[Nuovi disgusti del papa e di Cesare
per li Colonnesi. Il papa si prepara alla guerra]
Crescevano ogni giorno maggiormente li
disgusti del pontefice contra l'imperatore et il re suo figlio. Aveva il
pontefice formato un severissimo processo contra Ascanio Colonna e Marco
Antonio, suo figlio, per molte offese che pretendeva fatte alla Sede apostolica
da Ascanio, sino quando Clemente fu assediato, e poi contra Paolo III e Giulio,
e da Marco Antonio contra sé e lo Stato della Chiesa; e narrate in concistoro
tutte le ingiurie fatte ne' tempi vecchi da' colonnesi contra la Sede apostolica,
aveva scommunicato Ascanio e Marco Antonio, privato d'ogni degnità e feudo, con
censure contra chi gli prestasse aiuto o favore; e confiscato tutte le loro
terre nello Stato della Chiesa, datele al conte di Montorio, suo nipote, con
titolo di duca di Pagliano. Marco Antonio, ritirato nel regno, fu ricevuto, et
alle volte con qualche numero di gente scorreva ne' luoghi già suoi; il che
irritava l'animo del papa sommamente: il quale stimando che i suoi cenni
dovessero esser a tutti commandamenti e di poter metter terrore ad ogn'un, non
poteva comportar che a Napoli, sua patria, dove averebbe voluto esser tenuto
per onnipotente, fosse cosí poco stimato. Riputava nel principio, col
straparlare del re e dell'imperatore, intimorirgli e fargli desister dal
prestar favori a' colonnesi, e perciò frequentissimamente parlava a parole
piene di vituperio in presenza d'ogni sorte di persone, e ritrovandosi alcun
cardinale spagnuolo presente, le diceva piú volontieri, e poi in fine
commandava che gli fossero scritte.
Non facendo alcuna di queste prove
effetto, passò piú inanzi, et il 23 luglio fece comparir in concistoro il
fiscale con Silvestro Aldobrandino, avvocato concistoriale, quali esposero che,
avendo la Santità Sua per delitti scommunicato e privato Marco Antonio Colonna
e proibito sotto le medesime censure ad ogni sorte di persone l'aiutarlo o
favorirlo, et essendo notorio che l'imperatore et il re Filippo, suo figlio,
l'avevano sovvenuto di cavalli, fanti e danari, erano incorsi nella pena della
sentenzia, e caduti da' feudi. Perilché facevano instanza che Sua Santità
venisse alla declaratoria e mettesse ordine all'essecuzione. Il pontefice
rispose che col conseglio de' cardinali aviserebbe, e licenziatigli, propose in
concistorio quello che in caso di tanta importanza fosse da fare. I cardinali
francesi parlarono con molto onore dell'imperatore e del re Filippo, ma in modo
che il pontefice veniva grandemente eccitato; gl'imperiali con parole d'ambiguo
senso et indirizzate a portar tempo inanzi. I teatini, proprii cardinali del
papa, dissero cose molto magnifiche dell'autorità ponteficia e del valor e
prudenza di Sua Santità, sola atta a trovar rimedio a quel male, lodando tutte
le cose fatte e rimettendosi quanto al rimanente. Licenziato il concistoro senza
che risoluzione fosse presa, il papa conobbe che bisognava o ceder, o venir
alla guerra: dalla quale non aborrendo per il natural suo pieno d'ardire e di
speranze, opportunamente gli vennero avisi dal nipote delle cose concluse in
Francia: onde cessarono pertanto i raggionamenti di riforma e di concilii, e si
mutarono in discorsi di danari, soldati et intelligenze, delle qual cose, come
non partinenti al proposito mio, dirò solo quel che può mostrare qual fosse
l'animo del papa e quanto dedito alla riforma vera della Chiesa, o almeno alla
colorata. Il papa in Roma armò i cittadini et abitatori, distribuendogli sotto
i capi de' rioni, che cosí chiamano, e gli rassegnò in numero di 5000, per la
maggior parte artigiani e forestieri; fece fortificar molte delle sue terre e
vi pose soldati dentro, sollecitò che gli andassero 3000 guasconi, che il re di
Francia inviava per mare, mentre si preparava l'essercito reale per passare in
Italia, acciò il pontefice potesse sostenersi.
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