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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro quinto
    • [Assemblea di prelati in Francia]
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[Assemblea di prelati in Francia]

In Francia ancora, se ben la regina et i prelati desideravano satisfar il pontefice rimettendo al concilio le cause della religione, si metteva però in ordine una congregazione de prelati; e quantonque l'ambasciatore assicurasse il pontefice che non si sarebbe parlato di dottrina, né d'altra cosa pregiudiciale all'autorità ponteficia, ma solo per trovar come pagare i debiti del re e per proveder a qualche abuso e consultare le cose da trattar in concilio generale, non sodisfaceva alla sicurezza, anzi teneva che quel proveder alli abusi si riferiva ad impedir gl'emolumenti della corte; et il consultare per concilio, interpretava quello di che aveva avuto sentore, cioè che s'intendessero con spagnuoli in materia della suprema potestà del concilio, eziandio sopra il pontefice. S'aggiongeva che per le dissensioni, che erano tra i grandi nella corte diffuse, anco nelle provincie, mentre ciascuno procura maggior numero de parziali, essendo una libertà grande di parlare, i professori della nuova religione si scoprivano apertamente et erano protetti da' piú principali appresso il re, con molta indignazione de' catolici; onde per tutto 'l regno erano contenzioni e discordie, usandosi per villania dall'una contra l'altra parte i nomi de papisti et ugonotti, eccitando li predicatori la plebe a tumulti e caminando tutti con fini diversi. Vedeva chiaro che se la parte catolica non era tutta indrizzata da alcuno all'istesso fine, dovesse nascere qualche mostruosità, per evitar la quale e a fine d'ovviare o attraversare quei dissegni, giudicò esservi bisogno di ministro apostolico d'autorità, e non francese, interessato piú nel regno che nel servizio della Sede apostolica, e deliberò mandarvi un legato; e voltato l'occhio sopra tutti i cardinali, si fermò in Ferrara, concorrendo in quel cardinale tutte le qualità requisite: una singolar prudenza e destrezza nel negoziare, nobiltà congionta con la casa regia di Francia, essendo cognato della gran zia del re, figlia di Luigi XII, et un stretto parentato co' Ghisa, che averebbe costretto per raggioni di sangue di favorirlo, avendo il duca di Ghisa una nipote di quel cardinale in matrimonio. A questo diede quattro particolari commissioni: di favorir la parte catolica et oppugnare i protestanti, di divertir ogni sinodo nazionale e congregazione de prelati, di sollecitare l'andata de' prelati al concilio, e di far retratrare le ordinazioni fatte in materie ecclesiastiche.

Ma mentre il legato s'invia, successe accidente che fece temer i piú intimi del re non meno da' catolici che dagl'altri, avendo scoperto pessimi pensieri, con occasione che a' 14 luglio fu preso appresso Orliens Arturo Desiderio, il quale con una supplica s'inviava in Spagna, scritta per nome del clero di Francia, nella quale dimandava aiuto di quel re contra i protestanti, che non potevano esser repressi con gagliardi rimedii da un putto et una donna e con altre instruzzioni in cifra piú secrete da trattare con quella Maestà. Questo impreggionato et interrogato de' complici e manifestato alquanti, quali era cosa pericolosa scoprire, si deliberò che, quanto a' complici, non fosse da passar piú inanzi, fu condannato a far in publico emenda onorevole e stracciar la supplica, et a preggion perpetua nel monasterio de' certosini. E riscontrato molti degl'indicii dal reo manifestati, il conseglio regio giudicò necessario dar qualche sodisfazzione all'altra parte. Onde fece il re un editto, proibendo li nomi d'ugonotti e papisti, ordinando che, sotto pretesto di scoprir le congregazioni proibite per causa di religione, nissun potesse entrar né con pochi, né con molti in casa d'altri; che i preggioni per causa di religione fossero liberati, e fuorusciti sino al tempo di Francesco I potessero ritornare e racquistar i suoi beni, vivendo catolicamente, e non volendo cosí vivere, potessero vender i loro beni et andar altrove. A questo il parlamento di Parigi s'oppose, con dire che pareva concessa una libertà di religione, cosa in Francia insolita; che il tornar de' fuorusciti sarebbe caggione di gran turbe e che la facoltà di vender i beni et andar altrove era contra gl'instituti del regno, che non concede portar fuori danari in quantità.

 

 




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