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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro secondo
    • [La mossa d'armi turba il concilio]
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[La mossa d'armi turba il concilio]

In questo tempo medesimo s'accostò l'essercito de' protestanti al Tirol per occupar i passi alle genti che d'Italia dovevano passare all'aiuto dell'imperatore, e da Sebastiano Schertellino fu presa la Chiusa; perilché quel contado si pose tutto in arme per impedirgli il progresso, e Francesco Castelalto, che era a guardia del concilio, andò esso ancora in Ispruc, e munita quella città per prevenire l'occupazione de' passi, si pose con la sua gente 7 miglia di sopra; il che fece dubitare che la sede della guerra non dovesse ridursi in quel paese e disturbar intieramente il concilio. I prelati, che desideravano pretesto di poter di ritrarsi, magnificavano i pericoli et i disaggi; al che non opponendosi i legati nel principio, diedero sospetto che la mente del pontefice fosse aliena dal proseguir il concilio. Partirono alquanti prelati de' piú timidi e che non volontieri stavano in Trento, e maggior numero sarebbe partito, se il cardinale di Trento, tornato di fresco da Roma, non avesse attestato che il papa ne averebbe sentito dispiacere, et i timidi non fossero stati confortati da lui e dall'ambasciatore cesareo con sicurargli, atteso il numero grande che d'Italia veniva, qual averebbe costretto i protestanti a partirsi; et anco la lettera scritta dal papa a' legati, sopragionta in questi moti, non gli avesse fatto congiongere l'autorità loro e del papa agli ufficii degl'altri.

Ma se ben riuscí vano il tentativo de' protestanti e le cose del Tirol restarono in sicuro, che da quel canto non rimanesse dubio, Trento andò in confusione per il numero grande de' soldati che continuamente d'Italia in Germania passava, quale, secondo le convenzioni della lega, era in tutto al numero di 12000 fanti e 500 cavalli, oltra 200 del duca di Toscana e 100 del duca di Ferrara. Erano condotti da tutti i famosi capitani d'Italia, sotto Ottavio Farnese, general capitano, et Alessandro Farnese, cardinale legato, fratelli, ambi al pontefice nepoti di figlio, e 6000 spagnuoli, soldati proprii di Cesare, tratti di Napoli e Lombardia; e mentre durò il passaggio de' soldati, che fu sino a mezo agosto, se ben non s'intermessero affatto le publiche azzioni conciliari, si fecero però meno frequenti e meno numerose. Ma accioché i vescovi e teologi avessero trattenimento, il cardinale Santa Croce teneva in casa propria ridozzione de' letterati, dove si parlava delle cose medesime, ma in modo famigliare e senza ceremonie.

Publicarono in questo tempo i protestanti collegati contra Cesare una scrittura inviata a' loro sudditi, piena di maledicenze contra il pontefice romano, chiamandolo Anticristo, istromento di Satan, imputandolo che per i tempi passati avesse mandato attaccar fuoco in diversi luoghi di Sassonia, che ora fosse autore et instigatore della guerra, che avesse mandato in Germania per avvenenare i pozzi et acque stagnanti, avvertendo tutti a star diligenti per prender e punire quei venefici; la qual cosa però pochissimi riputavano verisimile et era stimata una calonnia.

Arrivata la gente del papa nel campo che si ritrovava in Landisuth il 15 agosto, Cesare diede il collar del Tosone ad Ottavio, suo genero, che gli aveva donato nella celebrazione dell'assemblea di quell'ordine che tenne il di sant'Andrea, e vidde la mostra delle genti del pontefice con molta approbazione e contento suo d'aver il fiore della milizia italiana; e nondimeno li fini del pontefice e imperatore, diversi, producevano occasioni di disgusti. Voleva il cardinale Farnese portare la croce inanzi come legato dell'essercito, e cosí aveva ordine dal pontefice di fare, publicando anco indulgenze nel modo per i tempi passati solito farsi nelle cruciate, dicchiarando che quella era guerra della Chiesa catolica; nissuna delle qual cose poté ottenere dall'imperatore, il qual aveva per fine mostrar tutto il contrario, per dar trattenimento a' prencipi luterani che seco erano, et acciò le città non s'ostinassero contra lui per quella causa. Il cardinale, vedendo non poter star nel campo in altra qualità con degnità del papa e sua, fermatosi in Ratisbona fingendosi ammalato, aspettava risposta dall'avo, quale aveva del tutto avisato.

Poste da tutte due le parti le genti e le arme in ponto, quantonque ambidue avessero grosso essercito e si constringessero l'un l'altro presentandosi anco la battaglia, ciascuno quando vedeva il vantaggio proprio, et occorressero all'uno o all'altro molte buone occasioni d'acquistar qualche notabil vittoria, nondimeno dal canto de' protestanti non furono abbracciate per esserle genti commandate dall'elettore dal lantgravio, con pari autorità, governo negli esserciti sempre di pessima riuscita; e Cesare ciò conoscendo, per restar superiore senza sangue e per non dar a' nemici occasione di regolar meglio le cose loro, aspettava che il tempo gli mettesse in mano la certa vittoria, in luogo di quella che poteva sperare con altretanto dubio, esponendosi alla fortuna d'una giornata; onde non fu fatto fazzione di momento e consequenza.

 

 




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