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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro quarto
    • [Ambasciata di Vittemberga al concilio. Cesare viene a Ispruc]
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[Ambasciata di Vittemberga al concilio. Cesare viene a Ispruc]

Mentre che si trattavano queste materie, gionsero in Trento Giovanni Teodorico Pleniagoro e Giovanni Eclino, mandati ambasciatori dal duca di Vittemberga al concilio con ordine che dovessero presentare publicamente la confessione della loro dottrina, della quale di sopra s'è parlato, et insieme dire che sarebbono andati teologi per esplicarla piú copiosamente e difenderla, purché gli fosse data sicurezza e salvocondotto, secondo la forma del concilio basileense. Questi si presentarono al conte di Montfort, ambasciatore cesareo, mostrarono il loro mandato e dissero aver commissione di proponer alcune cose in concilio. Il che dal conte riferito al legato, egli rispose che, come gl'altri ambasciatori inanzi ad ogni altra cosa si presentano a' presidenti per nome del pontefice e gli significano la somma dell'ambasciaria, cosí dovevano far i vittembergici; però andassero, che egli gl'averebbe ricevuto con ogni umanità. Il conte fece la risposta, della quale non si contentarono, dicendo questo essere a punto uno de' capi ricchiesti in Germania che nel concilio il papa non presedesse, al che non volendo contravenire senza ordine del suo prencipe, averebbono scritto et aspettato risposta. Provò il conte con destro modo di sottrar quel tutto che il loro carico portava per avisarne il legato. Ma i vittembergici, stando sopra i generali, non uscirono a specificazione alcuna. Il legato diede immediate aviso a Roma, ricercando il modo di governarsi, massime che s'intendeva doverne venir altri ancora.

Ma nel principio di novembre Cesare, per esser piú vicino al concilio et alla guerra di Parma, si trasferí in Ispruc, non piú distante da Trento di tre giornate e di strada anco assai commoda, in modo che poteva dagli ambasciatori suoi, occorrendo, esser in un giorno avisato. Ebbe il pontefice nuova tutt'insieme dell'arrivo dell'imperatore e de' vittembergici; e se ben si fidava delle promesse di Cesare fattegli inanzi la convocazione del concilio e replicate tante volte, e ne vedeva effetti, perché gl'ambasciatori imperiali raffrenavano i spagnuoli quando mostravano troppo ardire in sostentar l'autorità episcopale, e gl'interessi communi contra il re di Francia persuadevano a credere che dovesse perseverare; nondimeno essendogli alle orecchie penetrato qualche cosa trattata in Germania, aveva anco qualche gelosia che, o per necessità, o per qualche grand'opportunità che gl'affari potessero portare, non mutasse opinione. Prese però in se medesimo confidenza, considerando che, se la Germania passava a guerra, non si sarebbe tenuto conto di concilio, durante la pace, che egli aveva gli ecclesiastici tedeschi dalla parte sua et i prelati italiani, il numero de' quali gli era facile aumentare, spingendo tutti quelli che erano in corte, et il legato ben risoluto e che, pieno di speranza di papato, opererebbe come per se medesimo, et il noncio sipontino affezzionatissimo alla persona sua, e finalmente esser sempre aperto l'adito di riconciliarsi con Francia, cosa da quel re desiderata; col mezo del quale e de' prelati del suo regno poteva ovviar ad ogni tentativo che contra l'autorità sua fosse fatto.

Rispose al legato che poca instruzzione poteva dar di piú a lui che era stato non solo consapevole, ma anco autor principale delle trattazioni passate nel formar la bolla della convocazione; raccordassesi che studiosamente furono approvate in quella le cose decretate sotto Paolo; che fu detto al pontefice appartenere non solo il convocare, ma l'indrizzare i concilii e presedervi col mezo de' ministri suoi; non lasciasse fare alcun foro pregiudiciale ad alcuna di queste; del rimanente si governasse sul fatto; raccordogli di fuggir i consegli medii et i temperamenti come la peste, quando d'alcuna d'esse si tratterà, ma immediate che la difficoltà nasca, debbia romper afatto, senza aspettar che gl'avversarii abbiano adito di penetrare. Che non voleva caricarlo di adossarsi translazione o dissoluzione del concilio, ma quando avesse veduto il bisogno, avisasse in diligenza. Del rimanente mettesse sempre a campo piú materia che fosse possibile de' dogmi, per far piú buoni effetti: l'uno disperar i luterani di poter trovar modo di concordia, se non sottomettendosi afatto, et interressar anco i prelati maggiormente contra di loro; far che questi occupati non avessero tempo di pensar alla materia di riforma e dar anco presta espedizione al concilio, capo importantissimo, essendo sempre in pericolo di qualche inconveniente mentre dura; e quando si vedesse costretto a dar loro qualche sodisfazione per ampliar l'autorità episcopale condescendesse, stando però indietro quanto fosse possibile; perché, quando ben si concedesse qualche cosa pregiudiciale alla corte, come alquante erano concesse sin allora, restando l'autorità pontificale intiera, restava insieme modo di ritornar facilmente le cose allo stato di prima.

 

 




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