[Pagamenti, prezzi e simonia nella
collazion de' beneficii]
L'occasione di proponer il terzo articolo
fu perché il precetto di Cristo, che tutte le grazie spirituali fossero
liberamente et assolutamente donate, sí come cosí da lui sono ricevute, era in
molte parti trasgresso nella collazione degl'ordini. Né questo abuso era
recente, anzi ne' tempi passati molto maggiore; imperoché, essendo ne'
principii del cristianesmo frequente la carità, il popolo, che da' ministri di
Cristo riceveva le cose spirituali, non solo secondo il precetto divino
esplicato da san Paolo, corrispondeva contribuendo il vitto necessario, ma anco
abondantemente, sí che avanzasse per spesar ancor li poveri, senza mira né
pensiero alcuno che il temporale fosse precio del spirituale. Ma dopo che il
temporale, che era in commune tenuto e goduto, era diviso, et a' titoli applicata
l'entrata sua, chiamato beneficio, non essendo allora distinta l'ordinazione
dalla collazione del titolo e per consequenza del beneficio annesso a quello,
ma dandosi e ricevendosi tutt'insieme per gl'emolumenti che portava seco a
gl'ordinatori, pareva di dar oltre lo spirituale, cosa temporale ancora, per la
quale si potesse ricever altra mondana in ricompensa; e chi dissegnava
ottenerla, era costretto accommodarsi alla volontà di chi poteva darla, e si
fece facilmente una negoziazione aperta, che nella Chiesa orientale, benché con
molti canoni e censure, mai ha potuto esser corretta, se ben la virtú divina
potente, avendogli levato con la verga de' saraceni gran parte de' commodi,
l'ha sminuito assai; e nell'occidentale, con gran reprensione de' buoni, restò,
dove piú, dove meno, sin tanto che intorno l'anno di nostra salute 1000 si
divise l'ordinazione dalla collazione del beneficio; per qual causa allora
quella incomminciò a passar gratuitamente et in questa il precio piú all'aperta
era ricercato; e questo abuso s'è sempre aummentato, quantonque con diverse
mutazioni de nomi, d'annate, minuti servizii, scrittura, bollo et altre tal
coperte, sotto quali ancora camina nella Chiesa con poca speranza che si possi
mai levare, sin che Cristo medesmo in persona un'altra volta con la sferza non
rivolti le mense de' banchieri e scacci loro dal tempio. Ma l'ordinazione che,
separata dalla collazione del beneficio, ebbe ventura d'esser amministrata
gratuitamente, la godette poco tempo; Imperoché i vescovi, avendola per cosa
infruttuosa et abietta, et attendendo a quell'altra sola che rende,
tralasciarono pian piano d'amministrar le ordinazioni; onde s'instituirono i
vescovi portativi, che servivano a' ministerii ponteficali ecclesiastici,
restando i veri vescovi occupati nel solo temporale. Quelli, senza entrate,
erano costretti cavar il vitto dalle fonzioni amministrate; onde chi da loro
riceveva ordine, era costretto contribuire, prima con titolo di limosina o di
offerta, poi, per farlo piú onorevole, di donativo o presente; e passando
inanzi, acciò essendo debito non fosse tralasciato, fu coperto con nome di
mercede, non dell'ordinatore, ma de' servitori suoi o del notario, o d'altri
che lo serviria nell'ordinazione. Di questo donque si propose l'articolo, che
dell'occorrente nella collazione del beneficio non si poteva parlare, come
d'infermità non curabile con altro rimedio che con la morte.
Sopra questo articolo non fu parlato
diversamente per openioni e per affetti, ma i prelati si divisero per qualità
delle persone: li vescovi ricchi dannavano il ricever alcuna cosa, né per sé,
né per ufficiali o notarii, come cosa simoniaca e sacrilega, portando
l'essempio di Giezi, servo del profeta Eliseo, e di Simon Mago, et il severo
precetto di Cristo: «Date gratuitamente, sí come avete ricevuto»; e molte
essaggerazioni de' padri contra questo peccato, dicendo che i nomi di donativo
spontaneo o di limosina sono colori vani, a' quali l'effetto repugna, poiché si
dà per aver l'ordine, che senza quello non si darebbe; e se è limosina, perché
non si fa se non per quell'occasione? Facciasi in altro tempo, diansi gl'ordini
senza intervento d'alcuna cosa, chi vorrà far la limosina, la farà in altro
tempo; ma il mal esser che, se uno dicesse all'ordinatore di dargli per limosina,
l'averebbe per ingiuria, né in altro tempo la riceverebbe; perilché non doversi
creder di poter ingannar né Dio, né il mondo. Concludevano questi doversi far
decreto assoluto che non si potesse né dar, eziandio spontaneamente, ancorché
sotto nome di limosina, né ricever parimente, non solo all'ordinatore, ma né ad
alcuno de' suoi, né meno al notario sotto nome di scrittura o di sigillo, né di
fatica, né sotto qual si voglia altro pretesto.
