[I prelati alemanni richiedono al papa
di rimettere il concilio a Trento]
Questo giorno istesso i prelati di
Germania, congregati nella dieta, cosí volendo Cesare, scrissero al papa
dimandando che fosse ritornato in Trento il concilio. Era la lettera mista di
preghiere e di minaccie: esponeva il cattivo stato e pericolo di Germania, al
quale s'averebbe potuto proveder, se il rimedio del concilio fosse stato dato a
tempo et in Germania, come era stato ricchiesto; perché avendo essi ample
giurisdizzioni, non potevano longo tempo star lontani; e per quella stessa
causa niuno era andato né a Mantova, né a Vicenza, e pochi a Trento, città, che
essa ancora appartiene piú tosto all'Italia, specialmente al tempo della
guerra. Ora, ridotte le cose in tranquillità, erano entrati in gran speranza
che la nave fosse ridotta al porto, quando, fuori d'ogni espettazione, hanno
inteso il concilio, nel quale era posta ogni speranza, esser trasferito altrove
o piú tosto diviso; perilché, privati di questo rimedio, non gli restava altro
se non il ricorso alla Chiesa apostolica, con pregar Sua Santità per la salute
della Germania a restituir il concilio in Trento, il che facendo non esserci
ossequio che da loro non si debbia promettere; altrimente non restar loro dove
ricorrere per aiuto contra gli imminenti mali e pericoli; però si degni aver in
considerazione la loro dimanda, pensando che, se gli non vi provederà, sarà
possibil assai che sia pensato ad altri consegli e maniere per metter fine alle
difficoltà. Pregando finalmente la Santità Sua a ricever in bene la loro
lettera, essendo essi costretti a scriver cosí dall'ufficio proprio e dalla
condizione de' tempi.
Fece di piú Cesare opera diligentissima
accioché tutti si sottomettessero al concilio, instando, pregando e
ricchiedendo che si rimettessero alla sua fede. Con l'elettor palatino le
preghiere avevano specie di minaccie, rispetto alle precedenti offese,
perdonate di recente. Verso Maurizio, duca di Sassonia, erano necessità, per
tanti beneficii novamente avuti da Cesare e perché desiderava liberare il
lantgravio, suo suocero. Perilché, promettendo loro Cesare d'adoperarsi che in
concilio avessero la dovuta sodisfazzione e ricercandogli che si fidassero in
lui, finalmente consentirono e furono seguiti dagl'ambasciatori dell'elettore
di Brandeburg e da tutti i prencipi. Le città ricusarono, come cosa di gran
pericolo il sottomettersi indifferentemente a tutti i decreti del concilio. Il
Granvela negoziò con gl'ambasciatori loro assai e longamente, trattandogli anco
da ostinati a ricusar quello che i prencipi avevano comprobato, aggiongendo
qualche sorte di minaccie di condannargli in somma maggiore che la già pagata:
perilché finalmente furono costrette di condescendere al voler di Cesare, riservata
però cauzione per l'osservanza delle promesse. Onde chiamate alla presenza
dell'imperatore et interrogate se si conformavano alla deliberazione de'
prencipi, risposero che sarebbe stato troppo ardire il loro a voler correggere
la risposta de' prencipi, e tutto insieme diedero una scrittura contenente le
condizioni con che averebbono ricevuto il concilio. La scrittura fu ricevuta,
ma non letta, e per nome di Cesare dal suo cancellario furono lodati che ad
essempio degl'altri avessero rimesso il tutto all'imperatore e fidatisi di lui:
e l'istesso imperatore fece dimostrazione d'averlo molto grato; cosí l'una e
l'altra parte voleva esser ingannata.
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