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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro secondo
    • [Intorno alla materia del battesmo]
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[Intorno alla materia del battesmo]

La materia del battesmo fu di maggior espedizione; nel terzo articolo, di quello che è dato dagli eretici, tutti fondarono sopra la dottrina delle cose, ricevuta dal concilio fiorentino, che il sacramento ricerca materia, forma et intenzione, e che l'acqua è materia; forma, l'espressione dell'atto nel nome del Padre, Figlio e Spirito Santo; l'intenzione, di fare quello che la Chiesa fa, onde fermarono la conclusione per indubitata, che hanno vero battesmo quegli eretici che convengono con noi in queste tre cose, e tanto asserivano aversi per tradizione apostolica et esser stato già stabilito sino da Stefano I, pontefice romano, principiando il terzo secolo, et approvata da tutta la Chiesa seguente; se ben gl'intendenti d'antichità ben sanno che questo non fu il parere di Stefano, né in quei tempi si sapeva forma, materia o intenzione; e quel pontefice assolutamente sentí che non si dovevano battezare i conversi da qual si voglia eresia, non facendo eccezzione d'alcuna; anzi che in quei tempi gli eretici, fuori che pochi montanisti, erano gnostici, che usavano stravaganti battesmi per le essorbitantissime opinioni che avevano della divinità e della persona di Cristo; e quei battesmi è certo che non avevano la forma usata ora, e nondimeno riceveva la Chiesa romana allora a penitenzia ogni sorte d'eretico indifferentemente senza battezarlo. come i vescovi d'Africa con quei di Cappadocia erano per diametro opposti, dicendo che conveniva rebattezare tutti gli eretici. Il concilio niceno tenne via di mezo, statuendo che i cattari non si rebattezassero, ma ben i paulianisti e montanisti. La sinodo constantinopolitana numerò molti eretici che dovessero esser rebattezati et altri che fossero ricevuti con loro al battesmo, in quali sarebbe cosa molto difficile mostrare che usassero la nostra forma: ma quel che piú di tutto importa è che san Basilio attesta che in Roma non si rebattezavano li novaziani, encratici e saccofori, quali egli rebattezava, non avendo quel santo per assorda questa diversità, solo dicendo che sarebbe stato ben congregare molti vescovi per risolver di operare concordamente. Ma a queste cose non attendendo piú che alle favole, si attennero alla corrente dottrina che l'eretico veramente batteza, se usa le parole e ha l'intenzione della Chiesa.

Il quarto articolo, che il battesmo sia penitenza, attesa la forza del parlare suo, da molti non fu tenuto per falso, allegando che l'Evangelista dicesse san Giovanni aver predicato il battesmo della penitenza, e che Agli ebrei, al sesto, san Paolo chiamasse il battesmo con nome di penitenza. E cosí abbiano parlato anco molti padri, onde l'articolo non poteva esser condannato, se non quando dicesse il battesmo esser il sacramento della penitenza: ma perché in questo senso pareva il medesimo col decimosesto articolo, i piú furono di parere di tralasciarlo.

Il nono e decimo, pertinenti al battesmo di Giovanni, molti erano di parere che fossero tralasciati, poiché non parlandosi di quelli della legge vecchia, meno conveniva parlar di quello che fu intermedio, essendo lo scopo di trattare de' sacramenti della nuova legge. Ma dall'altra parte fu detto che la mente degli eretici non è di alzare il battesmo di Giovanni al pari di quello di Cristo, ma di abbassare quello di Cristo a quel di Giovanni, inferendo che come questo non dava la grazia, ma era pura significazione, cosí anco il nostro; il che è formalissima eresia.

Nell'undecimo, de' riti, volevano alcuni che si distinguessero i sostanziali dagl'altri, dicendo che quei soli non si possono tralasciare senza peccato. Altri volevano escludere il caso della necessità solamente, fuor della quale non fosse lecito tralasciare manco i non sostanziali, poiché avendogli la Chiesa, che è retta dallo Spirito Santo, instituiti, hanno necessità per il precetto, se ben non per la sostanza del sacramento. Allegarono molti capitoli de' pontefici e concilii che di alcuni di quei riti parlano; i quali tutti resterebbono vani, quando fosse concessa libertà ad ogni uno di far mutazione. Quella parte che dell'immersione parla, se ben è piú espressa figura della morte, sepoltura e risurrezzione di Cristo era nondimeno da tutti dannata, con allegare molti luoghi de' profeti, dove si parla d'aspersione o effusione d'acqua, quali tutti literalmente dicevano doversi intendere del battesmo.

