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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro quarto
    • [Gli ambasciatori cesarei s'interpongono appo i presidenti per richieder salvocondotto del concilio e far soprassedere il trattar le materie]
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[Gli ambasciatori cesarei s'interpongono appo i presidenti per richieder salvocondotto del concilio e far soprassedere il trattar le materie]

Ma il conte di Montfort, vedendo trattarsi di materia tanto controversa, e massime della communione del calice, che era la piú palpabile e popolare e da tutti intesa, giudicò che se quella fosse determinata, non s'averebbe potuto indur i protestanti a venir al concilio e tutta l'opera sarebbe riuscita vana; e communicato il pensiero suo co' colleghi e con gl'ambasciatori di Ferdinando, andarono tutti insieme a' presidenti, e fatta prima longa narrazione delle fatiche fatte da Cesare et in guerra e col negozio per far sottometter i protestanti al concilio, il che non s'averebbe potuto effettuare senza che vi fossero intervenuti, mostrò che a questo bisognava principalmente attendere; e perciò Cesare aveva dato loro salvocondotto. Ma di tanto non si contentavano, allegando il concilio di Costanza aver decretato, et in fatto anco esseguito, che il concilio non sia obligato per salvocondotto dato per qual si voglia, onde ricercavano uno della medesima sinodo, quale da Cesare gli era stato promesso e dato carico ad essi ambasciatori d'ottenerlo dalla sinodo. Al che avendo il legato dato risposta con molte parole di complimento, ma rimessosi alla sessione che si farebbe, e questo per aver tempo di darne conto a Roma, soggionse il conte per la medesima causa non gli parer opportuno che inanzi la loro venuta si trattassero le materie controverse dell'eucaristia; che non mancavano le cose della riforma da trattare overo altre in quali non vi fosse differenza. Rispose il legato che già era deliberato di trattare dell'eucaristia, né s'averebbe potuto far altro, essendo per inanzi concluso che del pari andassero in ogni sessione i decreti della fede e della riforma, e la materia dell'eucaristia seguire necessariamente dopo quella della confermazione, che ultima fu trattata, prima che andar a Bologna; ma però quella era piú tosto controversa co' svizzeri zuingliani che co' protestanti, che non erano sacramentarii come quelli. Saltò il conte alla communione del calice e mostrò che, quando fosse deciso quel punto contra loro, da tutto il popolo inteso e dove fa maggior insistenza, era impossibile trattar piú di ridurgli. Che anco Cesare nel decreto dell'interreligione fu costretto accommodarsi in questo; però essi ancora volessero differirlo alla venuta de' protestanti. Il legato non repugnò, ma la passò con parole generali et inconcludenti, per intender prima sopra di questo il voler del pontefice, al quale diede conto di tutte le cose trattate da' teologi e delli anatematismi formati, et anco di quello che si era divisato in materia di riforma, di che di sotto si dirà: e poi avisò le due ricchieste degl'ambasciatori imperiali, ricercando risposta.

Il pontefice mise le cose in consulta: quanto al salvocondotto trovò varietà d'opinioni. Non volevano alcuni che si dasse, allegando che mai era stato fatto, se non dal basileense, che non era bene in cosa alcuna imitare, e che era gran pregiudicio obligarsi a' ribelli; e poi, quando vi fosse stata speranza di guadagnargli, tutto s'averebbe potuto comportare, ma niente esservene; anzi piú tosto, in luogo di quella, potersi con raggione temer che qualcuno fosse sovvertito, come è avvenuto a Vergerio e, se non in tutto, almeno in qualche parte; dalla qual contagione prelati principalissimi et obligatissimi alla Santa Sede non sono stati essenti. Dall'altra parte si diceva che non per speranza di convertirgli, la qual era perduta a fatto, ma per non lasciargli luogo di scusa, conveniva dargli ogni sodisfazzione; ma piú perché l'imperatore averebbe per gl'interessi suoi fatto maggior instanza e sarebbe stato necessario compiacerlo in quel tempo, quando, stante l'alienazione del re di Francia, bisognava depender totalmente da lui: e quello che si prevedeva dover fare per forza era meglio, prevenendo, farlo di volontà; e quanto a' pregiudicii si poteva dar tal forma che fosse di nissuna o di leggier obligazione: prima non descendendo a nominar protestanti, ma in generale ecclesiastici e secolari della nazione germanica d'ogni condizione, perché cosí, sotto le parole generali, si potrà dire che sono compresi e si potrà anco difender che sia inteso de' soli catolici e non di loro, allegando che per essi sarebbe stata necessaria una specifica et espressa menzione; poi la sinodo concederà il salvocondotto quanto a lei, e sarà riservata l'autorità del papa; e poi si potrà deputar giudici sopra le colpe commesse e per non insospettirgli lasciar a loro l'eletta: onde si ritenerebbe il vigor della disciplina e l'autorità di punire, e non si mostrerà di cedere o rimettere cosa alcuna. Prevalse questa opinione appresso al papa e fece secondo quella forma la minuta del salvocondotto, e fece risponder al legato lodando la prudenza nelle risposte date e risolvendo che il salvocondotto fosse concesso nella forma che gli mandava e fosse differita la materia del calice ad effetto d'aspettargli, ma non oltra 3 mesi o poco piú, non stando tra tanto oziosi, ma facendo una sessione intermedia con trattar della penitenza, la qual non si differisce oltra 40 giorni o poco piú. Gli avvertí anco che i canoni in materia dell'eucaristia erano troppo pieni e che meglio sarebbe dividergli.

 

 




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