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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro secondo
    • [Discorso del poco consenso e risoluzione che era in concilio in materia di dogmi]
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[Discorso del poco consenso e risoluzione che era in concilio in materia di dogmi]

Questo luogo ricerca che si faccia menzione d'un particolare successo, il quale, incomminciato in questo tempo, se ben non ebbe fine se non dopo 4 mesi, appartiene tutto alla presente sessione, et a penetrare che cosa fosse allora il concilio di Trento e che opinione avessero di lui quelle medesime persone che vi intervenivano. Per intelligenza del quale non restarò di replicare che fra Dominico Soto, tante volte di sopra nominato, quale ebbe gran parte, come s'è detto, nella formazione de' decreti del peccato originale e della giustificazione, e che avendo notato tutti i pareri e le raggioni che furono usate in quelle discussioni, pensò di communicarle al mondo e tirare le parole del decreto al suo proprio senso: mandò in stampa un'opera continente tutto intieramente, intitolandola De natura et gratia, e quella dedicò con una epistola alla sinodo, per esser (cosí egli nella dedicatoria scrisse) un commentario de' doi decreti sudetti. In questo, venendo all'articolo della certezza della grazia, disse in longo discorso la sinodo aver dicchiarato che l'uomo non può sapere d'avere la grazia con tanta certezza, quanta è quella della fede, siché ogni dubitazione sia esclusa. Il Catarino, fatto nuovamente vescovo de Minori, che aveva difeso il contrario e tuttavia perseverava nell'opinione sua, stampò un libretto con dedicatoria alla medesima sinodo, lo scopo del quale era dire e defendere che il concilio non intese di condannare l'opinione di chi asseriva il giusto poter credere d'aver la grazia tanto certamente, quanto ha per certi gli articoli della fede; anzi il concilio aver deciso che è tenuto a crederlo, quando nel canone 26 ha dannato chi dice che il giusto non debbe sperar et aspettare la mercede, essendo ben necessario che chi debbe sperare, come giusto, sappia d'essere tale. In questa contrarietà d'opinioni, non solo ambidoi affermativamente scrivendo al concilio dissero ciascuno che la sua sentenzia era quella della sinodo, ma dopo scrissero anco e stamparono apologie et antipologie, querelando l'un l'altro alla sinodo che gli imponesse quello che ella non aveva detto, et inducendo diversi de' padri testimonii per comprobare la propria openione: quali anco testificavano, chi per uno, chi per l'altro, che i padri erano divisi in due parti, eccetto alcuni buoni prelati che, come neutrali, dicevano non aver ben intesa la differenza, ma prestato il consenso al decreto nella forma promulgata, perché ambe le parti erano convenute. Il legato Santa Croce testificava per il Catarino. Il Monte diceva esser stato del terzo partito. Questo evenimento pare che levi ad ogni uno la speranza di saper la mente del concilio, poiché in quel tempo gli istessi intervenienti et i principali non concordavano. Fa anco nascere difficoltà chi era quella sinodo che deliberò l'articolo, alla quale scrissero e provocarono il Soto et il Catarino, stimandola ambidoi aderente a sé; onde nel conoscerla era necessario che o uno di loro, o ambidoi s'ingannassero. E che sarà degli altri, poiché a questi cosí avvenne? Si potrebbe dire che fosse l'aggregato di tutti insieme, al quale lo Spirito Santo assistendo facesse determinare la verità, eziandio non intesa da chi la determinava, come Caifas profetò per esser pontefice senza intender la profezia, come il vescovo di Bitonto disse nel suo sermone, quando questa risposta non avesse due opposizioni: l'una, che a' reprobi et infedeli Dio fa profetare senza intelligenza, ma a' fedeli con l'illuminare l'intelletto; l'altra, che i teologi concordemente dicono i concilii non deliberare della fede per inspirazione divina, ma per investigazione e disquisizione umana, alla quale lo Spirito assiste per guardargli dagli errori, tanto che non possono determinare senza intendere la materia. Darebbe forse nel vero chi dicesse che, dibattendosi le openioni contrarie nel formar il decreto, ciascuna parte rifiutasse le parole di senso contrario alla sua, onde tutti si fermassero in quelle che ciascuno pensava potersi accommodare al senso suo, onde l'espressione riuscisse capace di contrarie esposizioni: se ben questo non servirebbe a risolvere la dubitazione proposta et a trovare quale fosse il concilio; poiché sarebbe dargli unità di parole e contrarietà d'animi. Ma quello che è narrato in questo particolare, et avvenne forse in molte materie, non occorreva nel dannare le openioni luterane, dove tutti convenivano con una unità isquisita.

Non è da tralasciare in questo proposito un'avvertenza dell'istesso Catarino, scritta alla sinodo nel medesimo libro, meritando l'autore di non esser defraudato dall'invenzione sua. Egli considerò esser repugnante il dire che l'uomo riceve volontariamente la grazia e che non è certo d'averla; perché nissun può volontariamente ricevere cosa che non sa essergli data, e senza esser certo di riceverla.

 

 




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