[Il papa non concede a Ferdinando la
successione all'Imperio]
Ma un'altra occorrenza fece apparir al
mondo che non aveva moderato l'alterezza dell'animo. Carlo imperatore sino del
1556, per sue lettere scritte agl'elettori e prencipi, diede a Ferdinando
assolutamente tutta l'amministrazione dell'Imperio, senza che communicasse
altro seco, commandando che da tutti fosse ubedito. Dopo destinò ambasciatori
in Germania alla dieta Gulielmo, prencipe d'Oranges, con due altri colleghi per
transferir in Ferdinando il nome, titolo, degnità e corona, come se egli fosse
morto: il che non parendo agl'elettori opportuno, fu differito sino questo
1558, nel quale a' 24 febraro, giorno della natività, della coronazione e
d'altre felicità di Carlo, dagl'ambasciatori suoi in Francfort, in presenza de'
prencipi elettori, fatte le ceremonie della ressignazione, Ferdinando fu
inaugurato co' soliti riti. Il pontefice, udito questo, diede in una eccessiva
escandescenza: pretese che sí come la conferma ponteficia è quella che fa
l'imperatore, cosí la renoncia non si potesse far se non in mano sua, et in
quel caso a lui appartenesse far imperatore chi gli fosse piacciuto, allegando
che gl'elettori hanno facoltà concessagli per grazia ponteficia d'eleger
imperatore in luogo del defonto, ma non essergli communicata potestà d'elegerlo
in caso di resignazione, ma restasse nell'arbitrio della Sede apostolica, sí
come alla disposizione di quella sono affette tutte le degnità a quella
resignate. Perilché esser nulla la resignazione di Carlo, e la total autorità
di proveder d'imperatore esser divoluta a lui, e fu risoluto di non riconoscer
il re de' Romani per imperatore.
Ma Ferdinando, se ben conscio di ciò,
destinò Martino Gusmanno suo ambasciatore per dargli conto della renoncia del
fratello e dell'assonzione sua, per testificargli la riverenza, promettendogli
obedienza e significandogli che averebbe mandato ambasciaria solenne per
trattar la coronazione. Il papa ricusò ascoltarlo e rimesse a' cardinali di
discuter la materia; i quali, cosí volendo e disponendo lui, riferirono che
l'ambasciatore non si poteva admetter se prima non constava che la resignazione
di Carlo fosse legitima e che Ferdinando fosse giuridicamente successo. Perché,
se ben egli fu eletto re de' Romani, e l'elezzione confermata da Clemente per
succeder morto l'imperatore, esser necessario che l'Imperio restasse vacante
per morte. Oltre di ciò, tutti gli atti di Francforto esser nulli, come fatti
da eretici che hanno perduto ogni autorità e potestà; onde bisognava che
Ferdinando mandasse un procuratore e rinonciasse tutte le cose fatte in quella
dieta, e supplicasse il papa che per grazia convalidasse la renoncia di Carlo
et assumesse Ferdinando all'Imperio per virtú della sua piena potestà, dal
quale poteva sperar benigna grazia paternale. Secondo questo conseglio deliberò
il papa, e fece intender al Gusmanno, dandogli tempo tre mesi per esseguir
questo, oltra i quali era risoluto non voler sentirne piú parlare, ma dover
crear esso un imperatore, né fu possibile rimoverlo, se ben il re Filippo, per
favorir il zio, mandò Francesco Vargas espresso, e dopo lui Giovanni Figaroa
per pregarlo. Ferdinando, intese queste cose, ordinò al Gusmanno, che, se in
termine di 3 giorni dalla ricevuta, non era admesso dal papa, dovesse partire,
avendo protestato che Ferdinando con gl'elettori averebbe determinato quello
che fosse stato di degnità dell'Imperio. Ricercò il Gusmanno di nuovo audienza,
la qual il papa gli concesse in privato e non come ad ambasciatore cesareo; et
uditolo narrare quanto aveva in instruzzione e quello che gl'era scritto
dall'imperatore, rispose che le cose considerate da' cardinali erano molto
importanti e che non poteva risolversene cosí presto: che averebbe mandato un
noncio alla Maestà Cesarea di Carlo V; tra tanto, se egli aveva commissione dal
suo patrone di partire, partisse e protestasse tutto quello che gli pareva. Per
il che l'ambasciatore, fatta la protesta, si partí, e se ben l'istesso anno
morí Carlo, il 21 settembre, non fu possibile che il papa si rimovesse dalla
deliberazione fatta.
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