[La translazione è prontamente
eseguita, ma non da' cesarei]
Il dí seguente fu fatta sessione e letto
il decreto: 35 vescovi, e 3 generali assentirono, et il cardinale Pacceco con
altri 17 vescovi diedero il voto in contrario. Nel numero de' consenzienti non
fu alcuno de' sudditi imperiali, se non Michel Saraceno, napolitano,
arcivescovo di Matera. Ma nel numero degli 18 dissenzienti vi fu Claudio della
Guische, vescovo di Mirpois, et il Martelli, vescovo di Fiesole, e Marco Viguerio,
vescovo di Sinigaglia, del quale vi è memoria che, rinfaciandogli il cardinale
del Monte d'ingratitudine, ché, tirato il zio da infimo stato all'altezza del
cardinalato, da che era venuta la grandezza di casa sua et il vescovato in lui,
rendesse tal merito alla Sede apostolica, rispose in latino con le parole di
san Paolo: «Non si debbe burlar con Dio». Partirono i legati con la croce
levata et accompagnati da' vescovi del loro partito con cerimonie e preghiere.
Gli imperiali ebbero commandamento dall'ambasciatore
dell'imperator di non partire, sin che Sua Maestà, ragguagliata, non dasse
ordine. In Roma la corte sentí in bene d'esser liberata dalla sospizione,
perché ormai vi era gran confusione o nondinazione de' possessori di pluralità
de' beneficii, che trattavano scaricarsi in modo, però, che non scemasse ponto
l'utile. Il pontefice diceva che, avendo dato a' legati suoi autorità di
transferir il concilio e promesso d'aver rato quello che da loro fosse
deliberato e di farlo esseguire, et avendo essi giudicata la causa
dell'infezzione dell'aria legitima, e tanto piú essendoci concorso l'assenso
della maggior parte de' prelati, non poteva se non approbarla.
Non era però alcun tanto semplice che non
credesse il tutto esser fatto per il suo commandamento, essendo certo che
nissuna cosa, per minima, si trattava in concilio senza aver ordine prima da
Roma, al qual effetto ogni settimana correndo lettere, et alcune volte due
spazzi spedendosi, non si poteva credere che una cosa di tanto somma importanza
fosse stata deliberata di capo de' legati; oltre che il solo introdur tanto
numero di persone in una città gelosa come Bologna, senza saputa del prencipe
dominante, pareva cosa che mai i legati averebbono tentato. Credevano anco
molti che la bolla non fosse col vero dato, ma fatta di nuovo sotto dato
vecchio e col nome del cardinale Polo per dar maggior credito; altramente
pareva quella clausula, nella quale è data autorità della translazione a 2 di
loro, assente l'altro, una specie di profezia, che Polo dovesse un anno dopo
partire, e quella libertà di transferire a qual città gli fosse piacciuto era
tenuta per troppo ampia et inverisimile, atteso il sospetto sempre fisso
nell'animo de' pontefici che concilio non si celebri in città diffidente,
mostrato piú che mai da papa Paolo nel convocarlo. Onde non si poteva credere
che s'avesse esposto alla discrezione altrui senza bisogno in cosa di tanto
momento. Con tutto ciò, io, seguendo le note che ho vedute, che al suo luogo ho
detto, tengo per fermo che fu fabricata doi anni e mandata 18 mesi inanzi
questo tempo. Ma quello che non si poteva in modo alcuno ascondere, e che
scandalizava ogniuno, era che per quella bolla si vedeva chiara la servitú del
concilio. Perché se 2 legati potevano commandare a tutti i prelati insieme di
partirsi da Trento e constringergli con pene e censure, dica chi lo sa e lo può
che libertà era quella che avevano!
L'imperatore, udita la nuova, sentí
dispiacer grande, prima perché gli pareva esser sprezzato, e poi perché si
vedeva levato di mano un modo, quale maneggiando secondo l'opportunità, pensava
pacificare la religione in Germania e per quel mezo metterla sotto la sua
obedienza. Al re di Francia la nuova non pervenne, ché egli il 21 dell'istesso
mese passò a meglior vita.
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