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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro quinto
    • [Il papa dipuone i suoi scelerati nipoti]
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[Il papa dipuone i suoi scelerati nipoti]

Il papa, vedutosi per la guerra passata privato del credito col quale riputava poter spaventar tutto 'l mondo, con un atto eroico pensò racquistarlo, e sprovistamente il 26 genaro in consistoro privò il cardinale Caraffa della legazione di Bologna e del governo tutto, e lo relegò a Civita Lavinia; e levò a Giovanni Caraffa, fratello di quello, il capitanato e la cura dell'armata, relegatolo a Galessi. L'altro nipote privò di governatore di Borgo e lo relegò in Montebello, commandando che le donne e figli e le famiglie partissero da Roma, et essi non si discostassero dalla relegazione, sotto pena di ribellione. Privò anco degli offici tutti quelli a chi ne aveva dato a contemplazione loro: consumò piú di 6 ore in querelarsi et inveir contra le opere loro mal fatte, con tanta escandescenza, che si sdegnava contra i cardinali che, per mitigarlo, mettevano qualche buona parola; et al cardinale Sant'Angelo, che, lodata la giustizia, gli raccordò un detto usato da Paolo III frequentemente, che il pontefice non debbe mai levar ad alcuno la speranza di grazia, rispose al cardinale che meglio averebbe fatto Paolo III, suo avo, se cosí avesse proceduto contra il padre di lui e castigato le sceleratezze di quello. Instituí nuovo governo in Roma e nello Stato della Chiesa, dando cura d'espedir tutti i negozii a Camillo Orsino, al quale aggionse i cardinali di Trani e di Spoleto, affettando in queste azzioni fama di giustizia, e rivoltando le colpe de' gravami patiti da' popoli sopra i nipoti. Cosí scaricato dal governo, si diede tutto a pensar all'officio dell'Inquisizione, dicendo che quello era il vero ariete contra l'eresia e per difesa della Sede apostolica; risguardando poco quello che convenisse al tempo, publicò una nuova constituzione sotto il 15 febraro, quale volse fosse sottoscritta da tutti i cardinali. In questa rinovò qualonque censura e pene prononciate da' suoi precessori, qualonque statuto de canoni, concilii e padri in qualsivoglia tempo publicati contra eretici; ordinando che fossero rimessi in uso gl'andati in desuetudine; dicchiarò che tutti i prelati e prencipi, eziandio re et imperatori, caduti in eresia fossero e s'intendessero privati de' beneficii, Stati, regni et imperii, senza altra decchiarazione, et inabili a poter esser restituiti a quelli, eziandio dalla Sede apostolica; e beni, Stati, regni et Imperio s'intendano publicati, e siano de' catolici che gl'occuperanno. Cosa che diede molto che dire, e se non fosse stata dal mondo immediate tenuta in poca stima, averebbe acceso il fuogo in tutta cristianità.

 

 




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