[Gli ordini ecclesiastici di Cesare
eseguiti variamente]
Venuto il san Martino, con tutto che
grandi fossero le confusioni di Germania, i concilii diocesani furono in molte
città celebrati, ricevuta la riforma nuova dell'imperatore, mutata sola la
forma, secondo che piú pareva convenire al modo di decretare di ciascuna
diocese, senza però provisione per l'essecuzione, e parevano bene statuite per
pura apparenza. Inanzi quaresima non fu tenuta alcuna sinodo provinciale,
secondo il decreto imperiale. Nel principio di quaresima l'elettor di Colonia
incomminciò la sua, e narrato il bisogno d'emendazione del clero, soggionse
tutta la speranza esser stata posta nel concilio di Trento, che era principiato
con qualche successo felice; qual speranza tutta perduta per l'inaspettata
dilazione suscitata per le discordie de' padri nel trasferirlo, Cesare, per non
mancar del suo debito, poiché ebbe con la guerra soggiogati i ribelli, restituí
la dottrina e ceremonie catoliche, rimesse al concilio solamente la
determinazione di doi articoli et ordinò la riformazione del clero, in
essecuzione di che la sinodo, dopo molte trattazioni, per la dominica di
Passione aveva stabilito una forma conveniente alla sua metropoli. Soggionse
poi li decreti, in quali non è trattata alcuna materia di fede, ma solo i mezi
di riformare, al numero di sei, la disciplina, la restaurazione delli studii,
l'essame degl'ordinandi, l'ufficio di ciascun ordine, la visita, le sinodi, la
restituzione della giurisdizzion ecclesiastica, con molti decreti in ciascun
capo; sopra ciascun de' quali, fatto un longo discorso con molti precetti, cosa
bella per speculativa trattazione, finalmente sono aggionti 38 capi per
restituzione delle antiche ceremonie et usi ecclesiastici. I Paesi Bassi
ereditarii dell'imperatore sono soggetti alla metropoli colognese; onde
l'imperatore, ricevuto quello concilio e fattolo essaminare da' conseglieri e
teologi suoi, lo approvò con sue lettere de' 4 luglio, commandò che per tutte
le terre sue fosse ricevuto et osservato, imponendo a' magistrati che,
ricercati, assistano all'essecuzione.
Non servò l'istesso stile Sebastiano
elettore di Magonza, che ridotto nel concilio della provincia sua la terza
settimana dopo Pasca, fece 48 decreti di dottrina di fede e 56 in materia di
riforma. In quei capi della dottrina decisi dal concilio di Trento seguí
l'istessa dottrina, negli altri l'opinione piú commune de' scolastici,
astenendosi da luoghi fra loro controversi. Fra questi i capi 41 e 42 sono
notabili, dove insegna e replica che le imagini non sono proposte per adorarle
o prestargli colto alcuno, ma solo per ridur a memoria quello che si debbe
adorare; e se in alcun luogo sarà fatto popolar concorso ad alcuna imagine e si
vederà che gli uomini gli attribuiscano quasi qualche opinione della divinità,
si debbia levar via o reponerne un'altra differente da quella in quantità,
acciò il popolo non si persuada a credere che Dio et i santi s'inducano a far
quello che gli è dimandato per mezo di quell'imagine e non altrimente. Né di
minor avvertenza è degno il 55, dove asserisce che i santi debbono esser
onorati, ma con colto di società e dilezzione, come anco possono esser
legitimamente onorati i santi uomini in questa vita, se non che piú divotamente
si doveranno onorar i santi beati, come quelli che sono in stato piú sicuro: le
qual esplicazioni ben considerate mostrano quanto fossero in quei tempi
differenti le opinioni de' prelati di Germania catolici da quelle della corte
romana e dalla prattica che s'è introdotta dopo il concilio di Trento. E
ciascun, preso essempio da questo concilio che ha decretato tanti articoli
della religione, potrà certificarsi quanto sia vero quello che tante volte
hanno fatto dir i pontefici in Germania: che le cose della religione non si possono
trattare in un concilio nazionale. E se ben maggior fondamento si può fare
sopra diversi concilii provinciali celebrati in Africa, Egitto e Soria et altri
luoghi orientali, nondimeno questo, come moderno, quantonque non cosí
rilevante, provocherà forse piú l'avvertenza del lettore. L'elettor di Treviri
ancora celebrò la sinodo sua, e gli altri metropolitani non partiti dalla
communione del pontefice, tutti publicando gl'editti imperiali d'Augusta, cosí
per la interreligione, come per la riforma ecclesiastica.
I noncii, che sino l'anno inanzi furono
dal papa destinati e differiti per le cause dette, si posero in viaggio per
Germania, dove, per qual si voglia luogo che passavano, furono sprezzati da'
catolici medesimi: cosí per i dispareri con Cesare e li modi usati, era venuto
esoso il nome del pontefice e l'abito et insegne d'ogni ministro suo; e
finalmente, nel fine di maggio, andarono a Cesare ne' Paesi Bassi, dove dopo
molta discussione del modo d'esseguir le commissioni del pontefice, trovando difficoltà
in qualonque de' proposti, o per l'una o per l'altra parte, in fine risolvé
l'imperatore che, essendo loro data la facoltà dal pontefice di sostituire,
sostituissero li vescovi, ciascuno nella diocese loro, et altri principali
prelati in altre giurisdizzioni, rimettendo il tutto alla conscienza di quelli.
Non molto prontamente fu ricevuto il partito da' noncii; con tutto ciò,
condescendendo essi, si fece stampar un indulto sotto i nomi de' tre noncii,
lasciato in bianco il nome del prelato a chi si dovesse indrizzare, et inserto
prima tutto 'l tenore della bolla papale et allegato per causa del sostituire
il non poter esser in ogni luogo, communicarono la loro autorità, con
avvertenza di non conceder la communione del calice e l'uso della carne, se non
con gran maturità et utilità evidente, proibendo che per quelle grazie non si
facesse pagar cosa alcuna. Cesare pigliò l'assonto di mandarle a chi e dove
occorreva, e dovunque le inviava, faceva intendere che si trattasse con
piacevolezza e destrezza. Leggierissimo fu l'uso di queste facoltà, perché chi
perseverava nell'obedienza ponteficia, non ne aveva bisogno, e chi s'era
alienato, non solo non curava la grazia, ma la rifiutava ancora. Pochi giorni
dopo partí Ferentino; Fano e Verona restarono appresso Cesare, sinché da Giulio
III fu mandato l'arcivescovo sipontino, come a suo luogo si dirà.
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