[Il papa preme la restituzione di
Piacenza occupata da' cesarei]
Mentre queste cose si trattano, dopo la
morte del duca suo figlio il papa con continue instanze fece dimanda della
restituzione di Piacenza e d'altri luoghi occupati nel Parmeggiano, valendosi
degl'interessi della figlia dell'imperatore, moglie del duca Ottavio, figlio
del defonto. Ma Cesare, che dissegnato aveva di tenere quella città per il
ducato di Milano e dar ricompensa al genero in altro, portava il tempo inanzi
in varie risposte e partiti, sperando che il papa, già ottuagenario et
adolorato per la morte del figlio e tanti altri disgusti, dovesse, lasciando la
vita, dare luogo e fine a tutte le controversie. Ma il papa, vedendosi deluso
con le dilazioni e molestato con le instanze di far ritornar il concilio in
Trento et offeso con la dimora continuata de' prelati spagnuoli in quella
città, per far almeno una diversione, fece intendere a Cesare che gl'occupatori
di Piacenza, terra della soggezzione della Sede apostolica, erano incorsi nelle
censure, alla dicchiarazione de' quali egli voleva passare, folminandone anco
di nuove, se fra un dato termine non gli era restituita. Rescrisse l'imperatore
una lettera acerba, avvertendo il papa a non dar fomento a' fuorusciti di
Napoli, narrando che tutti i machinamenti gli erano passati a notizia, che
aveva inteso le calonnie eccitate contra da lui, che procurasse scisma, mentre
per unire la cristianità dimanda il concilio in Trento; e quanto a Piacenza,
che quella è membro del ducato di Milano, occupata indebitamente da' pontefici
già pochi anni, e se la Chiesa vi ha ragioni sopra, si mostrino, che non
mancherà di far quello che sarà giusto. Il papa, vedendo che le arme spirituali
senza le temporali non averebbono fatto effetto, si voltò a restringere una
lega contra l'imperatore; nel che scontrò molte difficoltà per non poter
indurre li veneziani ad entrarvi e chiedendo i francesi, attesa la decrepità
del papa, assenso del consistoro e deposito de danari, de' quali il papa non
voleva privarsi per le molte spese che faceva e per il timore di doverle far
maggiori; per la qual causa anco aveva gravato i subditi quanto potevano
portare, e venduto et impegnato quanto poteva, et ordinato che si spedisse ogni
sorte di dispense e grazie a chi componeva in danari per i bisogni della Sede
apostolica. Per conto del concilio, di non farlo fuori delle terre sue era
risolutissimo, et oltre le urgenti raggioni che aveva, s'aggiongeva anco quella
della riputazione sua e della Sede apostolica, se l'imperatore l'avesse potuto
costringere. Ma come potesse indurre l'imperatore e la Germania a consentirvi,
non sapeva vederlo: il lasciarlo andar in niente, ora gli pareva bene, ora
male: piú volte ne tenne proposito co' cardinali, et in consistorio et in
privati discorsi. Ma finalmente risolvé di rimetter alla buona ventura quella
deliberazione, alla quale si conosceva insufficiente, non tanto per le sudette
cause, come per altri gravi rispetti che passavano in Germania.
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