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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro sesto
    • [Pagamenti, prezzi e simonia nella collazion de' beneficii]
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[Pagamenti, prezzi e simonia nella collazion de' beneficii]

L'occasione di proponer il terzo articolo fu perché il precetto di Cristo, che tutte le grazie spirituali fossero liberamente et assolutamente donate, come cosí da lui sono ricevute, era in molte parti trasgresso nella collazione degl'ordini. Né questo abuso era recente, anzi ne' tempi passati molto maggiore; imperoché, essendo ne' principii del cristianesmo frequente la carità, il popolo, che da' ministri di Cristo riceveva le cose spirituali, non solo secondo il precetto divino esplicato da san Paolo, corrispondeva contribuendo il vitto necessario, ma anco abondantemente, che avanzasse per spesar ancor li poveri, senza mirapensiero alcuno che il temporale fosse precio del spirituale. Ma dopo che il temporale, che era in commune tenuto e goduto, era diviso, et a' titoli applicata l'entrata sua, chiamato beneficio, non essendo allora distinta l'ordinazione dalla collazione del titolo e per consequenza del beneficio annesso a quello, ma dandosi e ricevendosi tutt'insieme per gl'emolumenti che portava seco a gl'ordinatori, pareva di dar oltre lo spirituale, cosa temporale ancora, per la quale si potesse ricever altra mondana in ricompensa; e chi dissegnava ottenerla, era costretto accommodarsi alla volontà di chi poteva darla, e si fece facilmente una negoziazione aperta, che nella Chiesa orientale, benché con molti canoni e censure, mai ha potuto esser corretta, se ben la virtú divina potente, avendogli levato con la verga de' saraceni gran parte de' commodi, l'ha sminuito assai; e nell'occidentale, con gran reprensione de' buoni, restò, dove piú, dove meno, sin tanto che intorno l'anno di nostra salute 1000 si divise l'ordinazione dalla collazione del beneficio; per qual causa allora quella incomminciò a passar gratuitamente et in questa il precio piú all'aperta era ricercato; e questo abuso s'è sempre aummentato, quantonque con diverse mutazioni de nomi, d'annate, minuti servizii, scrittura, bollo et altre tal coperte, sotto quali ancora camina nella Chiesa con poca speranza che si possi mai levare, sin che Cristo medesmo in persona un'altra volta con la sferza non rivolti le mense de' banchieri e scacci loro dal tempio. Ma l'ordinazione che, separata dalla collazione del beneficio, ebbe ventura d'esser amministrata gratuitamente, la godette poco tempo; Imperoché i vescovi, avendola per cosa infruttuosa et abietta, et attendendo a quell'altra sola che rende, tralasciarono pian piano d'amministrar le ordinazioni; onde s'instituirono i vescovi portativi, che servivano a' ministerii ponteficali ecclesiastici, restando i veri vescovi occupati nel solo temporale. Quelli, senza entrate, erano costretti cavar il vitto dalle fonzioni amministrate; onde chi da loro riceveva ordine, era costretto contribuire, prima con titolo di limosina o di offerta, poi, per farlo piú onorevole, di donativo o presente; e passando inanzi, acciò essendo debito non fosse tralasciato, fu coperto con nome di mercede, non dell'ordinatore, ma de' servitori suoi o del notario, o d'altri che lo serviria nell'ordinazione. Di questo donque si propose l'articolo, che dell'occorrente nella collazione del beneficio non si poteva parlare, come d'infermità non curabile con altro rimedio che con la morte.

Sopra questo articolo non fu parlato diversamente per openioni e per affetti, ma i prelati si divisero per qualità delle persone: li vescovi ricchi dannavano il ricever alcuna cosa, né per sé, né per ufficiali o notarii, come cosa simoniaca e sacrilega, portando l'essempio di Giezi, servo del profeta Eliseo, e di Simon Mago, et il severo precetto di Cristo: «Date gratuitamente, come avete ricevuto»; e molte essaggerazioni de' padri contra questo peccato, dicendo che i nomi di donativo spontaneo o di limosina sono colori vani, a' quali l'effetto repugna, poiché si per aver l'ordine, che senza quello non si darebbe; e se è limosina, perché non si fa se non per quell'occasione? Facciasi in altro tempo, diansi gl'ordini senza intervento d'alcuna cosa, chi vorrà far la limosina, la farà in altro tempo; ma il mal esser che, se uno dicesse all'ordinatore di dargli per limosina, l'averebbe per ingiuria, né in altro tempo la riceverebbe; perilché non doversi creder di poter ingannarDio, né il mondo. Concludevano questi doversi far decreto assoluto che non si potesse né dar, eziandio spontaneamente, ancorché sotto nome di limosina, né ricever parimente, non solo all'ordinatore, ma né ad alcuno de' suoi, né meno al notario sotto nome di scrittura o di sigillo, né di fatica, né sotto qual si voglia altro pretesto.

