[Discorso dell'antico governo della
Chiesa e dell'introduzzion delle dispense]
Testifica san Gieronimo che ne' primi
principii del cristianesimo le chiese erano come in aristocrazia, rette per il
commune conseglio del presbiterio, et a fine d'ovviare alle divisioni che
s'introducevano, fu instituito il governo monarchico, dando tutta la
sopraintendenza al vescovo, al quale tutti gli ordini della chiesa ubedivano,
senza che venisse ad alcuno piú pensiero di sottrarsi da quel governo. I
vescovi vicini, le chiese de' quali, per esser sotto l'istessa provincia,
avevano insieme commercio, essi ancora per sinodi si reggevano in commune, e
per facilitare piú il governo, attribuendo molto a quello della città
principale, gli deferivano come capo di quel corpo; e per la communione piú
ampia che tutte le provincie d'una prefettura tenevano insieme, il vescovo
della città dove il prefetto risedeva acquistò certa superiorità per
consuetudine: queste prefetture essendo la città imperiale di Roma con le città
suburbicarie, e la prefettura d'Alessandria, che reggeva l'Egitto, Libia e
Pentapoli; d'Antiochia per la Soria et altre provincie d'Oriente; et in altre
minori prefetture, in greco chiamate eparchie, l'istesso era servato. Questo governo
introdotto et approvato dalla sola consuetudine che lo trovò utile, fu
stabilito dal I concilio niceno sotto Constantino, e per canone ordinato che si
continuasse; e tanto era lontana ciascuna dall'essimersi fuori dell'ordine che,
avendo il vescovo di Gierusalem molte onorevoli preminenze, forse per essere
luogo dove Cristo nostro Signore conversò in carne mortale e fu origine della
religione, il concilio niceno ordinò che quelle onorevolezze avessero luogo, ma
in maniera che non fosse niente detratto della superiorità del metropolitano,
che era il vescovo di Cesarea. Questo governo, che nelle chiese orientali
sempre è stato servato, nella latina prese alterazione con occasione che,
essendo fabricati numerosi e gran monasterii retti da abbati di gran fama e
valore, che per le virtú loro conspicue facevano ombra a' vescovi, nacque
qualche gara tra questi e quelli, e gli abbati, per liberarsi da quegli
incommodi, o reali o finti, per coprire l'ambizione da sottrarsi dalla
soggezzione debita, impetrarono da' pontefici romani d'essere ricevuti sotto la
protezzione di san Pietro, et immediate sotto la soggezzione ponteficia; il che
tornando molto a conto alla corte romana, poiché chi ottiene privilegii, per
conservarsegli è ubligato di sostentare l'autorità del concedente, presto
presto tutti i monasterii furono essentati. I capitoli ancora delle catedrali,
essendo per la maggior parte regolari, co' medesimi pretesti impetrarono
essenzione. Finalmente le congregazioni cluniacense e cisterciense tutte
intiere si essentarano, con grand'aumento dell'autorità ponteficia, la qual
veniva ad aver sudditi proprii in ciascun luogo, diffesi e protetti dal papato,
e scambievolmente defensori e protettori. Da san Bernardo, che fu in quel tempo
et in congregazione cisterciense, non fu lodata l'invenzione, anzi ammoní di
ciò Eugenio III pontefice a considerare che tutti erano abusi, né si doveva
aver per bene se un abbate ricusava soggiacer al vescovo, et il vescovo al
metropolitano; che la Chiesa militante debbe pigliar essempio dalla trionfante,
dove mai nissun angelo disse: «Non voglio esser sotto l'arcangelo»; ma piú
averebbe detto quando fosse vissuto in tempi posteriori. Imperoché dopo, gli
ordini de' mendicanti passarono piú oltre, avendo non solo ottenuto essenzione onnimoda
dall'autorità episcopale generalmente dovunque fossero, ma anco facoltà di
fabricare chiese in qualonque luogo, et in quelle anco ministrar i sacramenti.
Ma in questi ultimi secoli s'era tanto inanzi proceduto, che ogni prete privato
con poca spesa s'impetrava un'essenzione dalla superiorità del suo vescovo, non
solo nelle cause di correzzione, ma anco per poter esser ordinato da chi gli
piaceva, et in somma di non riconoscer il vescovo in alcuno conto.
Questo essendo lo stato delle cose e
ricchiedendo i vescovi rimedio, alcuni di loro piú veementi ritornavano alle
cose dette nelle congregazioni precedenti l'altra sessione contro l'essenzione
de' frati; ma i piú prudenti, avendo per tentativo impossibile d'ottenere,
stante il numero e grandezza degli ordini regolari et il favore della corte, si
contentarono di levar quelle de' capitoli e persone particulari, e dimandarono
che fossero rivocate tutte. Ma i legati con ufficii particolari,
considerandogli che non tutta la riforma si poteva per quella sessione
ordinare, che conveniva dare principio e lasciar anco la parte sua a' tempi
seguenti, gli fecero star contenti di levar essenzione solo nelle cose
criminali a' preti particolari e frati abitanti fuori di chiostro, et a'
capitoli, come quelle d'onde vengono inconvenienti maggiori, e le facoltà di
dare gl'ordini clericali a chi non risiede nella propria diocese, con
promissione che si seguirebbe a provedere gl'altri abusi nell'altra sessione.
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