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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro quarto
    • [Rumori di guerra a Trento. Ambasciatori del Sassone, e difficoltà nella lor recezzione]
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[Rumori di guerra a Trento. Ambasciatori del Sassone, e difficoltà nella lor recezzione]

Ma andando a Trento da molte parti nuova che si facevano soldati per tutta Germania e temendosi di guerra, i tre elettori, che vedevano le cose loro in pericolo, mandate lettere e messi all'imperatore, ricchiedevano di poter tornar alli Stati loro per conservazione delle cose proprie. Cesare, che desiderava la continuazione del concilio, gli rispose nel principio del 1552 che i romori non erano tanto grandi quanto la fama portava; che egli aveva mandato a veder la verità e s'erano trovati solamente alcuni pochi sollevati, ma che le città erano in officio e che Maurizio, del quale era rumore che fosse in moto, doveva andarlo a trovare et aveva anco già destinato ambasciatori, i quali tuttavia si trovavano in Ispruc per inviarsi immediate a Trento; che quei pochi soldati alloggiati nella Turingia, quali trascorsi avevano fatto danno nelle terre del Magontino, erano mossi per solo mancamento de stipendi; che egli aveva mandato persona espressa acciò fossero pagati e licenziati; che egli era consapevole di tutto quello che si diceva e temeva, né trascurava cosa alcuna; aveva in ogni luogo chi l'avisava, né perdonava a spesa; perilché gli confortava a non abandonar il concilio, che portarebbe pericolo a disciogliersi con la loro partenza, con danno notabile della religione: e se i loro Stati hanno bisogno di qualche provisione, commandino a' loro ministri et avisino lui, che gli darà ogni aiuto.

Al 7 di gennaro gionsero a Trento Volfio Colero e Leonardo Badehorno, ambasciatori di Maurizio, elettor di Sassonia, che diede grand'allegrezza agl'elettori e prelati germani, assicurati di questo che Maurizio non tentasse novità. Trattarono prima con gl'ambasciatori di Cesare, dicendo che il suo prencipe, come desideroso della concordia, aveva deliberato mandar al concilio alcuni teologi, uomini pii et amatori della pace, il che averebbono anco fatto gli altri prencipi protestanti: ma era necessario prima un salvocondotto nella forma del basileense, e che tra tanto in concilio si fermasse ogni trattazione, e che gionti quelli si reessaminassero le cose già trattate, non essendo concilio generale se non vi intervengono tutte le nazioni. Che il pontefice non vi abbia autorità di presedere, ma si sottoponga al concilio e relassi il giuramento a' vescovi, acciò i voti siano liberi. Aggionsero gl'ambasciatori che nella congregazione de' padri averebbono esposto le cose piú abondantemente, la qual desideravano che si adunasse presto, perché i teologi erano 40 miglia lontani et aspettavano solo d'esser chiamati. Gl'ambasciatori cesarei risposero buone parole, perché Cesare, per trattener Maurizio, aveva commandato che fossero ben trattati. Questi ambasciatori fecero i medesimi officii co' prencipi elettori e col cardinale di Trento, ma ricusarono di trattare col cardinale Crescenzio e co' suoi colleghi per non parer che gli riconoscessero. Instavano d'esser admessi in publico per presentare le patenti loro et esser ricevuti come erano stati accettati quelli dell'elettor di Brandeburg; di che i cesarei gli davano speranza, anzi promessa, per trattenergli. Ma dall'altra parte il legato et i noncii apertamente ricusavano d'alterare la formula del salvocondotto, dicendo esser troppo indegnità della sinodo, che rappresenta tutta la Chiesa catolica, che 4 settarii debbiano metter difficoltà di fidarsi in lei; né meno volevano fermar il corso de' decreti già maturamente ordinati: e che speranza vi potrà esser della conversione di Germania, quando vengono con queste dimande? E quanto all'udirgli in publico, essendogli stato promesso, era giusto; ma essendo mandati a quel concilio, del quale hanno veduto e sanno che il legato e noncii apostollci sono presidenti, è necessario che gli riconoscano per tali, e senza questo non poter admettergli, cosí tenendo commissione speciale dal papa, data loro quando gionsero quei di Vittemberg; che di rilasciare giuramenti et altre tal impietà e biasteme contra la Sede apostolica non dicevano altro, disposti a morire piú tosto che tolerarle; che sarebbono partiti e disciolto il concilio e commandato a' prelati di non intervenir ad atto alcuno. Fu di questo avisato Cesare, al quale il negozio era molto a cuore, e restò offeso per la pertinacia de' ponteficii, che volessero per pontiglio metter un negozio di tanto rilevo in conquasso e far nascer una guerra, la qual potesse in fine esser anco il loro esterminio, e rimandò ordine agl'ambasciatori suoi et al cardinale Madruccio che facessero opera di quietare il legato et usassero l'autorità sua, prima con preghiere, poi anco con parole alte, se non trovavano temperamento che sodisfacesse ad ambe le parti e costringessero con modi civili il legato et i noncii a condescender al giusto.

