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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro terzo
    • [L'«Interim» giudicato dal papa atto a' suoi dissegni]
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[L'«Interim» giudicato dal papa atto a' suoi dissegni]

Ma il pontefice, vecchio sensatissimo, che piú di tutti vedeva con la finezza del suo giudicio, penetrò immediate sino al fondo e giudicò l'impresa salutifera per sé e per l'imperatore perniziosa. Si maravigliò molto della prudenza d'un tanto prencipe e del conseglio suo, che, per una vittoria avuta, si pensasse esser diventato arbitro del genere umano e presuppostosi di potere solo contrastare con ambe le parti. Poter un prencipe, aderendo ad una, opprimere l'altra, ma combattere con tutte due essere cosa ardita e vana. Previdde che quella dottrina piú dispiacerebbe generalmente a catolici che alla corte, e piú a protestanti ancora, e che da ogni uno sarebbe impugnata, da nissuno difesa, e non esservi bisogno che egli travagliasse: averebbono operato per lui gl'inimici suoi, piú che egli medesimo, che meglio per lui era lasciarla publicare, che impedirla, e meglio ancora nello stato che si trovava, che reformata in meglio, acciò piú facilmente precipitasse. Solo vi era bisogno di tre cose: che all'imperatore non fosse aperto questo senso, che si aiutasse a dar il moto al negozio quanto prima, e che il primo colpo toccasse i protestanti. Per effettuare il primo, conveniva leggiermente e senza molta insistenza opponere ad alcune cose; per il secondo, eccitare gli interessi de' prelati tedeschi; e per il terzo, con destrezza operare che quella dottrina paresse raccolta non per unire ambe le parti, ma solo per metter freno a' protestanti, che cosí era guadagnato un gran punto, cioè che il prencipe non faceva statuti di fede a' fedeli, ma alli sviati.

Perilché il pontefice mandò instruzzione al cardinale Sfondrato che facesse alcune opposizioni, e per non trovarsi quando fosse la dottrina publicata, pigliasse licenzia e si partisse. Il cardinale, esseguendo la commissione, espose per nome del pontefice che la permissione di continuare in ricever il calice nella santa communione, eziandio con condizione di non riprendere chi non lo riceve, essendo già abrogata la consuetudine di ricever il sacramento sotto ambedue le specie, era cosa riservata al pontefice, come anco il conceder matrimonio a' preti, tanto piú quanto questo non è mai stato in uso nella Chiesa, et i greci et altri popoli orientali, che non obligano al celibato, concedono che i mariti ricevino gl'ordini e, ritenendo le mogli, essercitino il ministerio, ma che gli già ordinati si possino maritare non lo permettono, né mai l'hanno permesso. Soggionse non esser dubio alcuno che quando la Maestà Sua concedesse tal cose come lecite, offenderebbe gravissimamente la Maestà divina; ma avendole per illecite et illegitime, le debbe permettere per minor male alli sviati. È cosa tolerabile, anzi appartiene alla prudenza del prencipe, quando non può impedire tutti i mali, permetter il minore a fine d'estirpar il maggiore: che Sua Santità, veduto il libro, ha inteso che non sia se non permissione a quei della setta luterana, acciò non passino d'un error in l'altro in infinito; ma per quello che appartiene a' catolici, non gli sia concessocredere, né operare se non il prescritto della Santa Sede apostolica, che sola maestra de' fedeli può far decreti delle cose della religione; et essendo certo che cosí era la mente di Sua Maestà, gli considerava che sarebbe necessario farne una dicchiarazione espressa e restringer ancora la briglia a' luterani alquanto piú, massime nella potestà di mutar le ceremonie, poiché l'ultimo capo pare che dia loro troppo ampla libertà, dove concede che siano levate le ceremonie, le quali possono dar causa alla superstizione. Aggionse poi il legato che i luterani si sarebbono fatto lecito ritener i beni ecclesiastici usurpati e la giurisdizzione occupata, se non gli era commandata la restituzione: né di questo si doveva aspettar concilio, ma venir all'essecuzione immediate, e constando notoriamente dello spoglio, non si dovevano servare pontigli di legge, ma procedere de plano e con la mano regia.

Questa censura fu communicata da Cesare agl'elettori ecclesiastici, i quali l'approvarono, ma particolarmente quanto al capo della restituzione de' beni ecclesiastici, anzi l'affermarono necessaria, et altrimente non potersi ricuperare il colto divino, né conservare la religione, né sicurar bene la pace. E perché consta dello spoglio, il giusto vuole che si tratti con pochi termini. Al parer de' quali s'accostorono tutti i vescovi. I prencipi secolari, per non offendere Cesare, tacquero, et a loro essempio gli ambasciatori delle città parlarono poco, né di quel poco fu tenuto conto. Per la remonstranza del legato, ordinò Cesare un proemio al libro di questa sostanza: che mirando esso alla tranquillità di Germania aveva conosciuto non esser possibile introdurla, se non composti i dissidii della religione, onde sono nate le guerre e gli odii; e vedendo per ciò unico remedio un concilio generale in Germania, aveva operato che s'incomminciasse in Trento, et indotti tutti li stati dell'Imperio ad aderirvi e sottoporvisi: ma mentre pensa di non lasciare le cose sospese e confuse sino al celebrar del concilio, da alcuni grandi e zelanti gli fu presentata una formula, la quale avendo fatto essaminare a persone catoliche e dotte, l'hanno trovata non aborrente dalla religione catolica intendendola in buon senso, eccetto ne' due articoli della communione del calice e del matrimonio de' preti; perilché ricchiede dalli stati che sino al presente hanno osservato li statuti della Chiesa universale che perseverino in quelli, che come hanno promesso non mutino alcuna cosa, e quelli che hanno innovato, overo ritornino all'antico, o si conformino a quella confessione, ritirandosi a quella dove avessero trapassato, e si contentino di quella, non impugnandola, non insegnando, né scrivendo, né predicando in contrario, ma aspettando la dicchiarazione del concilio. E perché nell'ultimo capo si concede di levar le ceremonie superstiziose, riserva a sé la dicchiarazione di quel capo e di tutte le altre difficoltà che nascessero. Il decimoquinto giorno di maggio fu recitato il libro nel publico consesso: non si pigliarono i voti di tutti secondo il consueto, ma l'elettor solo si levò e, come in nome commune, ringraziò Cesare; il quale pigliò quel ringraziamento per un'approbazione et assenso di tutti. Da nissun fu parlato, ma a parte poi molti de' prencipi che già seguivano la confessione augustana dissero di non poterla accettare, et alcune delle città ancora dissero parole che significavano l'istesso, se ben per timor di Cesare non parlavano apertamente. Fu il libro per ordine dell'imperatore stampato in latino e tedesco, poi anco tradotto e stampato in italiano e francese.

 

 




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