[Il duca d'Alva apre la guerra]
In questi maneggi e preparazioni di guerra
il pontefice ebbe di molti sospetti, per quali serrò in Castello assai
cardinali e baroni et altri personaggi. Impreggionò anco Garcillasso di Vega,
ambasciatore del re d'Inghilterra, cioè del re Filippo, e Giovanni Antonio
Tassis, maestro de le poste imperiali. Et al duca d'Alva, che mandò a
protestargli del tener in Roma i fuorusciti del regno, dell'aver posto mano e
ritener in carcere senza raggione le persone publiche, e d'aver aperto lettere
del re e fattogli altri oltraggi (ché questi accidenti erano avvenuti),
soggiongendo che il re, per conservazione della propria riputazione e della
raggione delle genti, non poteva restar, quando Sua Santità avesse perseverato
in azioni cosí offensive, di propulsar l'ingiuria; il papa rimandò risposta che
era prencipe libero et a tutti gl'altri superiore, non obligato a render conto
ad alcuno, ma con potestà di dimandar conto ad ogni prencipe; che aveva potuto
trattener e veder le lettere di qual si voglia, avendo indicii che fossero a
danno della Chiesa; che se Garcillasso avesse fatto l'officio
dell'ambasciatore, non gli sarebbe avvenuto cosa sinistra; ma avendo tenuto
mano a trattati, mosse sedizioni, machinato contra il principe a cui era mandato,
aveva mal operato come privato, e come tale voleva punirlo; che egli, per qual
si voglia pericolo, non mancherebbe mai alla degnità della Chiesa et alla
difesa di quella Sede, rimettendo tutto a Dio, dal quale era posto guardiano
del gregge di Cristo. E continuando tuttavia il papa di provedersi, il duca
d'Alva risoluto che meglio fosse assaltare che d'esser assaltato, mandò di
nuovo a protestargli che, avendo il re sostenuto tante ingiurie e conoscendo la
mente di Sua Santità di volergli levar il regno di Napoli, e tenendo certo che
ha perciò fatto lega con suoi nemici, non poteva il re continuar con esso lui
in quella maniera; però, se Sua Santità voleva la guerra, gliel'annonciava e
presto l'averebbe mossa, protestando de danni e voltando sopra il pontefice la
colpa. Ma se anco voleva una buona pace, gliel'offeriva con ogni prontezza. Ma
mostrando il papa di voler pace, non rispondendo però, se non parole generali
et interponendo tempo, il 4 settembre diede il duca alla guerra principio,
nella quale in quell'anno 1556 prese quasi tutta la Campagna, tenendola per
nome del futuro pontefice, e si accostò a Roma cosí vicino, che pose in terrore
tutta quella città, e si diedero tutti a munirla e fortificarla. Et il
pontefice, per insegnar a' governatori de' luoghi quello che debbono fare in
tal casi, constrinse tutti i religiosi, di qual stato e qualità si fosse, a
portar terreno con la zerla in spalla per edificar i balloardi. Tra gl'altri
luoghi che avevano bisogno di terrapieno uno era appresso la Porta del Popolo,
che termina la via di Flaminia, dove è una chiesa della Madonna di molta
divozione; la qual volendo spianare, il duca d'Alva mandò a pregar il papa che
si lasciasse in piedi, dando parola e giuramento che per nissun rispetto si
sarebbe mai valuto dell'opportunità di quel luogo. Ma la grandezza della città
et altri rispetti e pericoli consegliarono il duca, non tentata Roma,
d'attendere ad altre imprese minori.
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