Gl'ambasciatori cesarei et il Madruccio, preso conseglio, risolsero di non tentar co' pontificii tutt'insieme, ma per principio solo trattar del ricever gl'ambasciatori. Dopo longhe persuasioni, le quali miravano a mostrare che quando fossero i sassoni introdotti nel consesso, dove essi erano presidenti, si poteva dir che la presidenza era assai riconosciuta, quantonque non fosse con loro complito inanzi a parte, alle persuasioni aggionsero le preghiere per nome di Cesare, miste con qualche parola significante che conveniva non abusar la sua clemenza, né costringerlo a pigliar altri rimedii: la necessità esser un potente incitamento a chi ha la forza in mano. In fine il Crescenzio si lasciò condurre che fossero ricevuti, non in sessione, ma in publica congregazione generale in casa di lui, parendogli con questo esser riconosciuto per capo. Spontato questo, vennero al soprasedere le materie. Diceva il Toledo aver sentite tante volte predicare esser cosí cara a Cristo la salute d'un'anima sola, che descenderebbe di nuovo ad esser crocifisso per acquistarla, et ora con differire si recusava per salvar tutta Germania: dove era l'imitazione di Cristo? Si scusava il legato co' commandamenti del papa assoluti, a' quali non poteva contravenire; ma replicando l'ambasciatore che al ministro si l'instruzzione in scritto e la discrezzione si rimette alla prudenza, disse il legato che vedeva molto ben quello esser un grado per incaminarsi a dimandar retrattazione delle cose decise. Gli diede parola l'ambasciatore che di ciò non averebbe trattato mai, anzi averebbono fatto efficaci officii co' sassoni per fargli desistere da questa instanza; in fine il legato, persuaso dal noncio veronese, che prima s'era lasciato superare (diceva egli) per non adossar al papa et al concilio un tanto carico, che fosse precipitato un negozio tanto importante per la negazione d'una poca dilazione, condescese a dire che si contentava, purché da' prelati nella congregazione generale fosse prestato assenso; a quali anco si rimetteva intorno il salvocondotto che ricchiedevano.

Fu fatta la congregazione per consultar sopra questi particolari e fu facile risolvere la dilazione per gl'officii fatti dagl'imperiali. Del salvocondotto non fu cosí facile la consultazione, non solo per la raggion allegata dal legato, ma anco perché era aborrito il nome del concilio basileense et il rimettersi a quello; e quello che piú importava, stimando che alcune cose potevano convenir a quei tempi e non a questi, perché i boemi avevano dottrina non tanto contraria alla Chiesa romana. Con tutte queste opposizioni l'autorità de' tre elettori, del cardinale Madruccio e l'officio degl'ambasciatori cesarei prevalse.

