[La bolla non piace in Spagna]
Ma in Spagna tutt'in contrario i teologi
del re non lodavano la bolla, perché non diceva apertamente che fosse una
continuazione del concilio già incomminciato; anzi come avviene a chi censura
le cose altrui, quantonque fosse manifesta l'affettata ambiguità, pareva loro
che la nuova intimazione apparisse piú chiara, et alcuni di essi tenevano dalle
parole potersi cavar chiaramente consequenza che le determinazioni fatte già in
Trento potessero esser reessaminate, il che dicevano esser cosa piena di
pericolo e che al sicuro renderebbe i protestanti arditi, anzi potrebbe anco
causar qualche divisione nuova tra catolici. Il re soprasedette dal ricever e
publicar la bolla, sotto colore che non gli piacesse l'ambiguità delle parole e
d'aver per necessario che fosse senza nissuna coperta espresso quella esser
continuazione del concilio e che le cose determinate non si dovevano rivocare
in dubio; ma in realtà per esser restato molto offeso che, avendo il re di
Navarra mandato il vescovo di Cominges ad offerirgli obedienza secondo il
solito, il papa l'avesse ricevuto nella sala regia e come ambasciatore di re di
Navarra, riputando cosa pregiudiciale alla possessione sua in quel regno, sopra
quale non ha altro titolo o fondamento di raggione che la scommunica di Giulio
II, e di piú perché ascoltasse monsignor di Cars, mandatogli dall'istesso,
acciò s'adoperasse che gli fosse restituita la Navarra o datagli giusta
ricompensa, e promettesse di farne officio efficace col re. Mandò il papa in
Spagna espresso il vescovo di Terracina per giustificare et escusare le cose
fatte in favore del re di Navarra e rendere quasi per occasione la raggione
della bolla. A quelli che, per la contrarietà d'opinione in prencipi cosí
grandi, temevano, rispondeva che per pietà paterna ha invitato tutti, se ben ha
li protestanti per perduti, et i catolici di Germania non possono aderir al
concilio senza separarsi dagl'altri e far nascer una guerra; se anco qualch'altro
prencipe catolico non vorrà aderire, procederà di sua autorità, come fece
Giulio III senza il re di Francia. Nondimeno co' confidenti si scopriva il
pontefice di prender tutte queste fluttuazioni per indifferenti, poiché non
sapendo l'essito, poteva cosí temer che riuscissero in male, come sperar che in
bene. Vedeva fra tanto di ricever qualche beneficio da questo incerto concilio,
il qual non solo serviva per freno a' prencipi e prelati di non tentar cose
nuove, ma a sé ancora serviva di colore per negar con fondamento le ricchieste
non di suo gusto, scusando che, essendo aperto il concilio, con veniva che
procedesse accuratamente e con rispetto, e non fosse prodigo in grazie e
concessioni; e nascendo qualche difficoltà inestricabile o difficile, la
rimetteva al concilio.
Restava solamente in timore che la mala
disposizione de' protestanti verso la Chiesa romana potesse causar qualche
incorsione in Italia, che tutta sarebbe derivata sopra lui, e vedeva far bene
apertura per una disputa di precedenza tra i duchi di Fiorenza e Ferrara, la
qual usciva fuori di termini civili. Cosmo, duca di Fiorenza, pretendeva
preeminenza, come tenendo il luogo della republica fiorentina, che in tutti i
tempi è stata preferita a duchi di Ferrara. Alfonso, duca di Ferrara, la
pretendeva per esser la degnità ducale in casa de' progenitori suoi da molte
successioni, dove Cosmo era allora primo duca di Fiorenza; al quale non poteva
suffragare la raggione della republica che piú non era in piedi. Questo era
favorito dalla Francia come cugino d'Enrico II e cognato di quei di Ghisa,
l'altro si fondava sopra una sentenzia di Carlo V a suo favore. Alfonso faceva
instanza in Germania che l'imperatore in una dieta con gl'elettori fosse
giudice; che pareva al papa cosa pericolosa, quando la dieta di Germania
facesse sentenzie sopra l'Italia, che tirava in consequenza essecuzione e dubio
d'armi. Per rimediar questo, scrisse un breve ad ambidue i duchi: esser proprio
della Sede apostolica e del vicario di Cristo sentenziare in sí fatte cause,
commandando ad ambidue di presentar a lui, come solo legitimo giudice, le loro
raggioni et aspettarne sentenzia. E per esser preparato ad ogni evento,
deliberò di fortificar il Castello di Roma, la Città Leonina, detta volgarmente
Borgo, et i luoghi opportuni dello Stato suo, et impose gravezza per allora di
3 giulii per rubio di grano in tutto lo Stato ecclesiastico. E per non dar
gelosia a' prencipi, chiamò gl'ambasciatori dell'imperatore, Spagna, Portogallo
e Venezia, a' quali diede parte della deliberazione e delle raggioni,
commandando che avisassero i loro prencipi; che il tutto sarebbe fatto con
leggier gravame de' sudditi, essendo la gravezza da lui ordinata minore
dell'imposta da Paolo IV con far celebrar la catedra di san Pietro: perché per
la sua il povero non pagava piú che 3 giulii in tutto l'anno, che per la festa
di Paolo IV ne perdeva 5 col restar di lavorar quel giorno.
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