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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro sesto
    • [Nel decreto per la sessione è inserto cautamente che i soli presidenti propongano. Prima sessione]
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[Nel decreto per la sessione è inserto cautamente che i soli presidenti propongano. Prima sessione]

Licenziata la congregazione, i legati co' confidenti loro si diedero a formar il decreto, e lo concepirono nella forma concordata; et attendendo molte trattazioni passate tra i prelati in tanto tempo che erano stati oziosi in Trento, di proponer chi questa e chi quell'altra provisione, tutte inviate ad ampliar l'autorità episcopale e destruggere la romana, pensarono di rimediar al tutto nel principio, inanzi che il male si mettesse in moto, con decretare che nissun potesse propor materia in deliberazione, se non i legati. Vedevano l'arduità della proposta e prevedevano la contradizzione, e però il bisogno d'usar molta arte per farlo ricever dolcemente et inavedutamente. Quella negativa, che nissun proponga, pareva dura et aspra; piacque piú l'affermativa: che i legati proponessero, non dandosi esclusiva chiara agl'altri, ma solo virtuale, tutto coprendo con pretesto di servar ordine e dare la deliberazione alla sinodo. Fu formato il decreto con tanta arte, che sino al presente anco convien esser molto attento per scoprir il senso, non che intenderlo alla prima udita; e lo riferirò in italiano con chiare parole: legga in latino chi vorrà veder l'arteficio.

Adonque conforme alla presa deliberazione, venuto il giorno 18, si fece la processione di tutto 'l clero della città, de' teologi e prelati, che, oltre i cardinali, erano 112 mitrati, accompagnati dalle famiglie loro e guardati da molti paesani armati, caminando dalla chiesa di San Pietro alla catedrale; dove il cardinale di Mantova cantò la messa dello Spirito Santo e Gasparo dal Fosso, arcivescovo di Reggio, fece l'orazione. Ebbe per soggetto trattar dell'autorità della Chiesa, del primato del papa e della potestà de' concilii; disse l'autorità della Chiesa non esser minore di quella della parola di Dio; che la Chiesa ha mutato il sabbato, da Dio già ordinato, nella domenica e levata la circoncisione, già strettamente dalla Maestà divina commandata; che questi precetti, non per la predicazione di Cristo, ma per autorità della Chiesa sono mutati. Rivoltosi anco a' padri, gli confortò ad adoperarsi constantemente contra i protestanti, con certezza che, come lo Spirito Santo non può errare, cosí eglino non possono ingannarsi. Si cantò il Veni creator Spiritus. Il secretario, che era il vescovo di Tilesi, lesse la bolla della convocazione di sopra portata, e l'arcivescovo sopradetto interrogò il decreto dell'aprir il concilio, dicendo: «Padri, vi piace che dal giorno d'oggi si celebri il concilio generale di Trento, levata qual si voglia sospensione, per trattar col debito ordine, proponendo i legati e presidenti quello che parerà alla sinodo a proposito, per levare le controversie della religione, corregger i costumi e conciliar la pace cristiana della Chiesa?» Fu risposto: «Placet»; ma contradissero 4 prelati a quella parte «proponentibus legatis», le quali io scrivo cosí in latino, dovendone piú volte parlare per le gran controversie e dispute che seguirono dopo. I contradittori furono Pietro Guerero, arcivescovo di Granata, Francesco Bianco, vescovo di Orense, Andrea della Questa, vescovo di Leon, Antonio Colormero, vescovo d'Almeria. Dissero che non potevano acconsentire per esser parole nuove, non usate in altri concilii e che ristringevano la libertà del proporre, e dimandarono che i loro voti fossero registrati negl'atti del concilio. Furono lasciati senza alcuna risposta e fu intimata la sessione per il 26 di febraro. Il promotore del concilio ricchiese tutti li notari e protonotari a far delle cose sopradette uno e piú instrumenti; e con questo finí la sessione.

I legati avisarono il pontefice del successo nella congregazione e nella sessione, et egli ne diede parte al concistoro. Molti ebbero openione, considerate le difficoltà del principio, che il concilio dovesse far poco buon progresso, attesa l'ostinata contradizzione che si vidde ne' vescovi spagnuoli, poco propria per componer difficoltà di religione; se ben dall'altro canto li legati et i vescovi italiani si mostrarono molto destri et uniti a temporeggiarle e vincerle. Il papa lodò la prudenza de' legati, che avessero prevenuto (cosí diceva) la temerità degl'innovatori; non sentí dispiacere che 4 si fossero opposti, perché temeva d'aver maggior numero de contrarii; essortò i cardinali a riformarsi, poiché si vedeva necessità di trattar con persone irrespettive; diede ordine che fossero sollecitati gl'altri vescovi italiani a partire, e scrisse a Trento che tenessero il decreto fermo e lo esseguissero senza rallentar un ponto.

 

 




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