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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro sesto
    • [Il papa ha sdegno contra i francesi ed ombra con gli spagnuoli]
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[Il papa ha sdegno contra i francesi ed ombra con gli spagnuoli]

Dove il pontefice stava con sdegno per l'editto di Francia e con impazienza che in concilio si passasse senza niente fare; diceva non esser ben che i vescovi stiano molto tempo fuori della residenza, e massime per trattar superfluamente de' dogmi decisi in altri concilii; aveva in sospetto i prelati spagnuoli, et allora maggiormente, riputandogli fatti piú mal affetti, dopo che aveva concesso al re delle entrate ecclesiastiche 400000 scudi l'anno per 10 anni fermi, e facoltà di vender 30000 scudi d'entrata de vassallatici della Chiesa: che pareva una diminuzione molto notabile della grandezza della Chiesa in Spagna.

Gionse a Roma Luigi San Gelasio, signor di Lansac, mandato di Francia espresso per dar conto al pontefice dello stato del regno. Questo prima disse che, vedendo il re la gran sollecitudine con che il papa procedeva nel fatto del concilio, aveva dissegnato monsignore di Candalla ambasciatore a quella volta, e fatto partir 24 vescovi, de' quali gli diede la lista; gli narrò tutto il successo in Francia dopo la morte di Francesco, e la necessità di proceder con temperamento, cosí perché le forze non erano bastanti per caminar con rigore, come anco perché, quando fossero state tali bisognava metter mano al sangue de' piú nobili, che averebbe alienato tutto 'l regno e ridotto le cose a peggior stato; che il re non aveva speranza se non nel concilio, quando tutte le nazioni, eziandio gl'alemani vi intervenissero. Perché, fermata la religione in Germania, non dubitava di far l'istesso in Francia; ma trattar dell'impossibile che si possi far condescender ad accettar i decreti del concilio a quelli che non saranno intervenuti; che i protestanti francesi non potranno separarsi da' tedeschi; però supplicava Sua Santità che, quando per sodisfarli non si trattasse altro che del luogo, della sicurezza e della forma di proceder, gli piacesse condescender al voler loro per il gran ben che ne seguirebbe. Rispose il papa: prima, quanto al concilio, che egli dal principio del pontificato fu risoluto di congregarlo; che la difficoltà è stata interposta dal canto dell'imperatore e re di Spagna; con tutto ciò ambidue v'hanno al presente ambasciatori e prelati; che non restano se non i francesi, che piú di tutti hanno bisogno del concilio; che non ha tralasciato alcuna cosa per invitar i tedeschi protestanti, eziandio con qualche indegnità di quella Sede; che continuerà, e sicurezza non mancherà loro quanta e quale sapranno ricchiedere. Non gli pare già onesto sottoporre il concilio alla discrezione de' protestanti, ma ricusando essi di venirci, non doversi restar di caminar inanzi, massime essendo già ben inviati. Ma quanto alle cose fatte in Francia, in poche parole rispose non poterle lodare, e pregar Dio che perdoni a chi causa tanti inconvenienti.

Et averebbe il pontefice passato quei termini, quando avesse saputo quello che in Francia si faceva, mentre Lansac gli rappresentava le cose fatte; imperoché a' 14 di febraro in San Germano la regina diede ordine che i vescovi di Valenza e di Seez, et i teologi Butiglier, Espenzeo e Picorello consultassero insieme che cose si potessero far per principio di concordia. I quali proposero gl'infrascritti capi: che fosse in tutto e per tutto proibito far effigie della Santa Trinità e di persona non nominata ne' martirologii accettati dalla Chiesa; che alle imagini non siano poste corone, vesti, né voti overo oblazioni, né portate in processione, eccetto il segno della santa croce, di che anco pareva che restassero sodisfatti i protestanti, se ben quanto al segno della santa croce facevano qualche repugnanza con dire che Constantino fu il primo che lo propose da adorare contra l'uso della antica Chiesa. Ma Nicolò Magliardo, decano della Sorbona, insieme con altri teologi si opposero, defendendo l'adorazione delle imagini, se ben confessava che dentro vi fossero molti abusi. L'istesso mese Navarra scrisse all'elettor palatino, duca di Vittembergo e Filippo di Assia, avisando che, quantonque non s'avesse potuto convenire nel colloquio di Poisí, né in quest'ultimo in materia delle imagini, egli però era per adoperarsi sempre per la riforma della religione, ma introducendola a poco a poco, per non turbar la publica quiete del regno.

In quel tempo istesso il duca di Ghisa et il cardinale di Lorena andarono alle Taverne, castello del vescovo d'Argentina, e vi convennero Cristofero, duca di Vittemberg, co' ministri confessionisti; per 3 giorni furono insieme, et esplicarono al duca il favor fatto alla confessione augustana nel colloquio di Poisí e la repugnanza de' riformati francesi in accettarla, ricercando che la Germania s'unisse a loro per impedir la dottrina di Zuinglio, non per impedir la emendazione della religione, la qual desiderano, ma solamente acciò non pigli radice un veneno pestifero, non solo in Francia, ma anco in Germania; il che fu fatto da loro, acciò, instando la guerra, potessero aver facilmente aiuti, o almeno quelli fossero negati alla parte contraria. Questo aboccamento generò gravissimi sospetti in Roma, in Trento et anco in Francia. Il cardinale e gl'aderenti suoi si giustificavano che fosse per beneficio della cristianità, per aver favore anco de' protestanti di Germania contra gl'ugonotti di Francia. È anco fama che il cardinale desiderasse veramente qualche unione nella religione con Germania e che, come aborriva dalla confessione di Geneva, cosí inclinasse all'augustana e desiderasse vederla piantata in Francia. È ben cosa certa che, dopo finito il concilio tridentino, egli diceva aver altre volte sentito con quella confessione, ma dopo la determinazione del concilio essersi acquietato a quella, convenendo ad ogni cristiano cosí fare. Per le prediche che publicamente si facevano in Francia, con tutto che nascessero sedizioni in diversi luoghi che impedivano l'aummento de' riformati, nondimeno si trovò che in questo tempo erano constituite 2150 radunanze, che dimandavano chiese.

 

 




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