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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro secondo
    • [I prelati spagnuoli formano una censura sopra gli articoli della riforma, di che i legati offesi scrivono a Roma]
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[I prelati spagnuoli formano una censura sopra gli articoli della riforma, di che i legati offesi scrivono a Roma]

Finita quella congregazione, i prelati spagnuoli con altri che gli seguivano, capo di tutti fattosi il cardinal Pacceco, ridotti al numero di 20 e raggionato insieme, conclusero che nella maniera introdotta nelle congregazioni non si poteva venir mai a risoluzione che valesse, perché quel di buono che era detto, era dissimulato da chi reggeva le azzioni, overo con le contenzioni oscurato; però esser necessario mutar modo e dar in scritto le dimande, che cosí si venirà a conclusione. E fecero una censura sopra i capi proposti e la posero in scritto, presentandola a legati nella congregazione che si tenne il 3 febraro.

La censura conteneva 11 articoli.

1 Che tra la qualità de' vescovi e parochi siano poste tutte le condizioni statuite nel concilio lateranense ultimo, patendo che nel modo tenuto si apra troppo la strada alle dispensazioni, le quali al tempo d'oggi, per le eresie che causano e per li scandali che danno al mondo, è necessario levar a fatto, facendo una piú stretta riformazione.

2 Che si specifichi apertamente che i cardinali siano tenuti risedere ne' loro vescovati almeno sei mesi dell'anno, come agli altri vescovi è commandato nella passata.

3 Che inanzi ogni altra cosa si dicchiari la residenza de' prelati esser de iure divino.

4 Che si dicchiarasse la pluralità delle chiese catedrali esser abuso grandissimo, e s'ammonisce ciascuno, specificando etiam i cardinali, a restare con una sola e lasciare le altre infra certo termine breve, e prima che finisca il concilio.

5 Che si togliesse la pluralità delle chiese minori, con proibirla non solo per l'avvenire, ma ancora per il passato, revocando tutte le dispense concesse, senza eccezzione de' cardinali o altri, se non per giuste e raggionevoli cause, d'esser prodotte e provate inanzi l'ordinario.

6 Che le unioni ad vitam, eziandio le già fatte, si revocassero tutte come indottive della pluralità.

7 Che ogn'uno che ha beneficio curato et altri beneficii che ricercano residenza, non residendo, incorra nella privazione, e nissuna dispensazione abbia da suffragare, se non in casi dalla legge permessi.

8 Che qualonque ha beneficio curato, potesse esser essaminato dal vescovo e, trovato illiterato, vizioso, o per altra causa inabile, fosse privato, et il beneficio dato ad un degno per rigoroso essame e non a volontà degli ordinarii.

9 Che nell'avvenire i beneficii curati non si dassero, se non con essamine et inquisizione precedente.

10 Che nissun si promovesse a chiesa catedrale senza processo, il qual si facesse in partibus, almeno sopra i natali, vita e costumi.

11 Che nissun vescovo potesse ordinare nella diocese dell'altro senza licenza dell'ordinario, e persone di quella diocese solamente.

I legati si turbarono, non tanto vedendo posti a campo molti articoli, e tutti con mira di ristringere l'autorità ponteficia et aggrandire l'episcopale, quanto per l'importanza del principio di dar in scritto le petizioni et unirsi molti insieme in una dimanda; e senza mostrare qual fosse il pensiero loro, solo allegando l'importanza della proposta, presero tempo a pensarvi sopra, dicendo che tra tanto non si starebbe in ozio, essendo da stabilire altri capi di riforma; e diedero minuto conto al pontefice di tutte le cose passate, aggiongendo che i prelati ogni giorno pigliavano libertà maggiore, che non si astenevano di parlare de' cardinali senza rispetto e dir palesamente che è necessario regolargli, e della Santità Sua ancora con poca riverenza parlavano, che non se non parole e che usa il concilio per trattener il mondo in speranze e non per fare vera riforma: aggionsero che per l'avvenire sarebbe difficile tenergli in regola, che facevano spesse adunanze e congregazioni tra loro. Misero in considerazione che sarebbe bene far qualche riforma in Roma con effetto, e publicarla inanzi la sessione. Mandarono anco le censure de' spagnuoli, ponderando quanto importasse il tentativo loro e dove all'avvenire potesse arrivare, non essendo verisimile che tanto ardissero senza l'appoggio e fomento e forse anco incitamento di qualche gran prencipe, facendo instanza di ricever commandamento di quello che dovevano fare e dicendo che sarebbe parer loro di persistere e non cedere in parte alcuna, cosí per l'importanza delle cose, come per non lasciare aprire questo passo, che possino i prelati, per sedizione e forza, ottener quello che non gli è concesso spontaneamente; che sarebbe un dependere dalla mercé loro et incorrer pericolo di qualche sinistro accidente; che per quanto doverà passar nelle disputazioni non erano per lasciarsi superare. Ma in fine dopo le disputazioni, se i contrarii non vorranno cedere sarà forza venire al piú e manco voti, i quali nel concluder non si ponderano, ma si numerano; però, non convenendo mettersi ad alcun rischio, ma ben certificarsi di restare superiori nel giorno della sessione, sarebbe necessario commandare strettamente a quelli che sono andati a Venezia, sotto pretesto di fare il principio di quaresima nelle loro chiese, ma con intenzione forse di non tornar piú, che tornassero subito e senza replica; perché nella sessione seguente starà quasi tutta l'importanza della riforma, massime in quella parte, che è tra 'l pontefice et i vescovi, e secondo che succederà questa volta agli ammutinati, cosí o pigliaranno animo d'opporsi nelle altre occasioni, o si renderanno quieti et obedienti.

Ispedito l'aviso a Roma, nelle seguenti congregazioni proposero i legati di riformare diversi abusi. Il primo fu di quelli che, ricevuto un beneficio e titolo, non pigliano l'ordine sacro o la consecrazione rispondente a quello. Tutti detestarono l'abuso, laudarono che si rimediasse. Ma il cardinal Pacceco disse che ogni rimedio sarebbe deluso, se non si levavano le commende et unioni, essendo chiaro che una catedrale può essere commendata anco ad un diacono, e chi vorrà una parochiale senza ordinarsi in sacris, la farà unire ad un beneficio semplice che non ricerca ordine, e cosí la tenerà in consequenza di quello senza essere consecrato. Le altre riforme furono sopra diverse essenzioni dalle visite episcopali, dagli essamini loro, dalla cognizione delle cause civili e dalla revisione del governo de' ospitali, nel che credevano i legati acquistar la grazia de' vescovi, allargando la loro autorità: ma, come avviene a chi pretende raggione nel tutto, che resta offeso per la restituzione della metà, pareva (a spagnuoli massime) che gli fosse fatto torto maggiore con rimediare ad alcune. Ma crescendo il numero de' italiani che a' legati aderivano, i spagnuoli si restrinsero a parlare piú riservatamente, tanto piú aspettando risposta da Roma sopra le proposizioni loro, essendosi scoperto che erano state rimesse.

 

 




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