Contra quei tre, che del battesmo de' putti parlano, fu il parere di tutti con allegare la dottrina degl'antichi padri e delli scolastici, e molte invettive furono fatte contra Erasmo, attribuendogli l'invenzione del decimoquinto, qualificandola per empia e perniciosa, e che aprirebbe una via d'abolir afatto la religione cristiana: aggiongendo che, se i fanciulli degli ebrei circoncisi, venendo all'età, erano debitori di servare tutta la legge et erano puniti per le trasgressioni, molto piú era cosa giusta costringer i figli de' fedeli ad osservare la cristiana; che meritamente l'università di Parigi aveva condannato quell'articolo e la sinodo lo doveva condannare. Il decimosesto concludevano essere compreso negli articoli superiori, perché leverebbe la penitenzia, un altro de' 7 sacramenti. Ma l'ultimo tutti dissero esser contrario al proprio ministerio del battesmo, nel bel principio del quale vien avvertito il catecumeno che volendo andare alla vita eterna, è necessaria l'osservanza di tutti i commandamenti.

Per gli articoli circa la confermazione non vi fu alcuna differenza, per aver fondamento nel concilio fiorentino, il qual da tutti era allegato, e quello che nel terzo articolo si dice, che già i giovani rendessero conto della sua fede in presenza della Chiesa, generalmente fu deciso, con dire che, non usandosi in questi tempi, si doveva credere che mai per il passato fosse stato usato, perché la Chiesa non averebbe intermessa quella ceremonia. Furono portati molti luoghi de' concilii e scrittori antichi con menzione del crisma e di onzione, che non possono convenir ad instruzzione, né essame. Perilché conclusero dovere essere riputata vanissima l'ignoranza di chi vuol al presente, contra al commun senso di tutta la Chiesa, mutar un sacramento tanto principale in un rito che forse in qualche particolar luogo fu una volta usato, ma non mai fu universale, come l'onzione del crisma.

Sopra l'ultimo articolo fu molta difficoltà, per il fatto di san Gregorio papa che concesse quel ministerio a' semplici preti; nel che li francescani per la dottrina di san Bonaventura, che, seguito da Giovanni Scoto e dall'ordine loro, attribuiva al solo vescovo questo ministerio, avendo per nullo l'attentato da un prete (il che fu anco tenuto da papa Adriano VI) rispondevano che quella fu permissione e per quella volta sola, e contra il volere del papa per fuggire lo scandalo de quei popoli; overo che quell'onzione da Gregorio permessa non era sacramento della confermazione. La qual risposta non essendo piacciuta a san Tomaso, perché non libera totalmente il papa dall'aver errato, egli trovò temperamento con dire che, quantonque il vescovo sia ministro della confermazione, possi nondimeno essere ministrato dal prete con permissione del papa; al che opponendo gli altri la dottrina della romana Chiesa essere assoluta, che da Cristo sono instituiti i ministri de' sacramenti, a' quali se ben il papa può commandare quanto all'essercizio del ministerio, non può però in modo alcuno fare che il sacramento ministrato da altri sia valido, né che il conferito dal ministro instituito da Cristo, eziandio contra il precetto di esso papa, sia nullo; e però se Cristo ha instituito il vescovo per ministro, il papa non lo può concedere al prete, se Cristo ha concesso che il prete possi, non lo può impedire il papa; parendo gran cosa che negli altri sacramenti, tutti di maggior necessità, Cristo avesse prescritto il ministro senza lasciare nissuna libertà agli uomini, et in questo, che si può ad ogni meglior opportunità differire, avesse usata una singolarità, della quale per 600 anni, che furono sino a Gregorio, nissuno avesse fatto minima menzione e far un articolo di fede sopra 4 parole dette per occasione; che se quella epistola si fosse perduta, mai nissuno averebbe inventato quella distinzione insolita in tal materia, né applicabile ad altro che a questo luogo di Gregorio.

Non sodisfacendosi altri della resoluzione né dell'una, né dell'altra parte, proposero alcuni che si pigliassero le parole del concilio fiorentino e non si cercasse piú oltre; altri pigliarono termine che si condannasse solo chi dirà il prete, e non il solo vescovo, essere l'ordinario ministro, lasciando che di quella parola ambe le opinioni potessero valersi, essendo libero l'inferire: adonque ci è un altro ministro straordinario, overo dire: adonque non ve ne può esser altro, perché i sacramenti non hanno ministro se non ordinario.

 

 




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