[Cesare vuole che sossista il concilio]
Ma Cesare, oltre il disgusto ricevuto per
il giubileo, entrò anco in sospetto che il papa, ottenuto il fine suo di muover
guerra a' protestanti, non procurasse la dissoluzione del concilio sotto
pretesto di differirlo dopo la guerra finita, e sotto colore di pericoli per le
arme che i protestanti preparavano in Svevia. Sapeva questa esser la mira di
tutta la corte negoziata con lui per 25 e piú anni; sapeva la volontà de'
vescovi congregati in Trento, eziandio de' suoi, esser inclinata all'istesso
per i patimenti e disaggi, temeva che, se la separazione fosse seguita, i
luterani se ne fossero valsi con dire che fosse stato congregato a fine di
trovare pretesto di far loro la guerra, et i catolici di Germania pensassero
che, deposti gli interessi della religione e della riforma, egli mirasse solo a
soggiogare la Germania. Dubitò anco che, seguendosi a trattare le materie
controverse, come già s'era fatto del peccato originale et era avisato che si
divisava fare della giustificazione, gli potesse esser impedita qualche
composizione che s'avesse potuto fare, dando speranza alle città che sarebbono
udite le loro raggioni, per separargli da' prencipi della lega. Vedeva chiaro
esser necessario che il concilio restasse aperto, ma attendesse alla riforma
solamente; ma difficile ad ottenerlo, se non avendo il papa congionto in
questo. Però spedí in diligenza a certificarlo che averebbe posto tutto lo
spirito e le forze principalmente a far che Trento fosse sicuro, che non
dubitasse, quantonque andasse fama d'esserciti protestanti in Svevia; che era
ben necessario mantener il concilio per ovviare alle detrazzioni e calunnie che
contra ambidoi sarebbono disseminate se si dissolvesse; lo pregava
efficacemente ad operare sí che restasse aperto e le cose controverse non fossero
trattate, essendo sua ferma intenzione di costringer i suoi aderenti
protestanti con l'autorità, e gli inimici con le arme ad intervenirvi e
sottoporsi; ma tra tanto non bisognava metter impedimento a questo ottimo
dissegno, serrando loro la porta con decreti contrarii fatti in assenza; che
questo non poteva andar longo, sperava vederne il fine questa state; però si
contentasse operare che si trattasse della riforma per allora, o pur, se si
trattasse della religione, si toccassero solo cose leggieri e che, definite,
non offendessero li protestanti. Ordinò anco che l'istesso ufficio fosse fatto
dall'ambasciatore suo in Trento co' legati; e perché era informato che Santa
Croce era inclinato alla dissoluzione in qualonque modo, commise
all'ambasciatore che con lui facesse passata a dirgli che, se lui avesse
operato alcuna cosa contra la mente di Sua Maestà in questo, l'averebbe fatto
gettar nell'Adice; il che fu anco fatto publico a tutti e scritto dagli
istorici di questo tempo.
Il pontefice, se ben averebbe voluto
vedersi libero dal concilio, e da tutta la corte fosse desiderato l'istesso,
giudicò necessario compiacer Cesare in tenerlo aperto e non trattare le
controversie; ma l'attender alla sola riforma non gli poté piacere né a lui, né
a' cortegiani. Però scrisse a' legati che non lasciassero dissolvere
l'adunanza, che non facessero sessione sin che da lui non fosse ordinato, ma
trattenessero i prelati et i teologi con fare congregazioni, e con quelle
occupazioni et essercizii che meglio fosse loro parso. Ma in Trento a' 25 fu
solennemente publicato il giubileo in presenza de' legati e di tutto 'l
concilio; accioché si potesse attendere a' digiuni et altre opere di penitenza,
secondo il prescritto della bolla, fu differita la sessione sino al tempo che fosse
intimata, e le congregazioni intermesse per 15 giorni.
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