Ma da Pietro Tagliavia, arcivescovo di Palermo, fu aggionto che si lasciava di consultare un ponto molto principale: come s'averebbe trattato con gl'ambasciatori, nel dar loro luogo da sedere o no, nell'usar verso loro et i prencipi loro termine d'onore; perché non lo facendo, era romper il negozio, e facendolo era grar pregiudicio onorar eretici manifesti o tenergli in altro conto che de rei. La stessa e maggior considerazione si doveva aver del modo di governarsi co' teologi venturi. Quali pretendono aver voto et al sicuro vorranno esser a parte nelle dispute e consulte, né permetteranno esser tenuti nello stato che la Chiesa debbe, e non può tenergli altrimenti, cioè di eretici, scommunicati e dannati, con quali non è lecito trattare, se non per instruirgli, se umilmente lo ricchiedono, e perdonargli per grazia. Sopra questa proposizione fu assai detto della varietà de' tempi, a quali conviene ch'ogni legge s'accommodi; che i medesimi pontefici che statuirono quelle decretali non le farebbono in queste occasioni: nissuna cosa piú facilmente rompersi che la piú dura. Le qual raggioni, se ben persuadevano la maggior parte, con tutto ciò non sapevano che risolvere. Pareva che il determinare qual rigor delle leggi si dovesse ritenere e qual rilasciare fosse cosa di molta e longa consultazione e da non risolver senza il pontefice romano et il collegio de' cardinali, ma l'angustia del tempo non comportarlo. Questo rese tutti ambigui, quando opportunamente il vescovo di Namburg, preso per fondamento che la necessità iscusava ogni trasgressione e che in Germania, ne' colloquii e diete, queste considerazioni sono state maturate e cosí deciso; ma per sicurar meglio il tutto, era ben far una protestazione inanzi: che tutto fosse fatto per carità e pietà, quali sono sopra ogni legge, e per ridur gli sviati, e s'intendesse fatto sempre senza pregiudicio, con quelle clausule che i iurisperiti sapranno trovare. Questo parer fu abbracciato prontamente da' primi, da' prelati tedeschi, da' spagnuoli poi, e dagl'italiani in fine, con qualche tepidezza; stando sempre immobile il legato e mostrando ben chiaramente che stava quieto, costretto dalla necessità. Fermate queste risoluzioni fu deliberato che il giorno 24 del mese si facesse congregazione generale, dove gl'ambasciatori sassoni fussero ricevuti et uditi; che il 25, giorno perciò destinato, si tenesse la sessione, nella quale si publicasse la dilazione sino alla venuta de teologi protestanti; che fossero eletti padri, che insieme col noncio sipontino formassero il decreto, la protestazione et il salvocondotto. Gl'ambasciatori cesarei chiesero d'aver la minuta del salvocondotto prima che si publicasse, per farlo veder a' protestanti, acciò che non satisfacendo loro, si potesse compire in maniera che non avessero occasione di rifiutarlo, come dell'altro avevano fatto.

S'attese ne' giorni seguenti alle sudette cose, le quali compite, gl'ambasciatori cesarei chiamarono a loro i protestanti; et avendo l'ambasciatore Pittavio fatto un eloquente encomio della bontà e carità de' padri, et essortato essi protestanti a dar qualche particella di sodisfazzione al concilio, come essi ne davano molta a loro, gli disse che era concluso di ricever i mandati e le persone et udir le proposte loro in publico, differire la conclusione delle cose, ancorché discusse e maturate, per aspettar i teologi et ascoltargli prima, che averebbono avuto il salvocondotto amplissimo, come ricercavano, del quale era fatta la minuta; e si estese molto in mostrar che erano favori e grazie memorabili, passando poi a dire esser necessario conceder alcuna cosa al tempo e non voler tutto in un momento. Quando si sarà nella trattazion, l'occasione gli farà ottener molte cose che inanzi parono difficili; che i padri desiderano la venuta de' teologi, e che essi medesimi ambasciatori cesarei hanno cose di gran momento da proponere e stanno solo aspettando che sia dato principio da' protestanti, per comparer fuori poi essi. Per questo rispetto, nella dimanda che il pontefice si sottometta al concilio gli pregavano andar lentamente, perché anco i padri conoscevano che vi era qualche cosa da corregere nella grandezza ponteficia, ma che bisognava caminar con sottil desterità; che essi medesimi esperimentavano tutto 'l la singolare destrezza et arte che bisognava usare trattando con ministri pontificii. Parimente che il reessaminar le cose già concluse non era da proponer cosí nel bel principio, che sarebbe con troppo infamia e desonore del concilio: però i teologi andassero, che sarebbono uditi in tutte le cose opportunamente, e non gli mancherà mai, se si vederanno gravati in alcuna cosa, il partir liberamente.

