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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro quarto
    • [Tenor del salvocondotto. Gli ambasciatori di Brandeburg]
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[Tenor del salvocondotto. Gli ambasciatori di Brandeburg]

Il tenore del salvocondotto era: che la santa sinodo concede publica fede, piena sicurezza, cioè salvocondotto con tutte le clausule necessarie et opportune, ancorché ricercassero special espressione, per quanto s'aspetta ad essa, a tutte le persone ecclesiastiche e secolari di Germania, di qualonque grado, stato e qualità siano, le quali vorranno venir a questo general concilio, che possino con ogni libertà conferire, proponere e trattare, venire, stare, presentar articoli, o in scrittura, o in parola, conferire co' padri deputati dalla sinodo e disputare senza ingiuria e villanie, e partirsi quando a loro piacerà. Compiacendosi inoltra essa sinodo che, se per maggior loro libertà e sicurtà desidereranno che gli siano deputati giudici per i delitti commessi o che commetteranno, ancorché fossero enormi e sentissero d'eresia, possino nominare quelli che averanno per benevoli.

Dopo di questo fu letto il mandato di Gioachin, elettore di Brandeburg, nelle persone di Cristoforo Strassen, iurisconsulto, e Giovanni Offmanno, mandati ambasciatori al concilio. Dal primo fu fatta una longa orazione, mostrando la buona volontà e la riverenza del suo prencipe verso i padri, senza decchiararsi piú oltre quello che sentisse in materia della religione. Fu risposto dalla sinodo, cioè dal promotore per suo nome, aver sentito con gran piacer il raggionamento dell'ambasciatore, e massime in quella parte dove quel prencipe si sottomette al concilio e promette d'osservare i decreti, sperando che alla promessa sarà corrisposto anco con fatti. Ma la proposta de' brandeburgici fu notata da molti, perché l'elettore era della confessione augustana e si sapeva chiaro che gl'interessi lo movevano ad operare cosí per bella apparenza, acciò da Roma e da' catolici di Germania fosse cessato dagl'impedimenti che mettevano a Federico, suo figlio, eletto arcivescovo di Macdeburg da' canonici, beneficio al quale è gionto un principato molto grande e ricco. La risposta data dal concilio non fu meno ammirata per una bellissima et avvantaggiosissima maniera di contrattare, stipulando 10 e, per virtú della promessa, pretendendo 10000, e non minor proporzione è da quel numero a questo, che dalla riverenza promessa dall'elettore alla soggezzione ricevuta dalla sinodo. Si diceva ben in difesa che la sinodo non aveva guardato alle cose dette, ma a quelle che si dovevano dire, e questo esser un solito e pio allettamento della santa Chiesa romana, che condescendendo alla debolezza de' figli, mostra aver inteso che abbiano complito al loro debito: cosí avendo i padri del concilio cartaginese scritto a papa Innocenzio I, dandogli conto d'aver condannato Celestino e Pelagio, ricercandolo che si conformasse alla dicchiarazione loro; egli rispose lodandogli che, come memori dell'antica tradizione e dell'ecclesiastica disciplina, avessero riferito il tutto al giudicio suo, dal quale tutti debbono imparare chi assolvere e chi condannare. E veramente questo è un modo grazioso di far dir agl'uomini con silenzio quello che non vogliono con parole.

Poi, seguendo l'intimazione fatta dall'abbate di Bellosana di essibirgli in questo tempo la risposta alle lettere e protestazione regia, fu da' cursori proclamato alla porta della Chiesa se alcuno era per il re Cristianissimo; ma non comparso alcuno, perché il conseglio regio aveva giudicato che alcuno non comparisse, per non entrar in contestazione di causa, massime non potendo aspettare risposta se non formata in Roma dal papa e da' spagnuoli, fece il promotor instanza che la risposta decretata fosse publicamente letta, e cosí acconsentendo i presidenti, si essequí. La sostanza di quella fu che i padri, dopo aver concetto una gran speranza ne' favori del re, avevano sentito grandissimo dispiacere per le parole del noncio suo, che gliel'aveva sminuita; però non l'avevano perduta a fatto, sapendo di non avergli dato causa alcuna di restar offeso, e quanto a quello che disse, esser il concilio congregato per utilità d'alcuni pochi e per fini privati, non aver luogo in loro, che non dal papa presente solo, ma anco da Paolo III furono congregati per estirpar l'eresie e riformare la disciplina, che non può esser causa piú commune e piú pia. Pregavanlo di lasciar andar i suoi vescovi ad aiutare questa santa opera, dove averanno ogni libertà; e se con pazienza, et attenzione fu udito il suo noncio, con tutto che persona privata e che portava cose dispiacevoli, quanto maggiormente persone di tanta degnità saranno ben vedute? Soggiongendo però che anco senza quelli il concilio averà la sua degnità et autorità, essendo legitimamente convocato e per giuste cause restituito. E quanto a quello che Sua Maestà protestò, di usare i rimedii costumati da' suoi maggiori, aver la sinodo buona speranza che non fosse per rimetter in piedi le cose già abrogate con grande beneficio di quella corona, ma risguardando a' suoi maggiori, al nome del re Cristianissimo et al padre Francesco, che onorò quella sinodo, seguitando quell'essempio, non vorrà esser ingrato a Dio et alla madre Chiesa, ma piú tosto per le cause publiche condonerà le offese private.

 

 




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