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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro sesto
    • [Progressi de' riformati in Francia. Assemblea in San Germano, onde esce l'editto di gennaro]
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[Progressi de' riformati in Francia. Assemblea in San Germano, onde esce l'editto di gennaro]

Ma in Francia, avendo per piú mesi la regina di Navarra, il prencipe di Condé e l'ammiraglio, e la duchessa di Ferrara fatto instanza che si concedessero a quelli della nuova religione luoghi da congregarsi alle prediche e ceremonie loro, e tutti questi et altri ancora de' grandi facendo professione, eziandio nella corte stessa, di quella dottrina, gl'altri riformati di minor grado, preso perciò ardire, separatamente si congregavano; il che non potendo sopportar il popolo catolico, in molti luoghi del regno furono eccitati moti popolari pericolosissimi, con uccisioni ancora dell'una e l'altra parte; quali anco erano fomentati da' grandi catolici, che per interesse d'ambizione non potevano sopportare che i prencipi e capi ugonotti, acquistando seguito popolare, fossero per avanzargli, e davano fomento alle sedizioni. Furono due tumulti causati dalle prediche, uno in Digiun e l'altro in Parigi, notabilissimi non solo per l'uccisione de molti, ma anco per la ribellione a' magistrati, che fece risolver il conseglio regio di pigliarci rimedio; il quale, acciò fosse appropriato a tutto 'l regno, furono chiamati da tutti li parlamenti i presidenti et un numero de conseglieri eletti per deliberare con maturità quello che si potesse fare. Et [a'] 17 genaro fu redotto in San Germano, dove congregati tutti, espose il cancellier per nome regio che erano chiamati per consultar de' rimedii a' moti eccitati nel regno: fece una recapitulazione di tutte le cose occorse, soggiongendo che, quanto alle cose della religione, si doveva lasciar la cognizione a' prelati, ma dove si tratta della tranquillità del regno e di contener li sudditi nell'ossequio del re, ciò non poter pertenere agl'ecclesiastici, ma a' regii consultori. Che aveva sempre lodato Cicerone, solito di biasmare Catone che, vivendo in un secolo corrottissimo, nelle deliberazioni era cosí severo e rigido, come un senatore della republica di Platone. Che le leggi si doveva cercar d'accommodarle al tempo et alle persone, come la calza al piede. Che si metteva in deliberazione allora questo particolare: se era servizio del re permetter o proibire le congregazioni de' protestanti; nel che non s'aveva da disputar qual religione fosse migliore, non trattandosi di formar una religione, ma di ordinar una republica; non esser cosa assurda che molti siano buoni cittadini e non buoni cristiani e che si possi viver in pace anco tra quelli che non hanno le cose sacre communi.

Andando attorno la consulta, furono varii i pareri; ma superò quello che giudicava doversi relasciar in parte l'editto di luglio e conceder a' protestanti libertà di predicare. Fu formato un editto, al che intervennero anco il cardinale di Borbon, di Tornon e di Sciatiglion, et i vescovi d'Orliens e di Valenza, con molti capi: che i protestanti restituissero le chiese, possessioni et altri beni ecclesiastici occupati; che s'astenessero dall'abbatter croci, imagini e chiese, sotto pena della vita; che non possino congregarsi a prediche o preghiere, o amministrar i sacramenti in publico o in secreto, di o di notte nella città; che si soprasedi e restino sospese le proibizioni e pene dell'editto di luglio e qualonque altre precedenti; che al far le prediche fuori della città non siano molestati, né i magistrati possino inquietargli o impedirgli, ma debbiano in questo difendergli da ogni ingiuria, castigando i sediziosi dell'una e l'altra religione; che nissuno provochi l'altro per causa di religione o usi le contumeliose parole di fazzione; che i magistrati et officiali possino esser presenti alle prediche e congregazioni; che non possino far sinodi o colloquii o concistori, se non con licenza e presente il magistrato; osservino le leggi civili delle ferie e de' gradi proibiti ne' matrimonii; i ministri siano tenuti giurar nelle mani degl'officiali publici di non contravenir a quell'editto, né predicar dottrina contra il simbolo niceno et i libri del Nuovo e Vecchio Testamento. Il parlamento di Parigi fece molte repugnanze nell'accettar l'editto; perilché il re di nuovo commandò che fosse publicato, aggiongendoci una condizione: che s'intendesse esser per maniera di provisione, aspettando le determinazioni del concilio generale overo sinché dal re fosse altrimente ordinato, non intendendo d'approvar due religioni nel suo regno, ma quella sola della santa madre Chiesa, nella quale esso e li suoi precessori sono vissuti. Sopra che non restando il parlamento ben d'accordo, il re commandò che tralasciate tutte le longhezze e difficoltà, l'ordinazione fosse publicata; onde a 6 di marzo cosí fu esseguito, con questa clausula: che il parlamento verificava le lettere regie per obedir al re, considerato lo stato de' tempi, senza però approvar la nuova religione, e per modo di provisione, sin che dal re fosse altramente ordinato.

 

 




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