Ma i vescovi poveri et i titolari in
contrario dicevano che, sí come il dar gl'ordini per prezzo è scelerato
sacrilegio, cosí il levar la limosina, tanto da Cristo commendata, distrugge la
carità e disforma a fatto la Chiesa: la stessa raggione in tutto e per tutto
militare nelle ordinazioni che nelle confessioni, communioni, messe, sepolture
et altre ecclesiastiche fonzioni; nissuna causa esserci perché si debba proibir
il dar spontaneamente et il ricever in quelle, che in tutte queste, e quello
che si allega che essendo limosina si faccia in altri tempi, corre anco in tutte
le altre fonzioni sudette. La Chiesa da antichissimo tempo aver costumato di
ricever oblazioni e limosina con queste occasioni, le quali se si leveranno, in
consequenza i poveri religiosi, che di quelle vivono, saranno costretti ad
altro attendere; li ricchi non vorranno far gl'ufficii, come chiaro appare et è
apparso da 500 anni in qua; onde l'essercizio della religione si perderà e
restando il popolo senza quella, converrà che dia in una impietà o in diverse
perniciose superstizioni. E non uscendo del proprio spettante alle ordinazioni,
se, senza riprensione, per li pallii che la Sede apostolica dà a'
metropolitani, sono conferiti migliara di scudi, come si potrà reprender una
picciola recognizione che il vescovo riceva dagl'ordini inferiori? Qual raggione
vorrà che siano con diverse, anzi contrarie leggi regolate le cose dell'istesso
genere? Non si può chiamar abuso quello che nell'origine è instituito. Resta
ancora nel pontificale, che all'offertorio nelle ordinazioni viene
dagl'ordinati presentato al vescovo ordinatore i cerei, che pur sono cose
temporali, e con la grandezza et ornamenti si possono far di gran prezio; non
esser donque cosa cosí cattiva come viene depinta, né meritare che con infamia
de' miseri vescovi si vogli acquistare laude de riformatori, immitando i
farisei nell'osservare le fistuche e collare i mosciolini.
Dissero anco alcuni che l'articolo non si
poteva statuire come contrario al decreto d'Innocenzio III nel concilio generale,
dove non solo fu approbato l'uso di dar e ricever cosa temporale nel ministerio
de' sacramenti, ma fu commandato a' vescovi che constringessero il popolo con
censure e pene ecclesiastiche ad osservare la consuetudine, dando questo titolo
di lodevoli a quelle che si trattava ora di condannare come sacrileghe.
Ma Dionisio, vescovo di Milopotamo, fece
longa digressione in mostrare quanta sarebbe l'edificazione che i fedeli
riceverebbono, quando dagl'ecclesiastici fossero amministrati i sacramenti per
pura carità e non aspettando mercede da altri che da Dio; affermò essergli
debito il vitto e maggior sovvenzione ancora, ma a questo esser già stato
sodisfatto con l'assegnazione delle decime pienamente e soprabondantemente,
poiché non essendo il clero la decima parte del popolo, riceve cosí gran
porzione, senza gl'altri beni posseduti, che sono il doppio tanti; però non
esser cosa giusta adesso pretender quello che già si è ricevuto
centuplicatamente, e se sono vescovi poveri, non è che povera sia la Chiesa, ma
le ricchezze mal divise; con una legitima distribuzione tutti sarebbono
accommodati e si potrebbe dar senza altro contracambio quello per che già si è
ricevuto piú che la mercede. Aggionse che non potendosi levar tutt'insieme li
molti abusi, commendava l'incomminciar da questo delle ordinazioni, non
restringendolo però alla sola azzione del conferir il sacramento, ma
estendendolo alle precedenti ancora. Perché gran assordità sarebbe che si
pagassero alle cancellarie de' vescovati assai care le lettere dimissoriali,
per quali viene il chierico licenziato per andar a procurarsi ordinatore, et in
Roma la facoltà di ordinarsi fuori de' tempi statuiti, e la riforma fosse posta
sopra i soli vescovi ordinatori. Questo parer, quanto alle dimissoriali de' vescovi,
fu approvato da molti; quanto alla facoltà da Roma disse il cardinale Simoneta
che il pontefice averebbe proveduto e non era cosa da trattare in concilio.
Della mercede de' notarii si disse qualche
cosa; perché alcuni, avendolo per ufficio puro secolare, sentivano che non si
dovesse impedire il pagamento; altri l'avevano per ufficio ecclesiastico.
Antonio Agostini, vescovo di Lerida, osservatore dell'antichità, disse che
nell'antica Chiesa i ministri erano ordinati in presenza di tutto 'l popolo,
onde non era bisogno di patente o lettera testimoniale, et applicati ad un
titolo non mutavano diocesi, e se occorreva viaggiare per qualche rispetto,
avevano una lettera del vescovo, chiamata allora: formata. L'uso delle lettere
testimoniali è nato dopo che il popolo non interviene alle ordinazioni e che i
chierici sono fatti vagabondi, e come introdotto in supplimento della presenza
del popolo; piú tosto si debbe aver per ufficio temporale, ma come applicato a
materia spirituale, da essercitarsi con moderazione; perilché il parere suo era
che se gli concedesse mercede, ma limitata e moderata.
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