[I popoli d'Austria chieggono libertà
di religione. Ferdinando consente loro l'uso del calice, come fa anco il Bavaro
a' suoi]
I popoli d'Austria, per il recesso fatto
in dieta e piú per la dicchiarazione aggionta da Ferdinando a favore delle
città e nobili sudditi de' prencipi ecclesiastici, entrarono in speranza di
poter ritener essi ancora libertà di religione; et avendo Ferdinando chiamato
dieta de' sudditi suoi in Vienna per aver contribuzione contra i turchi che gli
movevano guerra, gli dimandarono che gli fosse permesso sino ad un concilio
generale e libero di viver in purità di religione e goder il beneficio concesso
a quelli della confessione augustana; esponendo al re che i flagelli de' turchi
sono visite di Dio per invitar all'emenda di vita; che invano si pigliano le
arme contra il nemico, non pacificata prima l'ira di Dio, quale vuol esser
onorato secondo il suo prescritto, non a capricci umani. Supplicavano di non
esser di peggior condizione degl'altri germani e che i ministri della Chiesa
potessero insegnar e distribuir i sacramenti secondo la dottrina evangelica et
apostolica, e che i maestri di scola non fossero sbanditi, se non conosciuta la
causa per giustizia; con questo offerendosi di far tutto quello che gli fosse
stato in piacere con la vita e robba.
Al che Ferdinando rispose che a lui non
era lecito concedergli quanto dimandavano, non per mancamento di volontà di
gratificargli, ma perché era obligato obedir alla Chiesa; che egli e Cesare
sempre avevano detestato le discordie della religione, per rimediar a che
avevano anco instituito molti colloquii e finalmente procurato il concilio di
Trento; il quale, se non ha sortito essito felice, non dover esser a loro
imputato, sapendosi con che consegli et arteficii sia stato da altri impedito;
essersi dopoi fatto l'editto a favore della confessione augustana, del quale
essi erano molto ben partecipi, perché in quello si diceva che ogni prencipe
non ecclesiastico potesse elegger qual delle due religioni gli piacesse, et il
popolo dovesse seguitar quella del suo prencipe, della quale, se alcuno non si
contenta, ha libertà di vender i suoi beni et andar dove gli piace; perilché il
loro debito esser di rimaner nella vecchia religione catolica che egli
professa, ma per condescender a' loro desiderii per quanto poteva, si
contentava di sospender quella parte del suo editto toccante la communione del
calice, con tal condizione però, che non mutassero alcun'altra cosa nelle leggi
e ceremonie della Chiesa, sino al decreto della futura dieta; e non desiderando
niente di piú, contentarsi di concorrer prontamente alle contribuzioni contra
il nemico.
I bavari ancora ricercarono il suo duca di
libertà di religione, dimandando la libera predicazione dell'Evangelio, il
matrimonio de' preti, la communione sub utraque et il mangiar carne ogni
giorno, protestando che altramente non pagarebbono gravezze, né contribuzioni
contra turchi. Il qual, vedendo che Ferdinando, suo suocero, aveva concesso a
suoi la communione del calice, per aver esso ancora aiuto de danari da loro,
gli concesse che potessero usar la communione del calice e mangiar carne per
necessità ne' giorni proibiti, finché le cose della religione fossero accordate
con publica autorità, restando nondimeno in vigore gl'editti fatti da lui in
materia della religione; protestando con molte et ampie parole di non voler
partirsi dalla Chiesa e dalla religione de' suoi maggiori, né mutar nelle
ceremonie cosa alcuna senza la volontà del pontefice e dell'imperatore
promettendo di far opera che il metropolitano e vescovi suoi approvino questa
concessione e non diano molestia ad alcuno per queste cose. Il Palatinato tutto
abbracciò la confessione augustana per esser morto l'elettore e successo il
nipote, il quale era dicchiarato di quella confessione già molti anni, per
quale anco aveva molte persecuzioni patito. Egli, gionto al principato,
immediate proibí le messe e ceremonie romane per tutto 'l suo prencipato.
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