I protestanti, ritirati tra loro, veduta la minuta del salvocondotto, non si contentarono, per non esser conforme alla basileense, nella quale a' boemi 4 cose furono concesse di piú:

1 che essi ancora avessero voto decisivo;

2 che fosse giudice nel concilio la Sacra Scrittura, la prattica della Chiesa vecchia, li concilii et interpreti conformi alla Scrittura;

3 che potessero far essercizio della sua religione in casa loro;

4 che non fosse fatta alcuna cosa in vituperio o sprezzo della loro dottrina; delle quali la seconda era molto diversa dalla formula data loro, le altre tre erano tralasciate totalmente. Ebbero anco suspizione, perché quel concilio non prometteva la sicurezza per nome del pontefice e del collegio de' cardinali, come dal basileense era stato fatto: risolsero nondimeno di non far menzione di questo, ma ben ricercare che le altre quattro particole ommesse fossero inserte; e ritornati agli ambasciatori cesarei, apertamente si dicchiaravano che in quella forma non potevano riceverlo, avendo nelle loro instruzzioni questa espressa commissione. Il Toledo mostrò sdegnarsi che non si contentassero di quello che egli et i suoi colleghi avevano ottenuto con gran fatica, che l'importanza stava nella sicurezza dell'andare del partir, et il resto apparteneva al modo di trattare; che meglio s'averebbe potuto concludere con la presenza de' teologi; esser cosa troppo ardua il non voler rendersi in parte alcuna e soli voler dar le leggi a tutta la Chiesa; né potendo con quelle raggioni movergli dalla determinazione loro, dissero in fine che averebbono riferito a' padri, et essi gli resero la minuta del salvocondotto con le aggionte che ricercavano.

Il legato et i presedenti intendendo la ricchiesta e la fermezza de' protestanti mostrarono agl'ambasciatori cesarei quanto fossero le loro dimande aliene dal giusto e conveniente; imperoché nella forma del basileense non trovarono mai a' boemi esser stato concesso che nel concilio avessero voto decisivo, ma che la Scrittura e prattica della Chiesa e concilii e dottori che si fondano in quella siano giudici è detto, quantonque con parole alquanto differenti, perché la prattica della Chiesa è chiamata sotto il nome di tradizione apostolica, e quando si dice santi padri, s'intende ben che si fondano nella Scrittura, perché essi non fanno altri fondamenti. Il terzo, di celebrar gl'officii nelle case loro, s'intende, purché lo facciano che non sia saputo e senza scandalo. La proibizion che non sia fatta cosa in loro vituperio esser espressiva, quando si promette che non saranno in conto alcuno offesi. Però vedersi chiaro che, per trovar querele e cavillare, si lamentano senza causa, né essendovi speranza di contentargli, non restar altro se non dargli il salvocondotto secondo la minuta formata e lasciar al loro arbitrio il valersene o non usarlo. Il conte di Montfort replicò niente potersi far piú in servizio della publica causa che levargli li pretesti e cavilli e mostrargli al mondo inescusabili: onde, poiché in sostanza non era differenza della minuta alla forma di Basilea, per serrargli la bocca, si poteva copiar quella di parola in parola, mutati solo i nomi delle persone, luoghi e tempi. I presidenti da una risposta sottile e tanto stretta commossi, si guardarono l'un l'altro et il legato, preso immediate partito, rispose che tanto sarebbe stato riferito a' padri nella congregazione e risoluto secondo la loro deliberazione. Raccommandarono poi i presidenti, ciascuno a' piú famigliari suoi, la causa di Dio e della Chiesa: agl'italiani e spagnuoli dicevano che era una grand'ingiuria che dovessero seguir una mano de scismatici, che hanno incautamente parlato e contra la dottrina cristiana obligato a seguir la Scrittura sola. Ma a tutti in generale dicevano che sarebbe stata una grand'indegnità, quando la sinodo parlasse in modo che immediate nascesse una disputa inestricabile sopra; perché a veder quali siano i dottori che fondano nella Scrittura, mai si sarebbe d'accordo; appartenere alla degnità della sinodo parlar chiaro, e l'espressioni fatta esser la vera dicchiarazione del basileense. Et altre tal persuasioni usarono che quasi tutti vennero in risoluzione di non mutar la minuta, con speranza che, se ben i protestanti cercavano avantaggiarsi, quando poi la cosa fosse fatta si contentarebbono.

