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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro secondo
    • [La translazione è prontamente eseguita, ma non da' cesarei]
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[La translazione è prontamente eseguita, ma non da' cesarei]

Il seguente fu fatta sessione e letto il decreto: 35 vescovi, e 3 generali assentirono, et il cardinale Pacceco con altri 17 vescovi diedero il voto in contrario. Nel numero de' consenzienti non fu alcuno de' sudditi imperiali, se non Michel Saraceno, napolitano, arcivescovo di Matera. Ma nel numero degli 18 dissenzienti vi fu Claudio della Guische, vescovo di Mirpois, et il Martelli, vescovo di Fiesole, e Marco Viguerio, vescovo di Sinigaglia, del quale vi è memoria che, rinfaciandogli il cardinale del Monte d'ingratitudine, ché, tirato il zio da infimo stato all'altezza del cardinalato, da che era venuta la grandezza di casa sua et il vescovato in lui, rendesse tal merito alla Sede apostolica, rispose in latino con le parole di san Paolo: «Non si debbe burlar con Dio». Partirono i legati con la croce levata et accompagnati da' vescovi del loro partito con cerimonie e preghiere.

Gli imperiali ebbero commandamento dall'ambasciatore dell'imperator di non partire, sin che Sua Maestà, ragguagliata, non dasse ordine. In Roma la corte sentí in bene d'esser liberata dalla sospizione, perché ormai vi era gran confusione o nondinazione de' possessori di pluralità de' beneficii, che trattavano scaricarsi in modo, però, che non scemasse ponto l'utile. Il pontefice diceva che, avendo dato a' legati suoi autorità di transferir il concilio e promesso d'aver rato quello che da loro fosse deliberato e di farlo esseguire, et avendo essi giudicata la causa dell'infezzione dell'aria legitima, e tanto piú essendoci concorso l'assenso della maggior parte de' prelati, non poteva se non approbarla.

Non era però alcun tanto semplice che non credesse il tutto esser fatto per il suo commandamento, essendo certo che nissuna cosa, per minima, si trattava in concilio senza aver ordine prima da Roma, al qual effetto ogni settimana correndo lettere, et alcune volte due spazzi spedendosi, non si poteva credere che una cosa di tanto somma importanza fosse stata deliberata di capo de' legati; oltre che il solo introdur tanto numero di persone in una città gelosa come Bologna, senza saputa del prencipe dominante, pareva cosa che mai i legati averebbono tentato. Credevano anco molti che la bolla non fosse col vero dato, ma fatta di nuovo sotto dato vecchio e col nome del cardinale Polo per dar maggior credito; altramente pareva quella clausula, nella quale è data autorità della translazione a 2 di loro, assente l'altro, una specie di profezia, che Polo dovesse un anno dopo partire, e quella libertà di transferire a qual città gli fosse piacciuto era tenuta per troppo ampia et inverisimile, atteso il sospetto sempre fisso nell'animo de' pontefici che concilio non si celebri in città diffidente, mostrato piú che mai da papa Paolo nel convocarlo. Onde non si poteva credere che s'avesse esposto alla discrezione altrui senza bisogno in cosa di tanto momento. Con tutto ciò, io, seguendo le note che ho vedute, che al suo luogo ho detto, tengo per fermo che fu fabricata doi anni e mandata 18 mesi inanzi questo tempo. Ma quello che non si poteva in modo alcuno ascondere, e che scandalizava ogniuno, era che per quella bolla si vedeva chiara la servitú del concilio. Perché se 2 legati potevano commandare a tutti i prelati insieme di partirsi da Trento e constringergli con pene e censure, dica chi lo sa e lo può che libertà era quella che avevano!

L'imperatore, udita la nuova, sentí dispiacer grande, prima perché gli pareva esser sprezzato, e poi perché si vedeva levato di mano un modo, quale maneggiando secondo l'opportunità, pensava pacificare la religione in Germania e per quel mezo metterla sotto la sua obedienza. Al re di Francia la nuova non pervenne, ché egli il 21 dell'istesso mese passò a meglior vita.




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