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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro terzo
    • [Gli ordini ecclesiastici di Cesare eseguiti variamente]
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[Gli ordini ecclesiastici di Cesare eseguiti variamente]

Venuto il san Martino, con tutto che grandi fossero le confusioni di Germania, i concilii diocesani furono in molte città celebrati, ricevuta la riforma nuova dell'imperatore, mutata sola la forma, secondo che piú pareva convenire al modo di decretare di ciascuna diocese, senza però provisione per l'essecuzione, e parevano bene statuite per pura apparenza. Inanzi quaresima non fu tenuta alcuna sinodo provinciale, secondo il decreto imperiale. Nel principio di quaresima l'elettor di Colonia incomminciò la sua, e narrato il bisogno d'emendazione del clero, soggionse tutta la speranza esser stata posta nel concilio di Trento, che era principiato con qualche successo felice; qual speranza tutta perduta per l'inaspettata dilazione suscitata per le discordie de' padri nel trasferirlo, Cesare, per non mancar del suo debito, poiché ebbe con la guerra soggiogati i ribelli, restituí la dottrina e ceremonie catoliche, rimesse al concilio solamente la determinazione di doi articoli et ordinò la riformazione del clero, in essecuzione di che la sinodo, dopo molte trattazioni, per la dominica di Passione aveva stabilito una forma conveniente alla sua metropoli. Soggionse poi li decreti, in quali non è trattata alcuna materia di fede, ma solo i mezi di riformare, al numero di sei, la disciplina, la restaurazione delli studii, l'essame degl'ordinandi, l'ufficio di ciascun ordine, la visita, le sinodi, la restituzione della giurisdizzion ecclesiastica, con molti decreti in ciascun capo; sopra ciascun de' quali, fatto un longo discorso con molti precetti, cosa bella per speculativa trattazione, finalmente sono aggionti 38 capi per restituzione delle antiche ceremonie et usi ecclesiastici. I Paesi Bassi ereditarii dell'imperatore sono soggetti alla metropoli colognese; onde l'imperatore, ricevuto quello concilio e fattolo essaminare da' conseglieri e teologi suoi, lo approvò con sue lettere de' 4 luglio, commandò che per tutte le terre sue fosse ricevuto et osservato, imponendo a' magistrati che, ricercati, assistano all'essecuzione.

Non servò l'istesso stile Sebastiano elettore di Magonza, che ridotto nel concilio della provincia sua la terza settimana dopo Pasca, fece 48 decreti di dottrina di fede e 56 in materia di riforma. In quei capi della dottrina decisi dal concilio di Trento seguí l'istessa dottrina, negli altri l'opinione piú commune de' scolastici, astenendosi da luoghi fra loro controversi. Fra questi i capi 41 e 42 sono notabili, dove insegna e replica che le imagini non sono proposte per adorarle o prestargli colto alcuno, ma solo per ridur a memoria quello che si debbe adorare; e se in alcun luogo sarà fatto popolar concorso ad alcuna imagine e si vederà che gli uomini gli attribuiscano quasi qualche opinione della divinità, si debbia levar via o reponerne un'altra differente da quella in quantità, acciò il popolo non si persuada a credere che Dio et i santi s'inducano a far quello che gli è dimandato per mezo di quell'imagine e non altrimente. Né di minor avvertenza è degno il 55, dove asserisce che i santi debbono esser onorati, ma con colto di società e dilezzione, come anco possono esser legitimamente onorati i santi uomini in questa vita, se non che piú divotamente si doveranno onorar i santi beati, come quelli che sono in stato piú sicuro: le qual esplicazioni ben considerate mostrano quanto fossero in quei tempi differenti le opinioni de' prelati di Germania catolici da quelle della corte romana e dalla prattica che s'è introdotta dopo il concilio di Trento. E ciascun, preso essempio da questo concilio che ha decretato tanti articoli della religione, potrà certificarsi quanto sia vero quello che tante volte hanno fatto dir i pontefici in Germania: che le cose della religione non si possono trattare in un concilio nazionale. E se ben maggior fondamento si può fare sopra diversi concilii provinciali celebrati in Africa, Egitto e Soria et altri luoghi orientali, nondimeno questo, come moderno, quantonque non cosí rilevante, provocherà forse piú l'avvertenza del lettore. L'elettor di Treviri ancora celebrò la sinodo sua, e gli altri metropolitani non partiti dalla communione del pontefice, tutti publicando gl'editti imperiali d'Augusta, cosí per la interreligione, come per la riforma ecclesiastica.

I noncii, che sino l'anno inanzi furono dal papa destinati e differiti per le cause dette, si posero in viaggio per Germania, dove, per qual si voglia luogo che passavano, furono sprezzati da' catolici medesimi: cosí per i dispareri con Cesare e li modi usati, era venuto esoso il nome del pontefice e l'abito et insegne d'ogni ministro suo; e finalmente, nel fine di maggio, andarono a Cesare ne' Paesi Bassi, dove dopo molta discussione del modo d'esseguir le commissioni del pontefice, trovando difficoltà in qualonque de' proposti, o per l'una o per l'altra parte, in fine risolvé l'imperatore che, essendo loro data la facoltà dal pontefice di sostituire, sostituissero li vescovi, ciascuno nella diocese loro, et altri principali prelati in altre giurisdizzioni, rimettendo il tutto alla conscienza di quelli. Non molto prontamente fu ricevuto il partito da' noncii; con tutto ciò, condescendendo essi, si fece stampar un indulto sotto i nomi de' tre noncii, lasciato in bianco il nome del prelato a chi si dovesse indrizzare, et inserto prima tutto 'l tenore della bolla papale et allegato per causa del sostituire il non poter esser in ogni luogo, communicarono la loro autorità, con avvertenza di non conceder la communione del calice e l'uso della carne, se non con gran maturità et utilità evidente, proibendo che per quelle grazie non si facesse pagar cosa alcuna. Cesare pigliò l'assonto di mandarle a chi e dove occorreva, e dovunque le inviava, faceva intendere che si trattasse con piacevolezza e destrezza. Leggierissimo fu l'uso di queste facoltà, perché chi perseverava nell'obedienza ponteficia, non ne aveva bisogno, e chi s'era alienato, non solo non curava la grazia, ma la rifiutava ancora. Pochi giorni dopo partí Ferentino; Fano e Verona restarono appresso Cesare, sinché da Giulio III fu mandato l'arcivescovo sipontino, come a suo luogo si dirà.

 

 




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