[Congiura di religione e di Stato in
Francia. Il consiglio regio pensa a un concilio nazionale]
Ma in Francia, in molte parti del regno fu
eccitata una gran congiura, nella quale entrarono molti, e la maggior parte per
causa di religione, sdegnati che tutto 'l giorno si vedesse per ogni parte
lacerare et abbruggiare i miseri, che di nissuna altra cosa erano colpevoli, se
non che da zelo dell'onor divino e salute dell'anima propria. A questi s'aggionsero
altri che, riputando i Ghisi esser causa di tutti i desordini del regno,
avevano per opera eroica liberarlo dalla oppressione, con levar a quelli
l'amministrazione delle cose publiche; vi erano anco degl'ambiziosi e
desiderosi di novità, i quali non potevano far i fatti loro, se non in mezo
delle turbe. Ma cosí questi mal intenzionati, come quegl'altri desiderosi del
bene del regno, per aver il seguito si coprivano col manto della religione, e
per fermar meglio gl'animi, fecero metter in scritto il parer a' principali
giurisconsulti di Germania e Francia, et a' teologi protestanti piú nominati
che, salva la conscienza e senza violar la Maestà del re e la degnità del
legitimo magistrato, era lecito prender le armi per opporsi alla violenta
dominazione di quelli di Ghisa, offensori della vera religione e della legitima
giustizia, che tenevano il re come preggione. Prepararono i congiurati una gran
moltitudine, che disarmati comparissero inanzi al re a dimandar che la severità
de' giudicii fosse mitigata e concessa libertà per la conscienza, con dissegno
che fossero seguiti da gentiluomini che supplicassero contra l'amministrazione
de' Ghisi. La congiura fu scoperta e la corte regia per sicurezza si ritirò da
Bles, luogo aperto et opportuno ad una tal essecuzione, ad Ambuosa, fortezza
ristretta; e perciò i concerti furono turbati. E mentre che i congiurati
trattano nuovo modo, di essi molti furono trovati in armi, e combattuti e
morti; altri ancora presi e giustiziati; e per quietar il tumulto [a'] 18 marzo,
per editto regio, fu concessa venia a quelli che per semplicità, mossi da zelo
di religione, s'erano conspirati, purché fra 24 ore deponessero le armi. E poi
fece anco il re un editto di perdono a tutti i riformati, mentre che tornassero
alla Chiesa; proibí tutte le radunanze di religione e diede la cognizione delle
cause di eresia a' vescovi, la qual cosa al cancellier non piaceva, ma
acconsentí, per timore che non s'introducesse l'Inquisizione alla spagnuola,
come i Ghisi procuravano.
Per il supplicio preso di congiurati e per
i perdoni publicati non si acquietarono gl'umori mossi, né furono deposte le
speranze concepite d'aver libertà di religione. Anzi, furono eccitati maggiori
tumulti populari in Provenza, Linguadocca e Poitú: nelle qual provincie furono
chiamati e concorsero anco da sé predicatori da Geneva, per le concioni de'
quali cresceva anco il numero de' seguaci della nuova riforma. Il qual concerto
tanto universale e repentino fece venir in risoluzione quelli che avevano il
governo del regno che vi fosse bisogno di rimedio ecclesiastico, e ben presto;
e da tutto 'l conseglio, era proposto un concilio nazionale. Il cardinale
d'Armignac diceva che niente era da farsi senza il papa, che egli solo bastava
per far ogni provisione, che si scrivesse a Roma et aspettasse di là risposta.
Al qual parere alcuni pochi prelati aderivano. Ma il vescovo di Valenza in
contrario diceva che non si poteva aspettar dal papa rimedio presto per la
lontananza; né appropriato, per non esser informato delle particolar necessità
del regno; né caritativo, per esser lui occupato nell'aggrandire i nipoti suoi;
che Dio aveva a tutti i regni dato rimedii necessarii per governar lo stato
proprio; che la Francia aveva i proprii prelati per regolar le cose della
religione; che essi meglio sanno i bisogni del regno; che sarebbe una
grand'assordità veder abbruggiar Parigi, avendo la Sena e la Marna piene
d'acqua, e creder che bisognasse aspettar a condurne dal Tevere per estinguer
l'incendio. La risoluzione del conseglio fu che, vedendosi bisogno d'un presto
e gagliardo rimedio, si facesse un'adunanza de' prelati del regno per ritrovar
modo di fermar il corso a tanti mali, et il dí 11 aprile fu intimata per 10
settembre prossimo.
Ma acciò non fosse ricevuta in male dal
pontefice, fu spedito un corriero a Roma per dargli conto della deliberazione e
significargli il bisogno di quel rimedio e pregarlo di ricever la deliberazione
in bene. E l'ambasciator rappresentò al papa il male et i pericoli, con la
speranza che il re aveva di qualche buon rimedio con una general convocazione
de' prelati, senza la quale non si vedeva mezo di provisione efficace. Perilché
era stato constretto, non differendo piú longamente, né aspettando rimedii da
luoghi lontani e per tempi incerti e per necessità longhi, valersi di quello
che era in sua mano, prossimo di luogo e di tempo; soggiongendo che nissuna
risoluzione di quel convento sarebbe esseguita, né tenuta per valida, se non
fosse prima da Sua Santità approvata. Il papa per converso si dolse gravemente che
il re avesse publicato perdono degl'errori commessi contra la religione,
eziandio a quelli che non lo dimandavano: cosa in che nissun ha potestà, salvo
che il pontefice romano. «E chi è il re, diceva, che pensa di poter perdonare i
delitti contra Dio?» Che non è maraviglia se per giusta ira divina tanti
tumulti sono in quel regno, dove i sacri canoni sono vilipesi et usurpata
l'autorità ponteficia. Passò poi a dire che l'adunanza de' prelati non averebbe
fatto alcun buon effetto, anzi causato maggior divisione; che aveva già
proposto il concilio generale, unico rimedio; il difetto che sin allora non
fosse ridotto, da loro nasceva, che non lo volevano; con tutto ciò egli era
risoluto celebrarlo, se ben da niuno era richiesto, ma all'adunanza de' prelati
non voleva acconsentire in modo alcuno, né in Francia, né in altra parte; che
mai ciò era stato sopportato dalla Sede apostolica; che se ogni prencipe
celebrasse concilii da sé, seguirebbe una confusione e separazione dalla
Chiesa. Si querelò poi gravissimamente che prima il convento fosse intimato e
poi fosse ricercato il suo consenso, cosa che non si poteva interpretar se non
con poco rispetto al capo della Chiesa, al quale conviene riferire tutte le
cose ecclesiastiche, non per dargli conto del fatto, ma per ricever da lui
l'autorità di farle; che gl'editti publicati introducevano una manifesta
apostasia dalla Sede apostolica in quel regno; alla quale volendo ovviare,
averebbe per un noncio espresso fatto intender la sua volontà al re.
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