[Congregazione in Trento preparatoria
al concilio. Difficoltà per le precedenze]
I legati, conforme a quello che il
pontefice ultimamente commandato aveva, a' 15 di genaro fecero una
congregazione generale, nella quale il cardinale di Mantova, come primo legato,
ebbe un conveniente raggionamento della necessità et opportunità d'aprire il
concilio, essortò tutti i prelati ad aiutare cosí santa e pia opera con
digiuni, limosine e frequenti celebrazioni di messe. Dopo fu letta la bolla
della legazione, data sotto il dí 10 marzo precedente, la qual era in termini
generali con le solite clausule, che gli mandava come angeli di pace per
preseder al concilio convocato e che doveva aver principio alle feste di
risurrezione. A questa fu aggionta la lettura di tre altri brevi: il primo, de'
5 marzo, et era facoltà a' legati di dar licenza a' prelati e teologi che
durante il concilio potessero legger libri proibiti; il secondo, de' 23 maggio,
che i legati avessero facoltà d'assolver quelli che secretamente abiurassero
per causa d'eresia; il terzo era dell'ultimo decembre, dove il pontefice, per
levar ogni materia di controversia nata o che potesse nascere tra i prelati
congregati in concilio sopra la precedenza, commanda che i patriarchi prima,
poi gl'arcivescovi, in terzo luogo i vescovi precedino, non atteso alcun ordine
della degnità della sede, ma secondo la promozione, né tenendo conto delle
degnità primaziali, o vere o pretese che siano.
Questo letto, reclamò acremente fra
Bartolomeo de' Martiri, arcivescovo di Braga in Portogallo, che si dovesse
principiar il concilio da pregiudicii contra le chiese principali di
cristianità, che la sua sede, avendo il primato di Spagna, ricevesse una
sentenzia di dover esser sottoposta non solo alle altre arcivescovali sue
suddite, ma anco ad un arcivescovo di Rosano, che è senza suffraganeo alcuno,
et a quelli di Nissia et Antivari, che sono senza residenza e quasi senza
popolo cristiano; esser cosa di poca equità voler una legge per sé et una per
gl'altri, pretendere di conservare l'autorità propria e privar gl'altri della
loro legitima. Parlò con tanta efficacia che i legati si viddero assai ben
impediti, e con difficoltà lo quietarono con far scrivere una decchiarazione,
dicendo la mente del papa e loro esser che per il decreto letto non s'acquisti ius,
né si faccia pregiudicio ad alcuno, né sia offesa la raggione di qual si
voglia, né in proprietà, né in possessione, ma ogni primate, o vero o preteso,
dopo il concilio debba restar nello stato che era per inanzi.
Con questo modo quietato a pena
l'arcivescovo, gl'altri spagnuoli fecero instanza che l'apertura del concilio
si facesse come continuazione del già principiato sotto Paolo e proseguito
sotto Giulio, e se ne facesse espressa decchiarazione, sí che nissuno potesse
cavillar che fosse un nuovo. A questo il vescovo del Zante, che era stato
noncio in Germania e sapeva quanto una tal azzione sarebbe stata calunniata e
quanta displicenzia n'averebbe ricevuto l'imperatore, replicò che sí come non
si doveva metter dubio alcuno sopra le cose decise già, ma tenerle per
determinate, cosí il farne adesso decchiarazione era senza necessità et
averebbe tagliata tutta la speranza che l'imperatore et il re di Francia
avevano di poter far nascer congiontura che i protestanti si sottomettessero al
concilio et alcun di loro vi intervenisse. Li legati, massime Mantova e
Varmiense, favorirono con molti discorsi il parer del vescovo, e molte cose
furono dette dall'una parte e l'altra con parole assai acerbe, dicendo li
spagnuoli di voler protestare e tornar in Spagna. Ma finalmente, dopo molte
consultazioni, questi convennero di desistere dalla loro instanza per non
opporsi all'imperatore, al re di Francia, a' tedeschi e francesi, e per non dar
fomento alle querele de' protestanti, pur che non fossero dette parole che
significassero nuovo concilio o portassero pregiudizio alla continuazione;
promettendo li cardinali a nome del papa che la Santità Sua confermerebbe tutto
quello che era stato fatto in Trento ne' doi precedenti concilii, eziandio in
caso che il presente si dissolvesse e non si potesse finire: con che si
contentarono e dopo longhi discorsi fu concluso che si dovesse usar forma di
parole significanti che si dava principio a celebrar il concilio, levata
qualonque sospensione; le quali se ben ambigue e che potevano esser tirate a
contrarii sensi, nondimeno bastando per concordar la presente differenza,
furono ricevute e concluso d'aprir il concilio la dominica seguente de' 18.
Propose in fine il cardinale che, principiato il concilio, sarà condecente frequentare
le publiche capelle ogni festa con intervento de' prelati alla messa e col
sermone latino, quale dovendo esser recitato alle volte da persone che non
sanno intieramente quello che convenga al tempo et al luogo et al decoro
degl'audienti, sarà ben deputar un prelato che, sí come il maestro di sacro
palazzo a Roma, riveda quello che doverà esser detto, e secondo la sua censura
s'abbia da recitare. Piacque a tutti la proposta e fu deputato Egidio
Foscararo, vescovo di Modena, con carico di veder ogni sermone, predica et
altra cosa che doverà esser in publico pronunciata.
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