[Il concilio si rompe per la mossa
d'armi di Maurizio di Sassonia, e 'l papa lo sospende]
Fecero piú volte i protestanti instanza
con gl'ambasciatori cesarei che si dasse principio all'azzione, la qual
tuttavia si differiva, ora sotto pretesto che il legato era indisposto, ora
sotto diversi altri. Gl'ambasciatori cesarei facevano ogni uffico per dar
principio: operarono che i protestanti si contentassero di tralasciare la
ricchiesta della risposta alle dimande loro presentate, poi anco di non
ricercar che fosse essaminata la dottrina da loro essibita; ma essendo sempre,
sedata una difficoltà da' protestanti, eccitate delle altre dalla parte de'
presidenti, ora sopra il modo di trattare, ora sopra la materia dove incomminciare,
in fine si contentavano i protestanti, cosí persuasi dal Pittavio,
d'incomminciare dove gl'altri volevano. Non per questo fu fatto ingresso. Il
legato, se ben gravissimamente infermo per le gran passioni d'animo, era
stimato cosí fingere per trovar pretesto di non dar principio. I noncii erano
irresoluti et i vescovi non erano tra loro d'accordo. Perché quelli che
dependevano da Cesare, spagnuoli et altri, mossi dagl'ambasciatori imperiali,
volevano che si caminasse inanzi; ma quelli che dipendevano dal pontefice,
insospettiti che il fine de' cesarei fusse di far capitar presto la trattazione
alla riforma della corte romana, abbracciavano ogni occasione d'impedimento. E
perché già li vescovi tedeschi erano partiti per i moti di guerra, aspettavano
l'istessa occasione anco loro, e massime che continuavano gli avisi delle arme
del re di Francia e de' confederati di Germania contra Cesare, delle quali
erano già usciti protesti e manifesti, i quali portavano per causa la difesa
della religione e la libertà di Germania. Il primo giorno d'aprile l'elettor di
Sassonia messe l'assedio ad Augusta, la quale il terzo giorno si rese, et il
sesto la nuova gionse a Trento, e che tutto 'l Tirolo si metteva in arme per
andar in Ispruc, essendo opinione che l'essercito de' collegati dissegnasse
occupar i passi delle Alpi per impedir la gente fuorastiera d'entrar in
Germania. Perilché gran parte de' vescovi italiani si messero in barca a
seconda del fiume Adice per ridursi a Verona, et i protestanti determinarono di
partire.
Essendo restati pochi vescovi et il
legato, per la gravezza dell'infermità spesso vaneggiando, non potendo aver
risoluzione consistente, i noncii, temendo, se si aspettava il primo di maggio
secondo l'ordine dato, che dovessero trovarsi in Trento senza prelati,
scrissero a Roma, ricercando quello che in tanta angostia si dovesse fare. Il
pontefice, che già aveva col re di Francia concluso, né stimava piú quello che
l'imperatore potesse fare quando ben avesse superato le difficoltà che lo
circondavano, fatta congregazione de' cardinali, propose l'aviso de noncii in
consulta; né vi fu difficoltà al concorrere la maggior parte che si sospendesse
il concilio. Fu formata la bolla e mandata a Trento, scrivendo appresso a'
noncii che se gli mandava l'autorità per la sospensione. Però, quando vedessero
urgente necessità, cedessero a quella e non mettessero in pericolo la dignità
del concilio, il quale ad altro tempo quieto si sarebbe redintegrato: però non
lo disciogliessero intieramente, a fine di tener in mano quel capo per
valersene alle occasioni, ma lo sospendessero per qualche tempo. La qual
risposta avuta, tenendola secreta, consultarono con gl'ambasciatori e con i
principali prelati, quali proponevano d'aspettar ordine da Cesare et
estenuavano il timore quanto potevano: però i prelati, se ben la maggior parte
spagnuoli, temendo delle persone loro per l'odio de' protestanti e non sperando
che Cesare avesse tempo in tanta strettezza di pensar al concilio, consentirono
ad una sospensione. Perilché i noncii intimarono la publica sessione per il 28
d'aprile, tanto era urgente il timore che non gli concesse aspettare 2 giorni
il destinato al concilio.
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