[Commandamento del papa di trasferire
il concilio; i legati ne trovano una speziosa ragione per tema di contagio]
L'istesso giorno il messo del pontefice,
che si era tenuto secreto ancora da' legati, comparve et espose loro la sua
credenza: e non si fermò in Trento, ma passò immediate in Ispruc. Il cardinale
Santa Croce restò confuso, ma Monte intrepido disse aver conosciuto il
pontefice per prencipe sempre savio, et allora aver veduto in lui il colmo del
giudicio; che era necessario cosí fare, volendo salva l'autorità della Sede
apostolica, e però conveniva servire la Santità Sua con fedeltà, secretezza et
accuratezza. Erano opportunamente molti delle famiglie de' prelati ammalati, o
per i disordini del carnevale, o per l'aria molto umida che per molti giorni
prossimi era stata; sottomise il Monte alcuni de' suoi, che domandassero a'
medici se vi era pericolo che quelle infermità fossero contagiose. I medici,
che sempre nel prognostico dicono piú mal che possono, perché, succedendo,
paiono dotti per avergli previsti, e non riuscendo, molto piú, perché abbiano
saputo rimediargli o prevenirgli, dissero qualche parola ambigua, la qual
studiosamente disseminata e da leggieri creduta, passò anco alla credulità de'
mediocri e di quelli che, desiderando partire, averebbono voluto che fosse
stato vero. Ed opportunamente in quei dí dopo la sessione era morto un vescovo
che, funerato con essequie di tutto 'l concilio, fece la cosa molto conspicua;
onde s'empí Trento che vi era male contagioso, e la fama andò anco a' luoghi
circonvicini. Tra tanto i legati, mostrando di non aver parte nella fama
sparsa, il dí dopo la sessione tennero congregazione generale per disponere
quello che si dovesse discutere intorno il sacramento dell'eucaristia, e la
settimana seguente incomminciarono le congregazioni de' teologi. E poiché la
fama fu aummentata, quando parve, il cardinale Monte ordinò ad Ercole Severolo,
procurator del concilio, che facesse processo sopra la pestifera infermità.
Furono essaminati i medici, e fra gl'altri Gieronimo Fracastoro, che aveva
titolo di medico del concilio, et altre persone. Fu presa relazione che i
luoghi circonvicini si preparavano per levar il commercio alla città. Questo
moto fu causa che molti de' prelati dimandarono licenza di partire, o per
timore, o per desiderio di uscire di là in ogni modo. Il Monte la diede ad
alcuni, acciò potesse metter tra le cause la partita de' padri, altri, piú seco
congionti, confortò ad aspettare: in suo secreto, per non privarsi afatto di
aderenti nel farla proposizione di transferir il concilio, ma in apparenza per
non mostrar che lo lasciasse dissolvere; e però disse che nelle congregazioni
protestassero acciò si pigliasse ispediente. Si seguí il processo sino al dí 8,
quando venne nuova, o vera, o finta, che Verona era per levar il commercio;
cosa che turbò ogn'uno perché sarebbe stato un tenergli tutti pregioni.
Perilché il dí 9 si tenne congregazione
generale sopra questo. In quella fu letto il processo e proposto che rimedio si
potesse trovar per non restar là dentro restretti col male in casa e privati di
socorsi di vettovaglie e d'altre cose necessarie. Da molti fu protestato di
voler partire e non poter esser tenuti, e molte cose essendo dette, il Monte
propose di transferir il concilio, dicendo aver di ciò già sin dal principio
autorità apostolica, e fece leggere la bolla del papa diretta a' 3 legati, Monte,
Santa Croce e Polo: dove, narrato d'aver stabilito il concilio in Trento e
d'avergli mandato per legati et angeli di pace in quello, acciò cosí santa
opera per l'incommodità del luogo non fosse impedita, dà autorità a doi di
loro, in assenza dell'altro, di transferirlo in altra città piú commoda, piú
opportuna e piú sicura, e commandar sotto censure e pene a' prelati di non
proceder piú oltre in Trento, ma continuare il concilio nella città a quale lo
muteranno, e chiamar in quella i prelati et altre persone del concilio di
Trento, sotto pena di pergiurio et altre censure nelle lettere della
convocazione, dovendo egli aver rato tutto quello che faranno, nonostante cosa
alcuna in contrario. Fu da prelati imperiali immediate risposto che il male et
i pericoli non erano cosí grandi, che si poteva licenziare i timidi sin che
passasse quell'opinione, e con l'aiuto di Dio presto sarebbe svanita; e quando
bene si differisse la sessione, non era cosa importante, poiché l'anno inanzi
per i sospetti di guerra similmente molti partirono, e la sessione si differí
sei mesi e piú; cosí si facesse anco adesso se fosse bisogno. Et altre tal
raggioni furono addotte. Si disputò assai sopra questo. Gli imperiali, partiti
di congregazione e conferito tra loro, si diedero ad investigare sottilmente
quello che non avevano curato di saper piú che tanto, et odorarono che non
fosse male, ma pretesto.
Il giorno seguente si fece congregazione
sopra l'istessa materia: si trovò, che 11 prelati erano partiti, e si passò a
parlare del luogo dove andare; dentro in Germania tutti aborrivano; nello Stato
d'alcun prencipe non si poteva, non avendo prima trattato. Restava il solo
Stato della Chiesa. Proposero i legati Bologna, e piacque a tutti quelli che
sentivano la translazione. Fu in quella congregazione anco contradetto
dagl'imperiali, e da alcuni passato a quasi proteste, ma la maggior parte
acconsentí. Dubitarono ben alcuni che il papa dovesse sentir la translazione in
male, facendosi senza sua saputa. Ma, diceva il Monte, i casi repentini et i
pericoli della vita esser essenti da questi rispetti, e che pigliava la carica
sopra di sé, che il pontefice sentirebbe tutto in bene. Si ebbe anco
considerazione all'imperatore et altri prencipi, e concluso che, facendo
menzione di loro nel decreto, si sarebbe sodisfatto alla debita riverenza; e
per dar anco qualche sodisfazzione a chi non sentiva la translazione, far
qualche menzione di tornare. Fu formato il decreto concepito in forma di
partito deliberativo: vi piace di dicchiarare che consti di questo morbo, per
le predette et altre allegate cose, cosí notoriamente che i prelati senza
pericolo della vita non possino fermarsi in questa città, né possino esser
tenuti contra il loro voler, et attesa la partita di molti e protestazioni
d'altri, per la partita de' quali si dissolverebbe il concilio, et altre cause
allegate da' padri notoriamente vere e legitime? Vi piace a dicchiarare che per
la sicurezza della vita de' prelati e per proseguir il concilio, quello si
debba transferir in Bologna e si transferisca di presente, e doversi celebrar
là la sessione intimata a 21 aprile, e proceder inanzi sin che parerà al papa
et ad esso concilio di ridurlo in questo o in altro luogo, con conseglio di
Cesare, del Cristianissimo e degl'altri re e prencipi cristiani?
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