Ma i vescovi poveri et i titolari in contrario dicevano che, come il dar gl'ordini per prezzo è scelerato sacrilegio, cosí il levar la limosina, tanto da Cristo commendata, distrugge la carità e disforma a fatto la Chiesa: la stessa raggione in tutto e per tutto militare nelle ordinazioni che nelle confessioni, communioni, messe, sepolture et altre ecclesiastiche fonzioni; nissuna causa esserci perché si debba proibir il dar spontaneamente et il ricever in quelle, che in tutte queste, e quello che si allega che essendo limosina si faccia in altri tempi, corre anco in tutte le altre fonzioni sudette. La Chiesa da antichissimo tempo aver costumato di ricever oblazioni e limosina con queste occasioni, le quali se si leveranno, in consequenza i poveri religiosi, che di quelle vivono, saranno costretti ad altro attendere; li ricchi non vorranno far gl'ufficii, come chiaro appare et è apparso da 500 anni in qua; onde l'essercizio della religione si perderà e restando il popolo senza quella, converrà che dia in una impietà o in diverse perniciose superstizioni. E non uscendo del proprio spettante alle ordinazioni, se, senza riprensione, per li pallii che la Sede apostolica a' metropolitani, sono conferiti migliara di scudi, come si potrà reprender una picciola recognizione che il vescovo riceva dagl'ordini inferiori? Qual raggione vorrà che siano con diverse, anzi contrarie leggi regolate le cose dell'istesso genere? Non si può chiamar abuso quello che nell'origine è instituito. Resta ancora nel pontificale, che all'offertorio nelle ordinazioni viene dagl'ordinati presentato al vescovo ordinatore i cerei, che pur sono cose temporali, e con la grandezza et ornamenti si possono far di gran prezio; non esser donque cosa cosí cattiva come viene depinta, né meritare che con infamia de' miseri vescovi si vogli acquistare laude de riformatori, immitando i farisei nell'osservare le fistuche e collare i mosciolini.

Dissero anco alcuni che l'articolo non si poteva statuire come contrario al decreto d'Innocenzio III nel concilio generale, dove non solo fu approbato l'uso di dar e ricever cosa temporale nel ministerio de' sacramenti, ma fu commandato a' vescovi che constringessero il popolo con censure e pene ecclesiastiche ad osservare la consuetudine, dando questo titolo di lodevoli a quelle che si trattava ora di condannare come sacrileghe.

Ma Dionisio, vescovo di Milopotamo, fece longa digressione in mostrare quanta sarebbe l'edificazione che i fedeli riceverebbono, quando dagl'ecclesiastici fossero amministrati i sacramenti per pura carità e non aspettando mercede da altri che da Dio; affermò essergli debito il vitto e maggior sovvenzione ancora, ma a questo esser già stato sodisfatto con l'assegnazione delle decime pienamente e soprabondantemente, poiché non essendo il clero la decima parte del popolo, riceve cosí gran porzione, senza gl'altri beni posseduti, che sono il doppio tanti; però non esser cosa giusta adesso pretender quello che già si è ricevuto centuplicatamente, e se sono vescovi poveri, non è che povera sia la Chiesa, ma le ricchezze mal divise; con una legitima distribuzione tutti sarebbono accommodati e si potrebbe dar senza altro contracambio quello per che già si è ricevuto piú che la mercede. Aggionse che non potendosi levar tutt'insieme li molti abusi, commendava l'incomminciar da questo delle ordinazioni, non restringendolo però alla sola azzione del conferir il sacramento, ma estendendolo alle precedenti ancora. Perché gran assordità sarebbe che si pagassero alle cancellarie de' vescovati assai care le lettere dimissoriali, per quali viene il chierico licenziato per andar a procurarsi ordinatore, et in Roma la facoltà di ordinarsi fuori de' tempi statuiti, e la riforma fosse posta sopra i soli vescovi ordinatori. Questo parer, quanto alle dimissoriali de' vescovi, fu approvato da molti; quanto alla facoltà da Roma disse il cardinale Simoneta che il pontefice averebbe proveduto e non era cosa da trattare in concilio.

Della mercede de' notarii si disse qualche cosa; perché alcuni, avendolo per ufficio puro secolare, sentivano che non si dovesse impedire il pagamento; altri l'avevano per ufficio ecclesiastico. Antonio Agostini, vescovo di Lerida, osservatore dell'antichità, disse che nell'antica Chiesa i ministri erano ordinati in presenza di tutto 'l popolo, onde non era bisogno di patente o lettera testimoniale, et applicati ad un titolo non mutavano diocesi, e se occorreva viaggiare per qualche rispetto, avevano una lettera del vescovo, chiamata allora: formata. L'uso delle lettere testimoniali è nato dopo che il popolo non interviene alle ordinazioni e che i chierici sono fatti vagabondi, e come introdotto in supplimento della presenza del popolo; piú tosto si debbe aver per ufficio temporale, ma come applicato a materia spirituale, da essercitarsi con moderazione; perilché il parere suo era che se gli concedesse mercede, ma limitata e moderata.

 

 




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