Le cose tutte poste in punto, il 24 fu la generale congregazione. In quella convennero in casa del legato gli elettori, i padri tutti e gl'ambasciatori di Cesare e di Ferdinando, che non erano soliti intervenire in tal sorti di congregazione. Il legato fece l'ingresso con brevi parole, dicendo che erano adunati per dar principio ad una azzione la piú ancipite che in piú secoli fosse occorsa alla santa Chiesa; perilché conveniva con maggior affetto del solito pregar Dio per il buon successo et invocato il nome dello Spirito Santo secondo il costume delle congregazioni, fu dal secretario letta la protestazione, alla quale avendo tutti i padri dato il placet, dal promotore fu fatta instanza che negli atti fosse registrata e fattone anco publico instromento. Il tenor di quella in sostanza fu: che la santa sinodo, per non ritardare il progresso del concilio, che riceverebbe impedimento per le dispute che nascerebbono quando s'avesse da essaminare co' debiti termini qual sorte di persone possono comparere nella sinodo e qual sorte di mandati e scritture possono esser presentati e per i luoghi del seder, dicchiara che se fosse admesso in persona o per sostituto alcuno che non dovesse esser ricevuto per disposizione della legge o uso de' concilii, o non sedesse in debito luogo che se gli conviene, overo se fossero admessi mandati, instrumenti, proteste o altre scritture che offendessero o potessero offender l'onore, l'autorità o potestà del concilio, perciò non sia, né s'intendi esser pregiudicato al presente concilio o agli altri futuri generali in perpetuo, essendo intenzione di questa sinodo che si rimetti la pace e la concordia nella Chiesa in qualonque modo, purché sia lecito e conveniente.

