[Il papa dipuone i suoi scelerati
nipoti]
Il papa, vedutosi per la guerra passata
privato del credito col quale riputava poter spaventar tutto 'l mondo, con un
atto eroico pensò racquistarlo, e sprovistamente il 26 genaro in consistoro
privò il cardinale Caraffa della legazione di Bologna e del governo tutto, e lo
relegò a Civita Lavinia; e levò a Giovanni Caraffa, fratello di quello, il
capitanato e la cura dell'armata, relegatolo a Galessi. L'altro nipote privò di
governatore di Borgo e lo relegò in Montebello, commandando che le donne e
figli e le famiglie partissero da Roma, et essi non si discostassero dalla
relegazione, sotto pena di ribellione. Privò anco degli offici tutti quelli a
chi ne aveva dato a contemplazione loro: consumò piú di 6 ore in querelarsi et
inveir contra le opere loro mal fatte, con tanta escandescenza, che si sdegnava
contra i cardinali che, per mitigarlo, mettevano qualche buona parola; et al
cardinale Sant'Angelo, che, lodata la giustizia, gli raccordò un detto usato da
Paolo III frequentemente, che il pontefice non debbe mai levar ad alcuno la
speranza di grazia, rispose al cardinale che meglio averebbe fatto Paolo III,
suo avo, se cosí avesse proceduto contra il padre di lui e castigato le
sceleratezze di quello. Instituí nuovo governo in Roma e nello Stato della
Chiesa, dando cura d'espedir tutti i negozii a Camillo Orsino, al quale
aggionse i cardinali di Trani e di Spoleto, affettando in queste azzioni fama
di giustizia, e rivoltando le colpe de' gravami patiti da' popoli sopra i
nipoti. Cosí scaricato dal governo, si diede tutto a pensar all'officio
dell'Inquisizione, dicendo che quello era il vero ariete contra l'eresia e per
difesa della Sede apostolica; risguardando poco quello che convenisse al tempo,
publicò una nuova constituzione sotto il 15 febraro, quale volse fosse
sottoscritta da tutti i cardinali. In questa rinovò qualonque censura e pene
prononciate da' suoi precessori, qualonque statuto de canoni, concilii e padri
in qualsivoglia tempo publicati contra eretici; ordinando che fossero rimessi
in uso gl'andati in desuetudine; dicchiarò che tutti i prelati e prencipi,
eziandio re et imperatori, caduti in eresia fossero e s'intendessero privati
de' beneficii, Stati, regni et imperii, senza altra decchiarazione, et inabili
a poter esser restituiti a quelli, eziandio dalla Sede apostolica; e beni,
Stati, regni et Imperio s'intendano publicati, e siano de' catolici che
gl'occuperanno. Cosa che diede molto che dire, e se non fosse stata dal mondo
immediate tenuta in poca stima, averebbe acceso il fuogo in tutta cristianità.
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