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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro secondo
    • [Commandamento del papa di trasferire il concilio; i legati ne trovano una speziosa ragione per tema di contagio]
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[Commandamento del papa di trasferire il concilio; i legati ne trovano una speziosa ragione per tema di contagio]

L'istesso giorno il messo del pontefice, che si era tenuto secreto ancora da' legati, comparve et espose loro la sua credenza: e non si fermò in Trento, ma passò immediate in Ispruc. Il cardinale Santa Croce restò confuso, ma Monte intrepido disse aver conosciuto il pontefice per prencipe sempre savio, et allora aver veduto in lui il colmo del giudicio; che era necessario cosí fare, volendo salva l'autorità della Sede apostolica, e però conveniva servire la Santità Sua con fedeltà, secretezza et accuratezza. Erano opportunamente molti delle famiglie de' prelati ammalati, o per i disordini del carnevale, o per l'aria molto umida che per molti giorni prossimi era stata; sottomise il Monte alcuni de' suoi, che domandassero a' medici se vi era pericolo che quelle infermità fossero contagiose. I medici, che sempre nel prognostico dicono piú mal che possono, perché, succedendo, paiono dotti per avergli previsti, e non riuscendo, molto piú, perché abbiano saputo rimediargli o prevenirgli, dissero qualche parola ambigua, la qual studiosamente disseminata e da leggieri creduta, passò anco alla credulità de' mediocri e di quelli che, desiderando partire, averebbono voluto che fosse stato vero. Ed opportunamente in quei dopo la sessione era morto un vescovo che, funerato con essequie di tutto 'l concilio, fece la cosa molto conspicua; onde s'empí Trento che vi era male contagioso, e la fama andò anco a' luoghi circonvicini. Tra tanto i legati, mostrando di non aver parte nella fama sparsa, il dopo la sessione tennero congregazione generale per disponere quello che si dovesse discutere intorno il sacramento dell'eucaristia, e la settimana seguente incomminciarono le congregazioni de' teologi. E poiché la fama fu aummentata, quando parve, il cardinale Monte ordinò ad Ercole Severolo, procurator del concilio, che facesse processo sopra la pestifera infermità. Furono essaminati i medici, e fra gl'altri Gieronimo Fracastoro, che aveva titolo di medico del concilio, et altre persone. Fu presa relazione che i luoghi circonvicini si preparavano per levar il commercio alla città. Questo moto fu causa che molti de' prelati dimandarono licenza di partire, o per timore, o per desiderio di uscire di in ogni modo. Il Monte la diede ad alcuni, acciò potesse metter tra le cause la partita de' padri, altri, piú seco congionti, confortò ad aspettare: in suo secreto, per non privarsi afatto di aderenti nel farla proposizione di transferir il concilio, ma in apparenza per non mostrar che lo lasciasse dissolvere; e però disse che nelle congregazioni protestassero acciò si pigliasse ispediente. Si seguí il processo sino al 8, quando venne nuova, o vera, o finta, che Verona era per levar il commercio; cosa che turbò ogn'uno perché sarebbe stato un tenergli tutti pregioni.

Perilché il 9 si tenne congregazione generale sopra questo. In quella fu letto il processo e proposto che rimedio si potesse trovar per non restar dentro restretti col male in casa e privati di socorsi di vettovaglie e d'altre cose necessarie. Da molti fu protestato di voler partire e non poter esser tenuti, e molte cose essendo dette, il Monte propose di transferir il concilio, dicendo aver di ciò già sin dal principio autorità apostolica, e fece leggere la bolla del papa diretta a' 3 legati, Monte, Santa Croce e Polo: dove, narrato d'aver stabilito il concilio in Trento e d'avergli mandato per legati et angeli di pace in quello, acciò cosí santa opera per l'incommodità del luogo non fosse impedita, autorità a doi di loro, in assenza dell'altro, di transferirlo in altra città piú commoda, piú opportuna e piú sicura, e commandar sotto censure e pene a' prelati di non proceder piú oltre in Trento, ma continuare il concilio nella città a quale lo muteranno, e chiamar in quella i prelati et altre persone del concilio di Trento, sotto pena di pergiurio et altre censure nelle lettere della convocazione, dovendo egli aver rato tutto quello che faranno, nonostante cosa alcuna in contrario. Fu da prelati imperiali immediate risposto che il male et i pericoli non erano cosí grandi, che si poteva licenziare i timidi sin che passasse quell'opinione, e con l'aiuto di Dio presto sarebbe svanita; e quando bene si differisse la sessione, non era cosa importante, poiché l'anno inanzi per i sospetti di guerra similmente molti partirono, e la sessione si differí sei mesi e piú; cosí si facesse anco adesso se fosse bisogno. Et altre tal raggioni furono addotte. Si disputò assai sopra questo. Gli imperiali, partiti di congregazione e conferito tra loro, si diedero ad investigare sottilmente quello che non avevano curato di saper piú che tanto, et odorarono che non fosse male, ma pretesto.

Il giorno seguente si fece congregazione sopra l'istessa materia: si trovò, che 11 prelati erano partiti, e si passò a parlare del luogo dove andare; dentro in Germania tutti aborrivano; nello Stato d'alcun prencipe non si poteva, non avendo prima trattato. Restava il solo Stato della Chiesa. Proposero i legati Bologna, e piacque a tutti quelli che sentivano la translazione. Fu in quella congregazione anco contradetto dagl'imperiali, e da alcuni passato a quasi proteste, ma la maggior parte acconsentí. Dubitarono ben alcuni che il papa dovesse sentir la translazione in male, facendosi senza sua saputa. Ma, diceva il Monte, i casi repentini et i pericoli della vita esser essenti da questi rispetti, e che pigliava la carica sopra di sé, che il pontefice sentirebbe tutto in bene. Si ebbe anco considerazione all'imperatore et altri prencipi, e concluso che, facendo menzione di loro nel decreto, si sarebbe sodisfatto alla debita riverenza; e per dar anco qualche sodisfazzione a chi non sentiva la translazione, far qualche menzione di tornare. Fu formato il decreto concepito in forma di partito deliberativo: vi piace di dicchiarare che consti di questo morbo, per le predette et altre allegate cose, cosí notoriamente che i prelati senza pericolo della vita non possino fermarsi in questa città, né possino esser tenuti contra il loro voler, et attesa la partita di molti e protestazioni d'altri, per la partita de' quali si dissolverebbe il concilio, et altre cause allegate da' padri notoriamente vere e legitime? Vi piace a dicchiarare che per la sicurezza della vita de' prelati e per proseguir il concilio, quello si debba transferir in Bologna e si transferisca di presente, e doversi celebrar la sessione intimata a 21 aprile, e proceder inanzi sin che parerà al papa et ad esso concilio di ridurlo in questo o in altro luogo, con conseglio di Cesare, del Cristianissimo e degl'altri re e prencipi cristiani?

 

 




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