[Si formano gli anatematismi, e sono
fatti sí larghi che servono solo a condannar i luterani, e non a decidere le
dispute de' catolici]
Finito l'essamine de' teologi sopra il
libero arbitrio e predestinazione e formati anco gli anatematismi in quelle
materie, furono aggregati a quei della giustificazione a' luoghi opportuni; a'
quali era opposto da chi in una parte, da chi in una altra, dove pareva che vi
fosse qualche parola che pregiudicasse all'opinione propria. Ma Giacomo Cocco,
arcivescovo di Corfú, considerò che da' teologi erano censurati gli articoli con
molte limitazioni et ampliazioni, le quali conveniva inserire negli
anatematismi, acciò non si dannasse assolutamente proposizione, la quale
potesse ricevere buon senso; massime stante il debito dell'umanità di ricevere
sempre l'interpretazione piú benigna, e quello della carità di non pensare
male. Fu da diversi contradetto, prima per l'uso de' antichi concilii, quali
hanno dannato le proposizioni eretiche senza limitazione e nude, come sono
dagli eretici asserite, e massime che in materia di fede, per condannar un
articolo, basta abbia un senso falso che possi indur in errore gli incauti.
Parevano ambedue le opinioni raggionevoli. La prima, perché era giusto che si
sapesse che senso era dannato; la seconda perché non era degnità del concilio
limitare le proposizioni degli eretici. S'aggiongeva a questo che tutti i
canoni erano composti recitando l'opinione dannabile e soggiongendo per causa
della condanna i luoghi della Scrittura o la dottrina della Chiesa alla quale
s'oppone, pigliata la forma dal concilio d'Oranges et a similitudine di quei
del peccato originale nella sessione precedente. Ma riuscendo nella maggior
parte la lezzione longa e tediosa, e la mistura di verità con falsità insieme e
delle cose reprobate con le approbate, non facilmente intelligibile, raccordò
opportunamente il Sinigaglia rimedio ad ambidoi gli inconvenienti, che era
molto meglio separar la dottrina catolica dalla contraria e far due decreti: in
una tutto continuatamente dicchiarar e confermar il senso della Chiesa,
nell'altro condannar et anatematizare il contrario. Piacque a tutti il raccordo
e cosí fu deliberato, e prima formati gli anatematismi separatamente, e poi
data opera a formar l'altro decreto; e chiamarono questo il decreto della
dottrina, e quello i canoni, il qual stile fu poi seguito anco nella seconda e
terza ridozzione del concilio.
S'affaticò sopra ogni credenza il Santa
Croce per formar quei decreti, con evitare quanto fu possibile d'inserirvi
alcuna delle cose controverse tra scolastici, e quelle che non poté tralasciare,
toccandole in tal maniera che ogni una restasse contenta; in ogni congregazione
che si faceva avvertiva tutta quella che da alcuna non era approvata e lo
levava, overo racconciava secondo l'aviso, e non solo nelle congregazioni, ma
con ciascuno in particolare parlava, intendeva i dubii di tutti et i pareri
ricercava: variò con diversi ordini la materia, mutò ora una parte, ora
un'altra, in tanto che gli ridusse nella forma nella quale sono, che a tutti
piacque e da tutti fu approvata. Certo è che sopra queste materie furono tenute
congregazioni parte de' teologi, parte de' prelati al numero di 100, e che dal
principio del settembre sino al fine di novembre non passò giorno che il
cardinale non mettesse mano in quello che prima era scritto e non facesse
qualche mutazione; ebbe avvertenza anco a cose minime. Resta la memoria delle
mutazioni, de' quali ne raccontarò qui 2 come per saggio delle molte che
sarebbe noioso rammemorare. Nel primo capo della dottrina, con assenso commune,
fu prima scritto che né i gentili per virtú della natura, né i giudei per la
legge di Moisè potevano liberarsi dal peccato; e perché tenevano molti che la
circoncisione rimettesse i peccati, presero sospetto che quelle parole
potessero pregiudicare all'opinione loro, quantonque in piú d'un luogo san
Paolo in termini formali abbia detto l'istesso. Per sodisfargli il cardinale in
luogo che diceva: «Per ipsam etiam legem Moysi», mutò e disse: «Per ipsam etiam
literam legis Moysi», et ogni mediocre intendente della teologia può da sé
giudicare quanto bene quella voce «literam» convenga in quel luogo. E nel
principio dell'ottavo capo non si contentarono quei della certezza della grazia
che si dicesse i peccati non esser rimessi all'uomo per la certezza della
remissione e perché si confidi in quella. Et il cardinale gli sadisfece
escludendo la certezza reale e costituendo in luogo di quella la iattanzia e la
confidenza in quella sola. Et in fine del capo può ogni uno chiaramente vedere
che la causa doveva esser resa con dire: «perché nissun può sapere certamente
d'aver acquistata la grazia di Dio»; ma per sodisfazzione d'una parte convenne
aggiongere «certezza di fede»; né bastando questa a' dominicani, instarono che
s'aggiongesse «catolica». Ma gli aderenti al Catarino non contentandosi, in
luogo di quelle parole «fede catolica», si disse: «fede, la qual non può
sottogiacere a falsità». Il qual modo contentò ambe le parti, perché gli uni
inferivano: adonque quella certezza di fede che si può aver in ciò, può esser
falsa e per tanto incerta; gli altri inferivano che tal certezza non può avere
dubio di falsità per quel tempo che si tiene; ma per la mutazione che può
avvenire passando da stato di grazia a quello di peccato, può diventar falsa,
sí come tutte le verità di presente contingenti, ancorché certissime et
indubitatissime, con la mutazione delle cose sogette diventano false; ma la
fede catolica non solo è certa, ma anco immutabile, per aver sogette cose
necessarie o passate, che non ricevono mutazione.
E veramente, considerando questi
particolari, convien non defraudare il cardinale della lode meritata, che
sapesse dar sodisfazzione anco a' pertinaci in contrarie opinioni, e quei che
vorranno rendersi di ciò maggiormente certificati, doveranno saper che,
immediate dopo la sessione, fra Dominico Soto, principale tra' dominicani, si
pose a scrivere tre libri, che intitolò De natura et gratia, per
commentarii di questa dottrina, e con le sue esposizioni vi trovò dentro tutte
le opinioni sue. Et uscita quella opera, fra Andrea Vega, piú stimato tra'
francescani, diede in luce esso anco 15 gran libri per commentarii sopra gli 16
capi di quel decreto, e lo interpretò secondo l'opinione propria tutto; le qual
2 opinioni non solo hanno tra loro gran diversità quasi in tutti gli articoli,
ma, in molti, espressa et evidente contrarietà. Et ambedue queste opere si
viddero stampate l'anno 1548 e chi le leggerà, osservando che molto spesso
dànno alle parole del concilio sensi alternativi e dubiosi, si maraveglierà
come questi doi soggetti, i primi di dottrina e stima, che piú degli altri
ebbero parte in quello, non fossero conscii dell'unico senso e vero scopo della
sinodo: del quale avendo anco parlato diversamente quei pochi degli interessati
che dopo hanno scritto, non ho mai potuto penetrare se quell'adunanza
convenisse in un senso opur vi fosse solo unità di parole. Ma tornando al
cardinale, come il decreto fu approvato da tutti in Trento, la mandò al
pontefice, che lo diede a consultare a' frati et altri letterati di Roma, e da
tutti fu approvato per la medesima raggione, che ogni uno lo poté intendere
secondo il proprio senso.
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