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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro quinto
    • [Il papa rimette le sue speranze nel concilio]
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[Il papa rimette le sue speranze nel concilio]

Per queste occorrenze si confermò il papa nell'opinione concetta che fosse utile per sé e per la corte il concilio, e necessario il celebrarlo per difesa sua contra le preparazioni che vedeva farsi e suspicava maggiori: e di questo ne diede segno l'allegrezza che mostrò il 24 agosto, avendo ricevuto lettere dall'imperatore, dove diceva d'acconsentire in tutto e per tutto al concilio e che la dilazione usata da lui a decchiararsi sino a quel tempo non era stata se non per tirar i prencipi di Germania: ora che vedeva non poter far frutto d'avantaggio, lo pregava a continuar gl'ufficii et opere per accelerare la celebrazione. La qual lettera, congregati tutti gl'ambasciatori de' prencipi e la maggior parte de' cardinali, che fu come un concistoro, mostrò a tutti, dicendo che era degna d'esser scritta in lettere d'oro, aggiongendo che quel concilio sarebbe fruttuosissimo e che non era da differire; che sarebbe stato cosí universal concilio, che la città di Trento non ne sarebbe stata capace e che averebbe bisognato pensar di trasferirlo altrove in luogo piú commodo per ampiezza di città e fertilità di regione. Fu confermato dall'assistenza il raggionamento tenuto dal papa, se ben ad alcuno parve che fosse pericoloso il nominar traslazione nel principio, quando ogni minima sospizzione poteva apportar molto impedimento, overo almeno dilazione; pensando anco altri che ciò non sarebbe stato discaro al papa e che per ciò gettato avesse il motto, per aprir porta dove potesse entrare la difficoltà.

Essendo già non solo risoluto, ma fatto noto a tutti che de' prelati tedeschi nissun sarebbe intervenuto al concilio; dubitandosi anco, atteso il colloquio instituito, che [i] francesi averebbono trattato tra loro soli, e che il concilio sarebbe composto di soli italiani e spagnuoli, di questi non dovendo esser molto il numero, gl'italiani ancora vennero in pensiero che pochi di loro dovessero esser a sufficienza, onde molti s'adoperavano appresso il pontefice con ufficii e favori per esser degl'eccettuati. Il papa, per il contrario, parlava chiaro: che era certificato tutti gl'oltramontani venir con pensieri di sottopor il pontificato al concilio; che questo era interesse commune d'Italia, che alle altre regioni era preferita per la preminenza del pontificato, onde tutti dovevano andar per la difesa; che egli non voleva essentarne alcuno, anzi levar tutte le speranze, e dovessero certificarsene vedendo quanto egli era diligente in mandarvi legati; imperoché, oltra Mantova e Seripando, vi aveva anco fatto andar Stanislao Osio, cardinale varmiense. Il dopo publicata la lettera dell'imperatore, se ben era dominica, chiamò congregazione generale di tutti i cardinali; trattò di molti particolari concernenti il principio e progresso del concilio; in speciale promise che averebbe sovvenuto tutti i prelati poveri, ma voleva che vi andassero, e per ultimo termine non gli concedeva piú che 8 giorni. Mostrò quanto il concilio fosse necessario, poiché ogni giorno la religione era sbandita o posta in pericolo in qualche luogo.

E diceva il vero: imperoché già in Scozia, nel convento di tutta la nobiltà del regno fu ordinato che non vi fosse alcun essercizio della religione catolica romana. [E volendo la regina, che ritornò in Scozia all'agosto, far celebrar in una privata capella del sua palazzo, fu a chi bastò l'anima di romper le candelle et altri apparati; di che essendo ella mal contenta e ricchiedendo in grazia questa satisfazione di poter aver una messa per sé sola in luoco secreto, et inclinando una parte a darli contento, fu proposto nel publico convento un editto di permetterglieli una messa per la sua sola persona. Al quale Giacomo Amilton conte di Arranea ebbe ardire di contradire, et Arcimbaldo Duglas propose et ottenne che tutti li catolici che erano con la regina partissero del regno, e quietarono la regina applicando due terzi delle rendite ecclesiastiche a lei et un terzo alli ministri della religione introdotta].

 

 




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