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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro secondo
    • [Nella congregazione della riforma si rimettono su le qualità de' vescovi rispetto alla residenza]
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[Nella congregazione della riforma si rimettono su le qualità de' vescovi rispetto alla residenza]

Nella congregazione de' 15 genaro, quando furono dati fuori gli articoli de' sacramenti, continuandosi la materia incomminciata il giorno inanzi, alla pluralità s'aggionse di trattare le qualità e condizioni de' vescovi, poiché assai non risiedono per non esser atti ad essercitar il carico; e molte cose furono dette, preso principio da quello che san Paolo ricerca ne' vescovi e diaconi, facendo gran riflesso sopra le parole «irreprensibile», «dedito all'ospitalità», «non avaro», «non nuovo nella religione» e «stimato anco dagli esteri»; appresso furono portate altre condizioni requisite da molti canoni, né in questo occorse alcuna contenzione, declamando tutti concordamente contro i vizii e defetti de' prelati e dell'ordine ecclesiastico: il che non dispiaceva a' legati, vedendo volontieri i prelati a trattenersi con questa imagine di libertà. Ma nel fervore del parlar Giovanni Salazar, vescovo di Lanciano, attribuí l'origine del male alla corte romana, la quale nella distribuzione de' vescovati avesse mira non alla sufficienza delle persone, ma a' servizii ricevuti. A che replicò con molto senso il vescovo di Bitonto, che poco dopo lui parlò, dicendo che immeritamente a quella corte era attribuito quello che veniva per colpa altrui, poiché in Germania anco i vescovati si danno per elezzione, in Francia, Spagna et Ongaria, per nominazione regia, in Italia molti sono de iure patronatus, et anco ne' liberi i prencipi vogliano sodisfazzione e con le raccommandazioni, che sono preghiere a quali non si può dare la negativa, levano la libertà al pontefice e chi vorrà non correr dietro all'opinione, né lasciarsi trasportare da affetti, ma con sincero giudicio risguardare, vederà che i vescovi fatti liberamente a Roma sono forse i migliori di tutta Europa. Che la pluralità de' beneficii, male incognito all'antichità prima, non è stato introdotto dalla corte di Roma, ma da' vescovi e prencipi, inanzi che i pontefici assonsero il carico di regolare la materia beneficiale in tutta la cristianità, senza le provisioni de' quali, che si vedono nel corpo canonico, il disordine sarebbe gionto al colmo. Fu udita questa contenzione con piacere e dispiacere, secondo gli affetti, ma ben ogni uno scopriva che tal materia non si poteva maneggiare senza pericolo; come mostrarono le trattazioni delle seguenti congregazioni.

 

 




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