[Il papa prefigge giorno all'apertura
del concilio]
Teneva per fermo la corte che al concilio
non doveva trovarsi né ambasciator, né vescovi francesi, e discorreva quello
che averebbe convenuto alla degnità ponteficia fare per sottomettergli per
forza alle determinazioni del concilio, quale il papa era deliberato che fosse
aperto onninamente al principio dell'anno nuovo; questa risoluzione communicò
a' cardinali, essortandogli a considerar non esser degnità della Sede
apostolica, né di quel collegio l'admetter di ricever regole e riforme da
altri, e la condizione de' tempi, quando tutti gridano riforma, senza intender
che cosa sia, ricercare che, attesa la speciosità del nome, non sia rifiutata;
ottimo temperamento tra queste contrarietà di raggioni esser, prevenendo, il
far la riforma di sé medesimo, il che anco servirà non solo a questa tanto, ma
ancora ad acquistar lode coll'esser essempio agl'altri. Che per questa cosa
egli voleva riformare la penitenziaria e dataria, principali membri della
corte, et attender poi alle parti piú minute ancora. Deputò per questo
cardinali all'uno et all'altro carico. Discorse le cause per che non si poteva
differir piú in longo l'apertura del concilio; perché, scoprendosi sempre piú
negl'oltramontani cattivi fini e dissegni d'abbassar l'assoluta potestà che Dio
ha dato al pontefice romano, quanto piú spacio si dà loro di pensarci, tanto
piú le macchinazioni crescono, et esser in pericolo che degl'italiani, col
tempo, alcuni siano guadagnati; per tanto consister la salute nella celerità,
senza che le spese che fa in sostentargli sono immense, a' quali, se non si
mette fine, non potrà la Sede apostolica supplire. Diede poi la croce della
legazione al cardinale Altemps, con ordine che si mettesse in pronto e partisse
per esser in Trento all'apertura del concilio, se fosse possibile. La causa
perché revocò l'ordine dato alla partita del cardinal Simoneta d'aprir il
concilio al suo arrivo, fu l'instanza fatta dall'ambasciatore imperiale in Roma
che a quell'azzione fossero aspettati gl'ambasciatori del suo prencipe. Ma
avendo poi avvertito Sua Santità che si sarebbono ritrovati in Trento inanzi il
mezo di genaro, fece efficace instanza al marchese di Pescara, destinato dal re
di Spagna ambasciatore al concilio, che per quello istesso tempo si ritrovasse in
Trento all'apertura, per assistere egli ad essa; e sollecitò i veneziani a
mandar la loro ambasciaria, stimando molto che quella ceremonia passasse con
riputazione. Scrisse nondimeno a' legati che aprissero il concilio immediate
arrivati gl'ambasciatori dell'imperatore e de' prencipi sopra nominati: ma
quando a mezo il mese fossero gionti, non si differisse piú. Con questo stato
di cose finí l'anno 1561.
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