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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro secondo
    • [Discorso dell'antico governo della Chiesa e dell'introduzzion delle dispense]
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[Discorso dell'antico governo della Chiesa e dell'introduzzion delle dispense]

Testifica san Gieronimo che ne' primi principii del cristianesimo le chiese erano come in aristocrazia, rette per il commune conseglio del presbiterio, et a fine d'ovviare alle divisioni che s'introducevano, fu instituito il governo monarchico, dando tutta la sopraintendenza al vescovo, al quale tutti gli ordini della chiesa ubedivano, senza che venisse ad alcuno piú pensiero di sottrarsi da quel governo. I vescovi vicini, le chiese de' quali, per esser sotto l'istessa provincia, avevano insieme commercio, essi ancora per sinodi si reggevano in commune, e per facilitare piú il governo, attribuendo molto a quello della città principale, gli deferivano come capo di quel corpo; e per la communione piú ampia che tutte le provincie d'una prefettura tenevano insieme, il vescovo della città dove il prefetto risedeva acquistò certa superiorità per consuetudine: queste prefetture essendo la città imperiale di Roma con le città suburbicarie, e la prefettura d'Alessandria, che reggeva l'Egitto, Libia e Pentapoli; d'Antiochia per la Soria et altre provincie d'Oriente; et in altre minori prefetture, in greco chiamate eparchie, l'istesso era servato. Questo governo introdotto et approvato dalla sola consuetudine che lo trovò utile, fu stabilito dal I concilio niceno sotto Constantino, e per canone ordinato che si continuasse; e tanto era lontana ciascuna dall'essimersi fuori dell'ordine che, avendo il vescovo di Gierusalem molte onorevoli preminenze, forse per essere luogo dove Cristo nostro Signore conversò in carne mortale e fu origine della religione, il concilio niceno ordinò che quelle onorevolezze avessero luogo, ma in maniera che non fosse niente detratto della superiorità del metropolitano, che era il vescovo di Cesarea. Questo governo, che nelle chiese orientali sempre è stato servato, nella latina prese alterazione con occasione che, essendo fabricati numerosi e gran monasterii retti da abbati di gran fama e valore, che per le virtú loro conspicue facevano ombra a' vescovi, nacque qualche gara tra questi e quelli, e gli abbati, per liberarsi da quegli incommodi, o reali o finti, per coprire l'ambizione da sottrarsi dalla soggezzione debita, impetrarono da' pontefici romani d'essere ricevuti sotto la protezzione di san Pietro, et immediate sotto la soggezzione ponteficia; il che tornando molto a conto alla corte romana, poiché chi ottiene privilegii, per conservarsegli è ubligato di sostentare l'autorità del concedente, presto presto tutti i monasterii furono essentati. I capitoli ancora delle catedrali, essendo per la maggior parte regolari, co' medesimi pretesti impetrarono essenzione. Finalmente le congregazioni cluniacense e cisterciense tutte intiere si essentarano, con grand'aumento dell'autorità ponteficia, la qual veniva ad aver sudditi proprii in ciascun luogo, diffesi e protetti dal papato, e scambievolmente defensori e protettori. Da san Bernardo, che fu in quel tempo et in congregazione cisterciense, non fu lodata l'invenzione, anzi ammoní di ciò Eugenio III pontefice a considerare che tutti erano abusi, né si doveva aver per bene se un abbate ricusava soggiacer al vescovo, et il vescovo al metropolitano; che la Chiesa militante debbe pigliar essempio dalla trionfante, dove mai nissun angelo disse: «Non voglio esser sotto l'arcangelo»; ma piú averebbe detto quando fosse vissuto in tempi posteriori. Imperoché dopo, gli ordini de' mendicanti passarono piú oltre, avendo non solo ottenuto essenzione onnimoda dall'autorità episcopale generalmente dovunque fossero, ma anco facoltà di fabricare chiese in qualonque luogo, et in quelle anco ministrar i sacramenti. Ma in questi ultimi secoli s'era tanto inanzi proceduto, che ogni prete privato con poca spesa s'impetrava un'essenzione dalla superiorità del suo vescovo, non solo nelle cause di correzzione, ma anco per poter esser ordinato da chi gli piaceva, et in somma di non riconoscer il vescovo in alcuno conto.

Questo essendo lo stato delle cose e ricchiedendo i vescovi rimedio, alcuni di loro piú veementi ritornavano alle cose dette nelle congregazioni precedenti l'altra sessione contro l'essenzione de' frati; ma i piú prudenti, avendo per tentativo impossibile d'ottenere, stante il numero e grandezza degli ordini regolari et il favore della corte, si contentarono di levar quelle de' capitoli e persone particulari, e dimandarono che fossero rivocate tutte. Ma i legati con ufficii particolari, considerandogli che non tutta la riforma si poteva per quella sessione ordinare, che conveniva dare principio e lasciar anco la parte sua a' tempi seguenti, gli fecero star contenti di levar essenzione solo nelle cose criminali a' preti particolari e frati abitanti fuori di chiostro, et a' capitoli, come quelle d'onde vengono inconvenienti maggiori, e le facoltà di dare gl'ordini clericali a chi non risiede nella propria diocese, con promissione che si seguirebbe a provedere gl'altri abusi nell'altra sessione.

 

 




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