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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro quinto
    • [La dieta d'Augusta, dopo molte contese, fa il decreto della pace di religione]
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[La dieta d'Augusta, dopo molte contese, fa il decreto della pace di religione]

Fra tanto si proseguí la dieta in Germania, non senza contenzioni, le quali maggiori sarebbono state, se il cardinale Morone fosse restato presente, cosí per gl'ufficii che averebbe fatto, come per le sospizzioni già concette nell'animo de' protestanti, che fosse mandato solo per fine d'opporsi a' commodi loro; e già era per tutto publicato che Roma si trovava piena di speranza di ricever presto sotto il giogo la Germania come l'Inghilterra. Partito il cardinal, fu prima difficoltà se si doveva trattar inanzi ad ogni altra delle cose della religione; e se ben nel principio gl'ecclesiastici contradicevano, fu risoluto finalmente di commun consenso che da quella si dasse principio; e due furono le proposizioni contrarie: l'una che si dovesse trattare de' mezi di riformarla, l'altra che si dovesse lasciarla in libertà di ciascuno; sopra che fu grandissima controversia. Ma finalmente parve che tutti inclinassero alla seconda, non sapendo trovar medicina bastante a sradicare il male che ancora era in moto, ma ben sperando che, quietati gl'umori e levate le differenze e sospetti, si potessero aprir molte facili e commode vie: al che fare era necessario stabilire una buona pace e che per causa di religione non si facesse piú guerra, e fosse lecito ad ogni uno de' prencipi et altri ordini dell'Imperio seguir e far osservar ne' Stati suoi quello che piú gli piacesse. La qual risoluzione quando si fu per stabilire, le controversie si eccitarono maggiori; perché quelli della confessione augustana pretendevano che a tutti fosse lecito accettar la loro dottrina, ritenendo gl'onori, stati e gradi che possedevano. Per il contrario i catolici non volevano che fosse permesso agl'ecclesiastici mutar religione, ritenendo il grado; ma se un vescovo o abbate abbracciasse l'altra, dovesse perder la degnità. Né meno alle città, che avevano già 7 anni ricevuto il decreto d'Augusta dell'Interim, fosse permesso di tornar alla confessione augustana.

Passarono da una parte e dall'altra scritture sopra ciò e finalmente l'una parte e l'altra rallentò il rigore. Gl'ecclesiastici si contentarono che le città facessero a modo loro, et i protestanti cessero la pretensione quanto agl'ecclesiastici, et a 25 di settembre fu fatto il recesso: che essendo necessario per ultimar legitimamente le cose della religione un concilio generale o nazionale, né potendosi congregar per molte difficoltà, tra tanto che si apriva strada ad un'amicabile concordia di religione, per tutta Germania Cesare, Ferdinando et i prencipi e Stati catolici non potessero sforzar i prencipi, ordini e Stati della confessione augustana a lasciar la loro religione e ceremonie già instituite o da instituirsi ne' loro dominii; che non potessero operar alcuna cosa in sprezzo o vilipendio, né impedirgli il libero uso di quella religione; e similmente quelli della confessione augustana dovessero portarsi verso Cesare e Ferdinando e gl'altri prencipi e Stati della religione antica, cosí ecclesiastici come secolari, potendo ciascuno nello Stato suo stabilir qual religione gli piacerà e proibir l'altra. E se alcun ecclesiastico abandonerà la vecchia, non gli sia d'alcuna infamia, ma perda subito i beneficii, e da chi tocca sia proveduto d'un altro, e quanto a' beneficii già applicati da' protestanti alle scole o a' ministerii della Chiesa, restino nel medesimo stato. Che non si esserciti piú giurisdizzione ecclesiastica contra quei della confessione augustana; del rimanente quella sia essercitata secondo l'antico costume. Formato il recesso, un'altra difficoltà nacque, per rimover la quale Ferdinando, usando l'assoluta potestà imperiale del fratello, decchiarò, consentendo l'ordine ecclesiastico, che i titolati e le città e communità sottoposte a prencipi ecclesiastici, i quali da molti anni avevano aderito alla confessione augustana e già ricevuto i riti e ceremonie di quella, osservandole anco tuttavia, non potessero da' prencipi loro ecclesiastici esser costretti a mutargli, ma possino continuare sino alla generale concordia di religione che sarà conclusa.

Il pontefice Paolo, udito il recesso d'Augusta, si alterò gravissimamente; ne fece gran querela coll'ambasciatore imperiale e col cardinale d'Augusta, reprendendo che, senza saputa della Sede apostolica si fosse da Ferdinando introdotto trattazione in materia della religione, e minacciando che a suo tempo averebbe fatto conoscere et all'imperatore et a quel re, con molto loro pentimento, l'offesa fatta alla Sede apostolica; essortava a prevenir con revocar et annullar le cose concesse, per levar a lui l'occasione di proceder, come era per fare, non solo contra i luterani, ma anco contra loro, come fautori; offerendosi anco di aiutare, quando a ciò si disponessero, con l'autorità e con le armi, e commandare a tutti i prencipi cristiani, sotto pene e censure, che gli assistessero con tutte le loro forze. Non si quietò per la risposta dell'ambasciatore, che allegava la forza de' protestanti, la guerra contra Cesare, dove ebbe a restar preggione in Ispruc, et i giuramenti prestati: perché a' giuramenti rispondeva che egli gli liberava et assolveva, anzi gli commandava che non gli risguardassero; al rimanente diceva che nelle cause di Dio non si procede co' rispetti umani; che l'imperatore è stato in pericolo per divina permissione, non avendo egli fatto tutto quello che poteva e doveva a fin di ridur la Germania all'ubedienza della Sede apostolica; che per questo gli ha dato segno dell'ira sua, il che all'avvenire, se non gli sarà documento, doverà aspettar da Dio maggior punizione; come, diportandosi da vero soldato di Cristo, intrepidamente e senza rispetti mondani, ottenerà ogni vittoria, come gl'essempii de' tempi passati dimostrano.

 

 




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