro che dovessero, scansate le difficoltà, aiutare l'espedizione.

 

 




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