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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

IntraText CT - Lettura del testo

  • Libro sesto
    • [Congregazione in Trento preparatoria al concilio. Difficoltà per le precedenze]
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[Congregazione in Trento preparatoria al concilio. Difficoltà per le precedenze]

I legati, conforme a quello che il pontefice ultimamente commandato aveva, a' 15 di genaro fecero una congregazione generale, nella quale il cardinale di Mantova, come primo legato, ebbe un conveniente raggionamento della necessità et opportunità d'aprire il concilio, essortò tutti i prelati ad aiutare cosí santa e pia opera con digiuni, limosine e frequenti celebrazioni di messe. Dopo fu letta la bolla della legazione, data sotto il 10 marzo precedente, la qual era in termini generali con le solite clausule, che gli mandava come angeli di pace per preseder al concilio convocato e che doveva aver principio alle feste di risurrezione. A questa fu aggionta la lettura di tre altri brevi: il primo, de' 5 marzo, et era facoltà a' legati di dar licenza a' prelati e teologi che durante il concilio potessero legger libri proibiti; il secondo, de' 23 maggio, che i legati avessero facoltà d'assolver quelli che secretamente abiurassero per causa d'eresia; il terzo era dell'ultimo decembre, dove il pontefice, per levar ogni materia di controversia nata o che potesse nascere tra i prelati congregati in concilio sopra la precedenza, commanda che i patriarchi prima, poi gl'arcivescovi, in terzo luogo i vescovi precedino, non atteso alcun ordine della degnità della sede, ma secondo la promozione, né tenendo conto delle degnità primaziali, o vere o pretese che siano.

Questo letto, reclamò acremente fra Bartolomeo de' Martiri, arcivescovo di Braga in Portogallo, che si dovesse principiar il concilio da pregiudicii contra le chiese principali di cristianità, che la sua sede, avendo il primato di Spagna, ricevesse una sentenzia di dover esser sottoposta non solo alle altre arcivescovali sue suddite, ma anco ad un arcivescovo di Rosano, che è senza suffraganeo alcuno, et a quelli di Nissia et Antivari, che sono senza residenza e quasi senza popolo cristiano; esser cosa di poca equità voler una legge per sé et una per gl'altri, pretendere di conservare l'autorità propria e privar gl'altri della loro legitima. Parlò con tanta efficacia che i legati si viddero assai ben impediti, e con difficoltà lo quietarono con far scrivere una decchiarazione, dicendo la mente del papa e loro esser che per il decreto letto non s'acquisti ius, né si faccia pregiudicio ad alcuno, né sia offesa la raggione di qual si voglia, né in proprietà, né in possessione, ma ogni primate, o vero o preteso, dopo il concilio debba restar nello stato che era per inanzi.

Con questo modo quietato a pena l'arcivescovo, gl'altri spagnuoli fecero instanza che l'apertura del concilio si facesse come continuazione del già principiato sotto Paolo e proseguito sotto Giulio, e se ne facesse espressa decchiarazione, che nissuno potesse cavillar che fosse un nuovo. A questo il vescovo del Zante, che era stato noncio in Germania e sapeva quanto una tal azzione sarebbe stata calunniata e quanta displicenzia n'averebbe ricevuto l'imperatore, replicò che come non si doveva metter dubio alcuno sopra le cose decise già, ma tenerle per determinate, cosí il farne adesso decchiarazione era senza necessità et averebbe tagliata tutta la speranza che l'imperatore et il re di Francia avevano di poter far nascer congiontura che i protestanti si sottomettessero al concilio et alcun di loro vi intervenisse. Li legati, massime Mantova e Varmiense, favorirono con molti discorsi il parer del vescovo, e molte cose furono dette dall'una parte e l'altra con parole assai acerbe, dicendo li spagnuoli di voler protestare e tornar in Spagna. Ma finalmente, dopo molte consultazioni, questi convennero di desistere dalla loro instanza per non opporsi all'imperatore, al re di Francia, a' tedeschi e francesi, e per non dar fomento alle querele de' protestanti, pur che non fossero dette parole che significassero nuovo concilio o portassero pregiudizio alla continuazione; promettendo li cardinali a nome del papa che la Santità Sua confermerebbe tutto quello che era stato fatto in Trento ne' doi precedenti concilii, eziandio in caso che il presente si dissolvesse e non si potesse finire: con che si contentarono e dopo longhi discorsi fu concluso che si dovesse usar forma di parole significanti che si dava principio a celebrar il concilio, levata qualonque sospensione; le quali se ben ambigue e che potevano esser tirate a contrarii sensi, nondimeno bastando per concordar la presente differenza, furono ricevute e concluso d'aprir il concilio la dominica seguente de' 18. Propose in fine il cardinale che, principiato il concilio, sarà condecente frequentare le publiche capelle ogni festa con intervento de' prelati alla messa e col sermone latino, quale dovendo esser recitato alle volte da persone che non sanno intieramente quello che convenga al tempo et al luogo et al decoro degl'audienti, sarà ben deputar un prelato che, come il maestro di sacro palazzo a Roma, riveda quello che doverà esser detto, e secondo la sua censura s'abbia da recitare. Piacque a tutti la proposta e fu deputato Egidio Foscararo, vescovo di Modena, con carico di veder ogni sermone, predica et altra cosa che doverà esser in publico pronunciata.

 

 




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