[Argentina et altre città mandano al
concilio. Massimiliano, passando per Trento, ode le querele de' protestanti]
Andarono in questo tempo a Trento
ambasciatori della città d'Argentina, e di 5 altre insieme, con instruzzione di
presentar la loro dottrina. Questi adoperarono Vielmo Pittavio, terzo
ambasciatore cesareo, il quale per non incontrar nelle difficoltà occorse al
collega, pigliò il loro mandato e gli confortò ad aspettar pochi giorni, sin
che lo mandasse a Cesare e ricevesse da lui risposta, perché in questa guisa si
caminerebbe con piede fermo. Questo fu causa che anco i vittembergici si
fermarono, e l'ambasciatore scrisse a Cesare dando conto della risoluzione del
legato e mostrando quanto fosse contra la degnità della Maestà Sua che non si
tenesse conto d'una cosí onesta e giusta parola data da lei. Ma Cesare, volendo
rimediare all'indegnità che riceveva e cavar anco frutto dal concilio con
destro modo, aspettando gl'ambasciatori dell'elettor di Sassonia in breve,
scrisse che gl'altri fossero trattenuti sino al loro arrivo, certificandogli
che allora sarebbono stati uditi e conferito con essi loro con ogni carità.
Al 13 di decembre passò per Trento
Massimiliano, figliuolo di Ferdinando, con la moglie e figliuoli, e fu
incontrato dal legato e da' prelati italiani e spagnuoli e da alcuni germani
ancora. I prencipi elettori non l'incontrarono, ma lo visitarono
all'alloggiamento. Con lui ancora gl'ambasciatori protestanti fecero
condoglienza che con tante promesse fatte loro da Cesare, però non potevano
manco aver udienza, e lo pregarono ad aver pietà di Germania, perché quei
preti, come forestieri, per minimi rispetti loro non curano, se ben la vedono
ardere, anzi col loro precipitar le determinazioni e gl'anatemi, fanno le
controversie ogni giorno piú difficili. Massimiliano gli confortò ad usar
pazienza e gli promise di far officio col zio, che le azzioni del concilio
passassero secondo che nella dieta aveva promesso.
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