[Tenor del decreto formato sopra la
penitenza]
Era adonque il decreto che, quantonque
trattando della giustificazione si fosse molto parlato del sacramento della
penitenza, nondimeno per estirpar diversi errori di questa età conveniva
illustrar la verità catolica, la qual la santa sinodo propone da osservare
perpetuamente a tutti i cristiani; soggiongendo che la penitenza fu sempre
necessaria in ogni secolo, e dopo Cristo anco a quelli che hanno da ricever il
battesmo, ma questa non è sacramento. Ve n'è un'altra, instituita da Cristo,
quando soffiando verso i discepoli gli diede lo Spirito Santo per rimettere e
ritener i peccati, cioè riconciliare i fedeli caduti in peccato dopo il
battesimo; che cosí ha sempre inteso la Chiesa e la santa sinodo approva questo
esser il senso delle parole del Signore, condannando quelli che le intendono
esser dette per la potestà di predicar l'Evangelio. Questo sacramento esser
differente dal battesmo, oltra che la materia e la forma dell'uno e dell'altro
sono diverse, perché il ministro del battesmo non è giudice, ma il peccatore,
dopo il battesmo, si presenta inanzi al tribunal del sacerdote come reo, per
esser liberato con la sentenza di quello; e per il battesmo si receve
un'intiera remissione de' peccati, dove per la penitenza non si riceve senza
pianti e fatiche. E questo sacramento è cosí necessario a' peccatori dopo il
battesmo, come il battesmo medesimo a chi non l'ha ancora ricevuto. Ma la forma
di esso sta nelle parole del ministro: «Io ti assolvo», alle quali sono
aggionte altre preghiere lodevolmente, se ben non necessarie; e la quasi
materia di esso sacramento sono la contrizione, confessione e sodisfazzione,
che per ciò sono chiamate parti della penitenza. La cosa significata e
l'effetto del sacramento è la riconciliazione con Dio, dalla quale ne nasce
qualche volta la pace e serenità di conscienza, e perciò la sinodo condanna
quelli che pongono le parti della penitenza li spaventi della conscienza e la
fede. La contrizione è un dolor d'animo per il peccato commesso, con proposito
di non peccar piú, e fu sempre necessaria in ogni tempo; ma nel peccatore dopo
il battesmo è preparazione alla remissione de' peccati, quando sia congionto
col proposito di far tutto quello testo che si ricchiede per ricevere legitimamente
questo sacramento. La contrizione non è il solo cessar dal peccato overo il
proponimento o principio di nuova vita, ma anco insieme odio della passata. E
quantonque alle volte la contrizione si congionga con la carità e reconcili
l'uomo a Dio inanzi che ricevuto il sacramento, nondimeno non se gli può
ascriver questa virtú senza il proposito di riceverlo. Ma l'attrizione, che
nasce o per la bruttezza del peccato o per il timor della pena con speranza di
perdono non è ipocrisia, ma dono di Dio, dal quale il penitente aiutato
s'incamina a ricever la giustizia, e se ben quella non può senza sacramento
condur alla giustificazione, dispone nondimeno ad impetrar la grazia da Dio nel
sacramento della penitenza. Dalle qual cose la Chiesa ha sempre inteso che Cristo
abbia instituito la confessione intiera de' peccati come necessaria per legge
divina a' caduti dopo il battesmo; perché, avendo instituito i sacerdoti suoi
vicarii giudici di tutti i peccati mortali, certa cosa è che non possono
essercitar il giudicio senza cognizione della causa, né servar l'equità
nell'imponere le pene, se i peccati non gli sono manifestati singolarmente e
non in genere; perilché il penitente nella confessione debbe narrar tutti i
peccati mortali, eziandio occultissimi, poiché i veniali, se ben si possono
confessare, si possono anco tacer senza colpa. Ma di qua anco nasce che è
necessario d'esplicar in confessione le circonstanze che mutano specie, non
potendosi altramente giudicar la gravezza degli eccessi et imponer condegna
pena; onde è cosa empia dire che questa sorte di confessione sia impossibile o
che sia una carnificina della conscienza perché non si ricerca altro se non che
il peccatore, dopo aversi diligentemente essaminato, confessi quello che si
raccorda, poiché i smenticati s'intendono inclusi nella medesima confessione. E
se ben Cristo non ha proibito la publica confessione, non l'ha però commandata,
né sarebbe utile il commandare che i peccati, massime secreti, si confessassero
in publico; onde avendo i padri sempre lodato la confessione sacramentale
secreta, viene ributtata la vana calonnia di quelli che la chiamano invenzione
umana, escogitata dal concilio lateranense, il quale non ordinò la confessione,
ma ben che quella fosse esseguita almeno una volta all'anno. Ma quanto al
ministro, dicchiara la sinodo esser false quelle dottrine che estendono a tutti
i fedeli il ministerio delle chiavi e l'autorità data da Cristo di ligare e
sciogliere, rimettere e ritenere i peccati publici con la correzzione et i
secreti per confessione spontanea, et insegna che i sacerdoti, ancorché
peccatori, hanno l'autorità di rimetter i peccati, la qual non è un nudo
ministerio di dicchiarar che i peccati sono rimessi, ma un atto giudiciale;
perilché nissun debbe fondarsi sopra la sua fede, riputando che senza
contrizione e senza il sacerdote, che abbia animo d'assolverlo, possi aver la
remissione. Ma perché la sentenza è nulla pronunciata contra chi non è suddito,
è nulla anco l'assoluzione del sacerdote che non abbia autorità delegata o ordinaria
sopra i penitenti; et anco i maggiori sacerdoti raggionevolmente riservano a sé
alcuni delitti piú gravi e meritamente lo fa il papa, e non è da dubitare che i
vescovi non lo possino fare, ciascuno nella sua diocesi. E questa riserva non è
per sola polizia esterna, ma è di vigore anco inanzi a Dio. Però fu sempre
osservato nella Chiesa che in articolo di morte tutti i sacerdoti possino
assolver ogni penitente da qualonque caso. Della satisfazzione la sinodo cosí
dicchiara: che, rimessa la colpa, non è condonata tutta la pena, non essendo
conveniente che con tanta facilità sia ricevuto in grazia chi ha peccato inanzi
il battesmo, come dopo, e sia lasciato il peccatore senza freno che lo ritiri
da gl'altri peccati; anzi convenendo che s'assimigli a Cristo, che patendo pene
satisfece per noi, dal quale ricevono anco forza le satisfazzioni nostre, come
da lui offerte al Padre e per sua intercessione ricevute; però debbono i
sacerdoti imponer le satisfazzioni convenienti, risguardando non solo a
custodir il penitente da nuovi peccati, ma anco a castigar i passati:
dicchiarando nondimeno che si satisfà non solo con le pene spontaneamente
ricevute overo imposte dal sacerdote, ma ancora con sopportar in pazienza i
flagelli mandati dalla Maestà divina.
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