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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro secondo
    • [Conclusione della lega di Cesare e del papa contra i protestanti]
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[Conclusione della lega di Cesare e del papa contra i protestanti]

Imperò che in Roma il cardinale di Trento concluse a 26 giugno la lega tra il pontefice e Cesare contra i protestanti di Germania; alla quale era stato dato principio dal cardinale Farnese l'anno inanzi in Vormes, come è stato detto, e dipoi s'era molte volte per mezo d'altri ministri trattata. Le cause allegate e le condizioni furono: perché la Germania da molto tempo perseverava nell'eresie, per proveder a che, s'era congregato il concilio di Trento e già principiato, al quale ricusando i protestanti di sottomettersi, il pontefice e Cesare, per gloria di Dio e salute della Germania, convengono che Cesare si armi contra quelli che lo recusano e gli reduca all'obedienza della Santa Sede; che per questo il pontefice mette in deposito in Venezia 100 mila scudi, oltre li 100 mila già depositati, che non siano spesi in altro, et oltre ciò mandi a proprie spese alla guerra 12 mila fanti italiani e 500 cavalli leggieri per 6 mesi; conceda a Cesare per l'anno presente la metà delle rendite delle chiese di Spagna e che possi alienare delle entrate de' monasterii di quei regni al valore di 500 mila scudi; che duranti li 6 mesi l'imperatore non potesse accordare co' protestanti senza il pontefice, e di qualonque guadagni et acquisti, il papa avesse certa porzione; e finito quel tempo, se la guerra fosse per continuare, si trattassero di nuovo le convenzioni che paressero ad ambe le parti piú opportune, e che fosse servato luogo ad altri di poter entrar in quella lega, participando alle spese et agl'acquisti. Fu anco un capitolo a parte, qual si tenne piú secreto, toccando il re di Francia: che, se durante quella guerra alcun prencipe cristiano avesse mosso arme contra l'imperatore, il papa fosse obligato perseguitarlo con le arme spirituali e temporali.

Pochi dopo scrisse il pontefice a' svizzeri invitandogli ad aiutarlo, avendo prima con ampiezza di parole mostrata la benevolenza sua verso loro et il dolore che sentiva perché alcuni d'essi s'erano alienati dalla sua obedienza; e ringraziato Dio di quelli che perseveravano, e lodati tutti che in questa differenza di religione stessero tra loro in pace, essendo per questa causa altrove varii tumulti, soggionse che per rimediar a quelli aveva ordinato il concilio in Trento, sperando che nissun dovesse ricusare di sottomettersegli; laonde teneva per certo che quelli di loro che sino a quell'ora perseveravano nell'ubedienza apostolica, obediranno al concilio, e gli altri non lo sprezzeranno; gli invitava anco a venirci, dolendosi che in Germania molti che si chiamano prencipi, superbamente sprezzassero e vituperassero il concilio, la cui autorità è piú divina che umana: il che aveva posto lui in necessità di pensare alla forza et arme; et essendo occorso che Cesare ha fatto l'istessa risoluzione, è stato necessitato di congiongersi con lui et aiutarlo col suo poter e della Chiesa romana a restituire la religione con le arme. Il qual suo conseglio e mente aveva voluto loro significare, acciò congiongessero seco i loro voti e rendessero alla Chiesa romana il pristino onore e gli somministrassero aiuti in una causa tanto pia.

Ma Cesare mostrava di pigliare la guerra non per causa di religione, anzi per rispetti di Stato, e perché alcuni gli negavano l'obedienza, machinavano contra di lui con forestieri e, ricusando ubedire alle leggi, usurpavano le possessioni d'altri, massime ecclesiastiche, procurando di fare ereditarii i vescovati et abbazie; che avendo provato egli diverse vie di piacevolezza per ridurgli, s'erano sempre fatti piú insolenti.

I protestanti dall'altro canto procuravano far manifesto al mondo che tutto nasceva dall'instigazioni del pontefice e del concilio tridentino; raccordavano a Cesare i capitoli giurati da lui in Francfort quando fu creato imperatore e protestavano dell'ingiuria. Ma molti de' medesimi protestanti si tenevano dalla parte di Cesare, non potendo credere che vi fossero altri rispetti che di Stato, e l'arcivescovo di Colonia, del quale si è detto di sopra, che, se ben sentenziato e privato dal papa, nondimeno continuava nel suo governo et aveva l'ubedienza de' popoli, seguiva la parte di Cesare, il quale lo riconosceva anco per elettore et arcivescovo, e gli scrisse ricercandolo che nessuno de' suoi sudditi militasse contra lui; nel che anco l'arcivescovo s'adoperò sinceramente. Il che vedendo l'elettor di Sassonia et il lantgravio fecero un publico manifesto sotto i 15 di luglio, mostrando che quella guerra era presa per causa della religione e che Cesare copriva la sua mente con pretesto di vindicare la ribellione d'alcuni pochi, per separare i confederati l'uno dall'altro et opprimergli tutti a poco a poco; allegavano che Ferdinando et il Granvela et altri ministri di Cesare avevano attribuita questa guerra all'esser sprezzato il concilio; rammemoravano la sentenzia del pontefice contra l'elettor di Colonia; aggiongevano che i prelati di Spagna non contribuirebbono tanti danari delle proprie entrate per altra causa; mostravano che del rimanente non poteva Cesare pretendere alcuna cosa contra di loro.

 

 




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