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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro quinto
    • [Nuovi disgusti del papa e di Cesare per li Colonnesi. Il papa si prepara alla guerra]
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[Nuovi disgusti del papa e di Cesare per li Colonnesi. Il papa si prepara alla guerra]

Crescevano ogni giorno maggiormente li disgusti del pontefice contra l'imperatore et il re suo figlio. Aveva il pontefice formato un severissimo processo contra Ascanio Colonna e Marco Antonio, suo figlio, per molte offese che pretendeva fatte alla Sede apostolica da Ascanio, sino quando Clemente fu assediato, e poi contra Paolo III e Giulio, e da Marco Antonio contra sé e lo Stato della Chiesa; e narrate in concistoro tutte le ingiurie fatte ne' tempi vecchi da' colonnesi contra la Sede apostolica, aveva scommunicato Ascanio e Marco Antonio, privato d'ogni degnità e feudo, con censure contra chi gli prestasse aiuto o favore; e confiscato tutte le loro terre nello Stato della Chiesa, datele al conte di Montorio, suo nipote, con titolo di duca di Pagliano. Marco Antonio, ritirato nel regno, fu ricevuto, et alle volte con qualche numero di gente scorreva ne' luoghi già suoi; il che irritava l'animo del papa sommamente: il quale stimando che i suoi cenni dovessero esser a tutti commandamenti e di poter metter terrore ad ogn'un, non poteva comportar che a Napoli, sua patria, dove averebbe voluto esser tenuto per onnipotente, fosse cosí poco stimato. Riputava nel principio, col straparlare del re e dell'imperatore, intimorirgli e fargli desister dal prestar favori a' colonnesi, e perciò frequentissimamente parlava a parole piene di vituperio in presenza d'ogni sorte di persone, e ritrovandosi alcun cardinale spagnuolo presente, le diceva piú volontieri, e poi in fine commandava che gli fossero scritte.

Non facendo alcuna di queste prove effetto, passò piú inanzi, et il 23 luglio fece comparir in concistoro il fiscale con Silvestro Aldobrandino, avvocato concistoriale, quali esposero che, avendo la Santità Sua per delitti scommunicato e privato Marco Antonio Colonna e proibito sotto le medesime censure ad ogni sorte di persone l'aiutarlo o favorirlo, et essendo notorio che l'imperatore et il re Filippo, suo figlio, l'avevano sovvenuto di cavalli, fanti e danari, erano incorsi nella pena della sentenzia, e caduti da' feudi. Perilché facevano instanza che Sua Santità venisse alla declaratoria e mettesse ordine all'essecuzione. Il pontefice rispose che col conseglio de' cardinali aviserebbe, e licenziatigli, propose in concistorio quello che in caso di tanta importanza fosse da fare. I cardinali francesi parlarono con molto onore dell'imperatore e del re Filippo, ma in modo che il pontefice veniva grandemente eccitato; gl'imperiali con parole d'ambiguo senso et indirizzate a portar tempo inanzi. I teatini, proprii cardinali del papa, dissero cose molto magnifiche dell'autorità ponteficia e del valor e prudenza di Sua Santità, sola atta a trovar rimedio a quel male, lodando tutte le cose fatte e rimettendosi quanto al rimanente. Licenziato il concistoro senza che risoluzione fosse presa, il papa conobbe che bisognava o ceder, o venir alla guerra: dalla quale non aborrendo per il natural suo pieno d'ardire e di speranze, opportunamente gli vennero avisi dal nipote delle cose concluse in Francia: onde cessarono pertanto i raggionamenti di riforma e di concilii, e si mutarono in discorsi di danari, soldati et intelligenze, delle qual cose, come non partinenti al proposito mio, dirò solo quel che può mostrare qual fosse l'animo del papa e quanto dedito alla riforma vera della Chiesa, o almeno alla colorata. Il papa in Roma armò i cittadini et abitatori, distribuendogli sotto i capi de' rioni, che cosí chiamano, e gli rassegnò in numero di 5000, per la maggior parte artigiani e forestieri; fece fortificar molte delle sue terre e vi pose soldati dentro, sollecitò che gli andassero 3000 guasconi, che il re di Francia inviava per mare, mentre si preparava l'essercito reale per passare in Italia, acciò il pontefice potesse sostenersi.

 

 




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