[Ambasciata di Vittemberga al concilio.
Cesare viene a Ispruc]
Mentre che si trattavano queste materie,
gionsero in Trento Giovanni Teodorico Pleniagoro e Giovanni Eclino, mandati
ambasciatori dal duca di Vittemberga al concilio con ordine che dovessero
presentare publicamente la confessione della loro dottrina, della quale di
sopra s'è parlato, et insieme dire che sarebbono andati teologi per esplicarla
piú copiosamente e difenderla, purché gli fosse data sicurezza e salvocondotto,
secondo la forma del concilio basileense. Questi si presentarono al conte di
Montfort, ambasciatore cesareo, mostrarono il loro mandato e dissero aver
commissione di proponer alcune cose in concilio. Il che dal conte riferito al
legato, egli rispose che, sí come gl'altri ambasciatori inanzi ad ogni altra
cosa si presentano a' presidenti per nome del pontefice e gli significano la
somma dell'ambasciaria, cosí dovevano far i vittembergici; però andassero, che
egli gl'averebbe ricevuto con ogni umanità. Il conte fece la risposta, della
quale non si contentarono, dicendo questo essere a punto uno de' capi
ricchiesti in Germania che nel concilio il papa non presedesse, al che non
volendo contravenire senza ordine del suo prencipe, averebbono scritto et
aspettato risposta. Provò il conte con destro modo di sottrar quel tutto che il
loro carico portava per avisarne il legato. Ma i vittembergici, stando sopra i
generali, non uscirono a specificazione alcuna. Il legato diede immediate aviso
a Roma, ricercando il modo di governarsi, massime che s'intendeva doverne venir
altri ancora.
Ma nel principio di novembre Cesare, per
esser piú vicino al concilio et alla guerra di Parma, si trasferí in Ispruc,
non piú distante da Trento di tre giornate e di strada anco assai commoda, in
modo che poteva dagli ambasciatori suoi, occorrendo, esser in un giorno
avisato. Ebbe il pontefice nuova tutt'insieme dell'arrivo dell'imperatore e de'
vittembergici; e se ben si fidava delle promesse di Cesare fattegli inanzi la
convocazione del concilio e replicate tante volte, e ne vedeva effetti, perché
gl'ambasciatori imperiali raffrenavano i spagnuoli quando mostravano troppo
ardire in sostentar l'autorità episcopale, e gl'interessi communi contra il re
di Francia persuadevano a credere che dovesse perseverare; nondimeno essendogli
alle orecchie penetrato qualche cosa trattata in Germania, aveva anco qualche
gelosia che, o per necessità, o per qualche grand'opportunità che gl'affari
potessero portare, non mutasse opinione. Prese però in se medesimo confidenza,
considerando che, se la Germania passava a guerra, non si sarebbe tenuto conto
di concilio, durante la pace, che egli aveva gli ecclesiastici tedeschi dalla
parte sua et i prelati italiani, il numero de' quali gli era facile aumentare,
spingendo là tutti quelli che erano in corte, et il legato ben risoluto e che,
pieno di speranza di papato, opererebbe come per se medesimo, et il noncio
sipontino affezzionatissimo alla persona sua, e finalmente esser sempre aperto
l'adito di riconciliarsi con Francia, cosa da quel re desiderata; col mezo del
quale e de' prelati del suo regno poteva ovviar ad ogni tentativo che contra
l'autorità sua fosse fatto.
Rispose al legato che poca instruzzione
poteva dar di piú a lui che era stato non solo consapevole, ma anco autor
principale delle trattazioni passate nel formar la bolla della convocazione;
raccordassesi che studiosamente furono approvate in quella le cose decretate
sotto Paolo; che fu detto al pontefice appartenere non solo il convocare, ma
l'indrizzare i concilii e presedervi col mezo de' ministri suoi; non lasciasse
fare alcun foro pregiudiciale ad alcuna di queste; del rimanente si governasse
sul fatto; raccordogli di fuggir i consegli medii et i temperamenti come la
peste, quando d'alcuna d'esse si tratterà, ma immediate che la difficoltà
nasca, debbia romper afatto, senza aspettar che gl'avversarii abbiano adito di
penetrare. Che non voleva caricarlo di adossarsi translazione o dissoluzione
del concilio, ma quando avesse veduto il bisogno, avisasse in diligenza. Del
rimanente mettesse sempre a campo piú materia che fosse possibile de' dogmi,
per far piú buoni effetti: l'uno disperar i luterani di poter trovar modo di
concordia, se non sottomettendosi afatto, et interressar anco i prelati
maggiormente contra di loro; far che questi occupati non avessero tempo di
pensar alla materia di riforma e dar anco presta espedizione al concilio, capo
importantissimo, essendo sempre in pericolo di qualche inconveniente mentre dura;
e quando si vedesse costretto a dar loro qualche sodisfazione per ampliar
l'autorità episcopale condescendesse, stando però indietro quanto fosse
possibile; perché, quando ben si concedesse qualche cosa pregiudiciale alla
corte, come alquante erano concesse sin allora, restando l'autorità pontificale
intiera, restava insieme modo di ritornar facilmente le cose allo stato di
prima.
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