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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro quinto
    • [Il duca d'Alva apre la guerra]
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[Il duca d'Alva apre la guerra]

In questi maneggi e preparazioni di guerra il pontefice ebbe di molti sospetti, per quali serrò in Castello assai cardinali e baroni et altri personaggi. Impreggionò anco Garcillasso di Vega, ambasciatore del re d'Inghilterra, cioè del re Filippo, e Giovanni Antonio Tassis, maestro de le poste imperiali. Et al duca d'Alva, che mandò a protestargli del tener in Roma i fuorusciti del regno, dell'aver posto mano e ritener in carcere senza raggione le persone publiche, e d'aver aperto lettere del re e fattogli altri oltraggi (ché questi accidenti erano avvenuti), soggiongendo che il re, per conservazione della propria riputazione e della raggione delle genti, non poteva restar, quando Sua Santità avesse perseverato in azioni cosí offensive, di propulsar l'ingiuria; il papa rimandò risposta che era prencipe libero et a tutti gl'altri superiore, non obligato a render conto ad alcuno, ma con potestà di dimandar conto ad ogni prencipe; che aveva potuto trattener e veder le lettere di qual si voglia, avendo indicii che fossero a danno della Chiesa; che se Garcillasso avesse fatto l'officio dell'ambasciatore, non gli sarebbe avvenuto cosa sinistra; ma avendo tenuto mano a trattati, mosse sedizioni, machinato contra il principe a cui era mandato, aveva mal operato come privato, e come tale voleva punirlo; che egli, per qual si voglia pericolo, non mancherebbe mai alla degnità della Chiesa et alla difesa di quella Sede, rimettendo tutto a Dio, dal quale era posto guardiano del gregge di Cristo. E continuando tuttavia il papa di provedersi, il duca d'Alva risoluto che meglio fosse assaltare che d'esser assaltato, mandò di nuovo a protestargli che, avendo il re sostenuto tante ingiurie e conoscendo la mente di Sua Santità di volergli levar il regno di Napoli, e tenendo certo che ha perciò fatto lega con suoi nemici, non poteva il re continuar con esso lui in quella maniera; però, se Sua Santità voleva la guerra, gliel'annonciava e presto l'averebbe mossa, protestando de danni e voltando sopra il pontefice la colpa. Ma se anco voleva una buona pace, gliel'offeriva con ogni prontezza. Ma mostrando il papa di voler pace, non rispondendo però, se non parole generali et interponendo tempo, il 4 settembre diede il duca alla guerra principio, nella quale in quell'anno 1556 prese quasi tutta la Campagna, tenendola per nome del futuro pontefice, e si accostò a Roma cosí vicino, che pose in terrore tutta quella città, e si diedero tutti a munirla e fortificarla. Et il pontefice, per insegnar a' governatori de' luoghi quello che debbono fare in tal casi, constrinse tutti i religiosi, di qual stato e qualità si fosse, a portar terreno con la zerla in spalla per edificar i balloardi. Tra gl'altri luoghi che avevano bisogno di terrapieno uno era appresso la Porta del Popolo, che termina la via di Flaminia, dove è una chiesa della Madonna di molta divozione; la qual volendo spianare, il duca d'Alva mandò a pregar il papa che si lasciasse in piedi, dando parola e giuramento che per nissun rispetto si sarebbe mai valuto dell'opportunità di quel luogo. Ma la grandezza della città et altri rispetti e pericoli consegliarono il duca, non tentata Roma, d'attendere ad altre imprese minori.

 

 




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