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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro quinto
    • [I popoli d'Austria chieggono libertà di religione. Ferdinando consente loro l'uso del calice, come fa anco il Bavaro a' suoi]
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[I popoli d'Austria chieggono libertà di religione. Ferdinando consente loro l'uso del calice, come fa anco il Bavaro a' suoi]

I popoli d'Austria, per il recesso fatto in dieta e piú per la dicchiarazione aggionta da Ferdinando a favore delle città e nobili sudditi de' prencipi ecclesiastici, entrarono in speranza di poter ritener essi ancora libertà di religione; et avendo Ferdinando chiamato dieta de' sudditi suoi in Vienna per aver contribuzione contra i turchi che gli movevano guerra, gli dimandarono che gli fosse permesso sino ad un concilio generale e libero di viver in purità di religione e goder il beneficio concesso a quelli della confessione augustana; esponendo al re che i flagelli de' turchi sono visite di Dio per invitar all'emenda di vita; che invano si pigliano le arme contra il nemico, non pacificata prima l'ira di Dio, quale vuol esser onorato secondo il suo prescritto, non a capricci umani. Supplicavano di non esser di peggior condizione degl'altri germani e che i ministri della Chiesa potessero insegnar e distribuir i sacramenti secondo la dottrina evangelica et apostolica, e che i maestri di scola non fossero sbanditi, se non conosciuta la causa per giustizia; con questo offerendosi di far tutto quello che gli fosse stato in piacere con la vita e robba.

Al che Ferdinando rispose che a lui non era lecito concedergli quanto dimandavano, non per mancamento di volontà di gratificargli, ma perché era obligato obedir alla Chiesa; che egli e Cesare sempre avevano detestato le discordie della religione, per rimediar a che avevano anco instituito molti colloquii e finalmente procurato il concilio di Trento; il quale, se non ha sortito essito felice, non dover esser a loro imputato, sapendosi con che consegli et arteficii sia stato da altri impedito; essersi dopoi fatto l'editto a favore della confessione augustana, del quale essi erano molto ben partecipi, perché in quello si diceva che ogni prencipe non ecclesiastico potesse elegger qual delle due religioni gli piacesse, et il popolo dovesse seguitar quella del suo prencipe, della quale, se alcuno non si contenta, ha libertà di vender i suoi beni et andar dove gli piace; perilché il loro debito esser di rimaner nella vecchia religione catolica che egli professa, ma per condescender a' loro desiderii per quanto poteva, si contentava di sospender quella parte del suo editto toccante la communione del calice, con tal condizione però, che non mutassero alcun'altra cosa nelle leggi e ceremonie della Chiesa, sino al decreto della futura dieta; e non desiderando niente di piú, contentarsi di concorrer prontamente alle contribuzioni contra il nemico.

I bavari ancora ricercarono il suo duca di libertà di religione, dimandando la libera predicazione dell'Evangelio, il matrimonio de' preti, la communione sub utraque et il mangiar carne ogni giorno, protestando che altramente non pagarebbono gravezze, né contribuzioni contra turchi. Il qual, vedendo che Ferdinando, suo suocero, aveva concesso a suoi la communione del calice, per aver esso ancora aiuto de danari da loro, gli concesse che potessero usar la communione del calice e mangiar carne per necessità ne' giorni proibiti, finché le cose della religione fossero accordate con publica autorità, restando nondimeno in vigore gl'editti fatti da lui in materia della religione; protestando con molte et ampie parole di non voler partirsi dalla Chiesa e dalla religione de' suoi maggiori, né mutar nelle ceremonie cosa alcuna senza la volontà del pontefice e dell'imperatore promettendo di far opera che il metropolitano e vescovi suoi approvino questa concessione e non diano molestia ad alcuno per queste cose. Il Palatinato tutto abbracciò la confessione augustana per esser morto l'elettore e successo il nipote, il quale era dicchiarato di quella confessione già molti anni, per quale anco aveva molte persecuzioni patito. Egli, gionto al principato, immediate proibí le messe e ceremonie romane per tutto 'l suo prencipato.

 

 




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