Dopo furono introdotti gl'ambasciatori sassoni, dove entrati e fatta riverenza al consesso, parlò il Badehorno, usando titoli «reverendissimi et amplissimi padri e signori». La sostanza del suo parlar fu: che Mauricio, elettor di Sassonia, dopo aver pregato a loro l'assistenza dello Spirito Santo e l'essito salutare della azzione, gli faceva saper aver già molto tempo deliberato, se mai si celebrava concilio generale libero e cristiano, dove le controversie della religione fossero giudicate secondo la Scrittura e tutti potessero sicuramente parlare e fosse instituita riforma nel capo e ne' membri, mandarvi i suoi teologi. Ora pensando che essi siano congregati per questo fine, convocati i suoi teologi, gli ha commandato di far scielta d'alcuni d'essi che debbino portar la loro confessione a quel consesso, il che sino adesso non è esseguito per rispetto di certa constituzione del concilio di Costanza, che agl'eretici e sospetti non sia servata la fede o salvocondotto dall'imperatore, da re o altri, e per essempio de' boemi, che non volsero andar a Basilea, se non con una sicurezza datagli dal concilio. Per il che l'elettor ricercò che un tal salvocondotto fosse dato a' suoi teologi e conseglieri e loro famigliari, ma già pochi giorni, gli fu presentata una certa forma di salvocondotto molto differente dal basileense, perilché fu giudicato pericoloso di venir qui con quello, apparendo da alcuni decreti tridentini già stampati, ne' quali sono trattati per eretici e scismatici, quantonque non siano stati, né chiamati, né uditi. Perilché dimanda il prencipe che i suoi siano tenuti per iscusati et il salvocondotto concesso nella forma basileense. Oltra di ciò, che avendo il prencipe inteso che vogliono procedere alla conclusione degli articoli controversi, gli è parsa cosa pregiudiciale e contraria ad ogni legge divina et umana, essendo i suoi legitimamente impediti per mancamento di salvocondotto. Perilché prega che il tutto si differisca sin che siano uditi i teologi, che non sono lontani piú de 60 miglia tedeschi. Appresso di ciò, essendogli stato referto che non si vuol udir i protestanti sopra gli articoli controversi difiniti gli anni passati, la maggior parte de' quali contiene gravi errori, prega il prencipe che questi siano reessaminati et uditi i suoi teologi sopra di essi, e determinato quello che sia conforme alla parola di Dio e creduto da tutte le nazioni del mondo cristiano. Imperoché le cose determinate sono state trattate da pochissimi di quelli che doverebbono intervenire al concilio universale, come dal catalogo stampato appare. E pur è cosa essenziale ad un general concilio che tutte le nazioni siano admesse e liberamente udite. Raccorda ancora il prencipe che molti articoli controversi concernono il papa et avendo determinato i concilii di Costanza e Basilea che nelle cause di fede e nelle spettanti ad esso pontefice egli sia soggetto al concilio, è cosa conveniente servar l'istesso in questo luogo, et inanzi ogni altra cosa far quello che fu constituito nella terza sessione del basileense, cioè che tutte le persone del concilio siano assolute da' giuramenti d'obligazione al papa, quanto s'aspetta alle cause del concilio; anzi il prencipe è di questa opinione, che anco senza altra dicchiarazione, per virtú delle constituzioni di quei concilii, tutti debbiano esser liberi da quei legami; perilché prega quel consesso di voler inanzi ogni altra cosa repetir, approvar e ratificar l'articolo della superiorità del concilio al papa, massime che avendo bisogno l'ordine ecclesiastico di riforma, la qual è stata impedita per opera de' pontefici, gl'abusi non si possono emendare, se le persone del concilio dependino dal cenno del papa e siano tenute per virtú di giuramento a conservar l'onor, stato e potenzia sua; e se dal pontefice si potesse impetrar che egli spontaneamente emettesse il giuramento, sarebbe cosa degna di gran lode e che concilierebbe gran favore, fede et autorità al concilio et a' suoi decreti, che nascerebbono da uomini liberi, a quali sarebbe lecito trattar e giudicar secondo la parola di Cristo. Che il prencipe per fine prega che le sue proposte siano ricevute in buona parte, essendo stato spinto a rappresentarle per zelo della salute propria, per carità della patria e tranquillità di tutto 'l popolo cristiano. Questo raggionamento avendo in scritto, lo presentò e fu dal secretario ricevuto, et il promotore per nome publico disse che la sinodo averebbe avuta considerazione et opportunamente dato risposta.

Dopo questi, furono uditi i vittembergici, quali presentarono il mandato dell'ambasciata loro; il qual letto, con poche parole dissero che erano per presentare la confessione della loro dottrina, dovendo venir poi i teologi per difenderla e trattar piú abondantemente le stesse cose, con condizione che di commun concerto dell'una e dell'altra parte siano eletti giudici che conoscano sopra le controversie. Perché essendo la loro dottrina repugnante a quella del pontefice romano e de' vescovi suoi aderenti, era cosa ingiusta che l'attor, overo il reo, fusse giudice; facendo per tanto instanza che le cose fatte gl'anni inanzi nel concilio non avessero forza di legge, ma si dasse nuovo principio alla discussione d'ogni cosa trattata; non essendo giusto, quando doi litigano, che quello che è fatto da uno, assente legitimamente l'altro, sia di valore; e tanto maggiormente, quanto si può chiaramente mostrare che cosí nelle prossime azzioni, come in quelle degl'anni inanzi sono publicati decreti alla divina Scrittura contrarii. E presentarono la dottrina et il raggionamento loro in scritto, e dal secretario fu il tutto ricevuto, non però la dottrina letta. Fu risposto dal promotore per nome de' padri che al suo tempo averebbono dato risposta.

Queste cose fatte, partirono gl'elettori et ambasciatori, e co' presidenti restarono i prelati per dar ordine alla sessione. Fu prima stabilito il decreto, e poi proposto il salvocondotto, aggiongendo le cause perché i protestanti non se ne contentavano; e posto in deliberazione se a quella forma si doveva aggiongere quanto ricercavano, né vi fu difficoltà che tutti non convenissero in parere che altro non se vi aggiongesse, per evitar i pericoli d'entrar in dispute inestricabili et in pregiudicii inevitabili.

 

 




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