[Il papa publica la bolla]
Il 29 fu publicata in concistoro la
convocazione del concilio, la bolla della quale era intitolata Dell'intimazione
del concilio tridentino; il vocabolo latino fu «indictionis», et in questa
forma fu stampata in molti luoghi, se ben dopo, quando si stampò il corpo del
concilio tutto intiero, si mutò la voce, e fu detto «celebrationis». Il tenor
della bolla era: che il pontefice, dal principio della sua assonzione, applicò
l'animo all'estirpazione dell'eresie, all'estinzioni delle divisioni et emenda
de' costumi, per rimedio de' qual mali deliberò celebrar un concilio generale;
che Paolo III e Giulio per inanzi l'avevano congregato, ma non potuto finire, e
narrata la serie delle cose successe sotto quei pontefici, ne ascrive la
riuscita a varii impedimenti promossi dall'inimico del genere umano, almeno per
differire un tanto gran commodo della Chiesa, che non poteva a fatto impedire.
Soggiongendo che tra tanto erano moltiplicate e le eresie e le divisioni. Ma
essendo piacciuto a Dio di donar concordia a' re e prencipi cristiani, per
occasione di quella egli era entrato in gran speranza d'impor fine a tanti mali
della Chiesa con la via del concilio, la qual non ha voluto piú differire, per
levar il schisma e le eresie, riformar i costumi e servar la pace tra i
cristiani. Laonde, con conseglio de' cardinali et aviso di Ferdinando
imperatore eletto et altri re e prencipi, i quali ha trovato apparecchiati ad
aiutarne la celebrazione per l'autorità di Dio e de' santi apostoli Pietro e
Paolo, intima un general concilio nella città di Trento per il dí di Pasca,
levata qualonque sospensione; essortando e commandando sotto le pene canoniche
a tutti i patriarchi, arcivescovi, vescovi, abbati et altri che hanno voto
deliberativo per legge, privilegio o antica consuetudine che, non essendo
impediti legitimamente, si ritrovino inanzi quel giorno, ammonendo a
ritrovarvisi anco quelli che vi hanno o sono per aver interesse. Pregando
l'imperatore, re et altri prencipi che, non potendo intervenire personalmente,
mandino loro procuratori et operino che i prelati de' loro dominii senza scusa
e dimora esseguiscano il loro debito et abbiano libero e sicuro viaggio per
loro e per la compagnia, sí come farà egli in quello che potrà, non avendo
altro fine nel celebrar quel concilio che l'onor di Dio, la ridozzione delle
pecorelle disperse e la tranquillità perpetua della republica cristiana;
ordinando che la bolla sia publicata in Roma e con quella publicazione, dopo il
termine di 2 mesi, oblighi tutti i compresi, come se fosse loro presenzialmente
intimata.
Reputò il pontefice d'aver satisfatto a se
stesso, a quelli che volevano intimazione di nuovo concilio et a quelli che
ricercavano continuazione del vecchio; ma come avviene ne' consegli medii, che
sogliono dispiacere ad ambe le parti, il pontefice a nissuno sodisfece, come si
dirà. Immediate dopo la publicazione della bolla il papa spedí il Nicheto in
Francia con quella e con commissione che, se non fosse piacciuta la forma,
dicesse che non si guardasse alla voce «continuare», perché quella non impediva
che non si potesse di nuovo parlare sopra le cose già proposte. La mandò anco
all'imperatore et in Spagna. Destinò oltre di ciò Zaccaria Delfino, vescovo di
Liesina, noncio a' prencipi della Germania superiore, e Giovanni Francesco
Comendone, vescovo del Zante, a quelli dell'inferiore, con lettere a tutti e
con ordine di ricever prima instruzzione da Cesare come trattar con loro, e poi
esseguir l'ambasciata. Destinò anco l'abbate Martinengo alla regina
d'Inghilterra, invitando lei et i vescovi del regno al concilio: cosí persuaso
da Edoardo Cerno, di sopra nominato, che gli promise il noncio dover esser,
anco col voler della regina, ricevuto dalla metà del regno. E quantonque fosse
posto al papa in considerazione che il mandar noncii in Inghilterra et altrove
a' prencipi che professavano aperta separazione dalla Sede romana, non era con
riputazione, rispondeva voler anco umiliarsi all'eresia, poiché tutto era
condecente a quella Sede, quel che si faceva per acquistar le anime a Cristo.
Per la qual raggione ancora mandò il Conobio in Polonia con dissegno di farlo
passar anco in Moscovia et invitar al concilio quel prencipe e quella nazione,
quantonque mai abbia riconosciuto il pontefice romano.
Tornò poi a parlar del concilio in
concistoro, ricercando d'esser informato degl'uomini litterati di buona vita et
opinione di diverse provincie, atti a disputare e persuader la verità,
affermando aver animo di mandarne a chiamar molti; promettendo che, dopo aver
usata tutta la diligenza possibile per farvi venir tutti i cristiani et unirgli
nella religione, quando bene alcuni o molti non volessero venire, non era per
restar di farlo. Gli dava però gran pensiero che i protestanti di Germania, a'
quali era unita gran parte della Francia, averebbono negato di venire, overo
dimandato cose tanto essorbitanti, che non averebbe potuto conceder loro, e
dubitava anco che avessero potuto sturbar il concilio con le armi. Né confidava
di poter aver aiuto dall'imperatore per impedirgli, attese le sue poche forze.
Confessava che i pericoli erano grandi et i rimedii scarsi, onde stava
perplesso nell'animo e travagliato. Andando la bolla del concilio per Germania,
capitò in mano de' protestanti congregati alle nozze del duca di Lauemburg,
quali intimarono una dieta in Neumburgh per i 20 genaro.
Contra quella bolla il Vergerio scrisse un
libello, dove dopo grand'invettiva contra le pompe, il lusso e l'ambizione
della corte, soggiongeva che il concilio era dal papa convocato non per
stabilir la dottrina di Cristo, ma la servitú et oppressione delle misere
anime; che in quello non erano chiamati se non gl'obligati al papa per
giuramento, onde erano esclusi non solo li separati dalla Chiesa romana, ma
anco i piú intendenti che in quella erano, levata ogni libertà, nella qual sola
vi poteva esser speranza di concordia.
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