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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro quinto
    • [Il papa prefigge giorno all'apertura del concilio]
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[Il papa prefigge giorno all'apertura del concilio]

Teneva per fermo la corte che al concilio non doveva trovarsiambasciator, né vescovi francesi, e discorreva quello che averebbe convenuto alla degnità ponteficia fare per sottomettergli per forza alle determinazioni del concilio, quale il papa era deliberato che fosse aperto onninamente al principio dell'anno nuovo; questa risoluzione communicò a' cardinali, essortandogli a considerar non esser degnità della Sede apostolica, né di quel collegio l'admetter di ricever regole e riforme da altri, e la condizione de' tempi, quando tutti gridano riforma, senza intender che cosa sia, ricercare che, attesa la speciosità del nome, non sia rifiutata; ottimo temperamento tra queste contrarietà di raggioni esser, prevenendo, il far la riforma di sé medesimo, il che anco servirà non solo a questa tanto, ma ancora ad acquistar lode coll'esser essempio agl'altri. Che per questa cosa egli voleva riformare la penitenziaria e dataria, principali membri della corte, et attender poi alle parti piú minute ancora. Deputò per questo cardinali all'uno et all'altro carico. Discorse le cause per che non si poteva differir piú in longo l'apertura del concilio; perché, scoprendosi sempre piú negl'oltramontani cattivi fini e dissegni d'abbassar l'assoluta potestà che Dio ha dato al pontefice romano, quanto piú spacio si loro di pensarci, tanto piú le macchinazioni crescono, et esser in pericolo che degl'italiani, col tempo, alcuni siano guadagnati; per tanto consister la salute nella celerità, senza che le spese che fa in sostentargli sono immense, a' quali, se non si mette fine, non potrà la Sede apostolica supplire. Diede poi la croce della legazione al cardinale Altemps, con ordine che si mettesse in pronto e partisse per esser in Trento all'apertura del concilio, se fosse possibile. La causa perché revocò l'ordine dato alla partita del cardinal Simoneta d'aprir il concilio al suo arrivo, fu l'instanza fatta dall'ambasciatore imperiale in Roma che a quell'azzione fossero aspettati gl'ambasciatori del suo prencipe. Ma avendo poi avvertito Sua Santità che si sarebbono ritrovati in Trento inanzi il mezo di genaro, fece efficace instanza al marchese di Pescara, destinato dal re di Spagna ambasciatore al concilio, che per quello istesso tempo si ritrovasse in Trento all'apertura, per assistere egli ad essa; e sollecitò i veneziani a mandar la loro ambasciaria, stimando molto che quella ceremonia passasse con riputazione. Scrisse nondimeno a' legati che aprissero il concilio immediate arrivati gl'ambasciatori dell'imperatore e de' prencipi sopra nominati: ma quando a mezo il mese fossero gionti, non si differisse piú. Con questo stato di cose finí l'anno 1561.




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