[La dieta d'Augusta, dopo molte
contese, fa il decreto della pace di religione]
Fra tanto si proseguí la dieta in
Germania, non senza contenzioni, le quali maggiori sarebbono state, se il
cardinale Morone fosse restato presente, cosí per gl'ufficii che averebbe
fatto, come per le sospizzioni già concette nell'animo de' protestanti, che
fosse mandato solo per fine d'opporsi a' commodi loro; e già era per tutto
publicato che Roma si trovava piena di speranza di ricever presto sotto il
giogo la Germania come l'Inghilterra. Partito il cardinal, fu prima difficoltà
se si doveva trattar inanzi ad ogni altra delle cose della religione; e se ben
nel principio gl'ecclesiastici contradicevano, fu risoluto finalmente di commun
consenso che da quella si dasse principio; e due furono le proposizioni
contrarie: l'una che si dovesse trattare de' mezi di riformarla, l'altra che si
dovesse lasciarla in libertà di ciascuno; sopra che fu grandissima
controversia. Ma finalmente parve che tutti inclinassero alla seconda, non
sapendo trovar medicina bastante a sradicare il male che ancora era in moto, ma
ben sperando che, quietati gl'umori e levate le differenze e sospetti, si
potessero aprir molte facili e commode vie: al che fare era necessario
stabilire una buona pace e che per causa di religione non si facesse piú
guerra, e fosse lecito ad ogni uno de' prencipi et altri ordini dell'Imperio
seguir e far osservar ne' Stati suoi quello che piú gli piacesse. La qual
risoluzione quando si fu per stabilire, le controversie si eccitarono maggiori;
perché quelli della confessione augustana pretendevano che a tutti fosse lecito
accettar la loro dottrina, ritenendo gl'onori, stati e gradi che possedevano.
Per il contrario i catolici non volevano che fosse permesso agl'ecclesiastici
mutar religione, ritenendo il grado; ma se un vescovo o abbate abbracciasse
l'altra, dovesse perder la degnità. Né meno alle città, che avevano già 7 anni
ricevuto il decreto d'Augusta dell'Interim, fosse permesso di tornar
alla confessione augustana.
Passarono da una parte e dall'altra
scritture sopra ciò e finalmente l'una parte e l'altra rallentò il rigore.
Gl'ecclesiastici si contentarono che le città facessero a modo loro, et i
protestanti cessero la pretensione quanto agl'ecclesiastici, et a 25 di
settembre fu fatto il recesso: che essendo necessario per ultimar legitimamente
le cose della religione un concilio generale o nazionale, né potendosi
congregar per molte difficoltà, tra tanto che si apriva strada ad un'amicabile
concordia di religione, per tutta Germania Cesare, Ferdinando et i prencipi e
Stati catolici non potessero sforzar i prencipi, ordini e Stati della
confessione augustana a lasciar la loro religione e ceremonie già instituite o
da instituirsi ne' loro dominii; che non potessero operar alcuna cosa in
sprezzo o vilipendio, né impedirgli il libero uso di quella religione; e
similmente quelli della confessione augustana dovessero portarsi verso Cesare e
Ferdinando e gl'altri prencipi e Stati della religione antica, cosí
ecclesiastici come secolari, potendo ciascuno nello Stato suo stabilir qual
religione gli piacerà e proibir l'altra. E se alcun ecclesiastico abandonerà la
vecchia, non gli sia d'alcuna infamia, ma perda subito i beneficii, e da chi
tocca sia proveduto d'un altro, e quanto a' beneficii già applicati da'
protestanti alle scole o a' ministerii della Chiesa, restino nel medesimo stato.
Che non si esserciti piú giurisdizzione ecclesiastica contra quei della
confessione augustana; del rimanente quella sia essercitata secondo l'antico
costume. Formato il recesso, un'altra difficoltà nacque, per rimover la quale
Ferdinando, usando l'assoluta potestà imperiale del fratello, decchiarò,
consentendo l'ordine ecclesiastico, che i titolati e le città e communità
sottoposte a prencipi ecclesiastici, i quali da molti anni avevano aderito alla
confessione augustana e già ricevuto i riti e ceremonie di quella, osservandole
anco tuttavia, non potessero da' prencipi loro ecclesiastici esser costretti a
mutargli, ma possino continuare sino alla generale concordia di religione che
sarà conclusa.
Il pontefice Paolo, udito il recesso
d'Augusta, si alterò gravissimamente; ne fece gran querela coll'ambasciatore
imperiale e col cardinale d'Augusta, reprendendo che, senza saputa della Sede
apostolica si fosse da Ferdinando introdotto trattazione in materia della
religione, e minacciando che a suo tempo averebbe fatto conoscere et
all'imperatore et a quel re, con molto loro pentimento, l'offesa fatta alla
Sede apostolica; essortava a prevenir con revocar et annullar le cose concesse,
per levar a lui l'occasione di proceder, come era per fare, non solo contra i luterani,
ma anco contra loro, come fautori; offerendosi anco di aiutare, quando a ciò si
disponessero, con l'autorità e con le armi, e commandare a tutti i prencipi
cristiani, sotto pene e censure, che gli assistessero con tutte le loro forze.
Non si quietò per la risposta dell'ambasciatore, che allegava la forza de'
protestanti, la guerra contra Cesare, dove ebbe a restar preggione in Ispruc,
et i giuramenti prestati: perché a' giuramenti rispondeva che egli gli liberava
et assolveva, anzi gli commandava che non gli risguardassero; al rimanente
diceva che nelle cause di Dio non si procede co' rispetti umani; che
l'imperatore è stato in pericolo per divina permissione, non avendo egli fatto
tutto quello che poteva e doveva a fin di ridur la Germania all'ubedienza della
Sede apostolica; che per questo gli ha dato segno dell'ira sua, il che
all'avvenire, se non gli sarà documento, doverà aspettar da Dio maggior
punizione; sí come, diportandosi da vero soldato di Cristo, intrepidamente e
senza rispetti mondani, ottenerà ogni vittoria, come gl'essempii de' tempi
passati dimostrano.
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