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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro sesto
    • [Prebende e distribuzioni nelle chiese collegiate]
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[Prebende e distribuzioni nelle chiese collegiate]

Quello di che nel quarto capo si propose non appartiene salvo che alle chiese collegiate, le quali avendo dalla sua instituzione, tra le altre fonzioni, anco questa di congregarsi nella chiesa per lodar Dio alle ore da' canoni determinate, e perciò canoniche dette, ebbero insieme applicate rendite da' quali fosse tratto il vitto de' canonici, il qual era loro assegnato in un de' 4 modi: che overo in commune vivevano con una sola mensa e spesa, come i regolari, o pur erano compartite le entrate, et assegnata a ciascuno la sua porzione, perciò prebenda dimandata, overo finito il servizio era distribuito loro il tutto, o in vettovaglia, o in danari. Quelli che in commune vivevano, poco tempo continuarono a quella disciplina, che essi ancora vennero alla divisione, o in prebende, o in distribuzioni a' prebendati, essendo iscusati dagl'ufficii divini quelli che per infermità o per alcuna spirituale occupazione non potevano ritrovarsi. Fu facile usar il pretesto et introdur usanza d'intervenire poche volte nella chiesa e pur goder la prebenda; ma a chi la misura era distribuita dopo l'opera, non poteva iscusarsi, onde la disciplina e la frequenza agl'ufficii durò piú in questo secondo genere che nel primo; per la qual causa i fideli donando o legando di novo alle chiese, ordinavano che fosse posto in distribuzioni. Onde avvenne che con esperienza apparivano tanto meglio ufficiate le chiese, quanto maggiori erano le distribuzioni; pareva per tanto s'avesse potuto rimediare alla negligenza di quelli che non intervenivano agl'ufficii coll'incitargli per questo mezo, pigliando parte delle prebende e facendone distribuzioni. Questo partito era molto commendato da buon numero de prelati, come di onde doveva seguir indubitatamente aummento notabile del colto di Dio, né potersi dubitare, poiché già con esperienza si vedeva l'effetto: né altro era detto per fondamento di questa openione.

Ma in contrario era il parere di Luca Bisanzio, vescovo di Cataro, pio e povero, che piú tosto fossero costretti li prebendati per censure e privazioni de parte de' frutti et anco di tutti e delle prebende stesse, ma non fosse alterata la forma prima; perché essendo quasi tutte le instituzioni per testamenti de fedeli, quelli si debbono tener per inviolabili et inalterabili; né si debbono mutar, non tanto per pretesto di meglio, quanto né anco per un vero meglio, non essendo giusto metter mano in quello d'altrui, perché egli non lo amministri in meglior modo. Ma quello che si doveva aver per piú importante, essendo cosa certa che è simonia ogni fonzione spirituale essercitata per premio, volendo rimediare ad un male, si apriva porta ad un peggiore, facendo de negligenti, simoniaci. Alle qual raggioni per l'altra parte si rispondeva che nel concilio era potestà di mutar le ultime volontà, e quanto al ritrovarsi agl'ufficii divini per guadagno speciale, bisogna distinguere che il guadagno non era causa principale, ma secondaria, e però non vi cadeva peccato, poiché principalmente li canonici anderanno agl'ufficii per servir Dio, e secondariamente per le distribuzioni. Ma si replicava dagl'altri non saper veder che il concilio abbia maggior potestà sopra la robba de' morti che de' vivi, quale nissun è cosí impertinente che la pretenda; poi, che non era cosí sicura dottrina, come s'affermava, che il servir Dio secondariamente per guadagno sia cosa lecita. E quando cosí fosse, non potersi in modo alcuno chiamar secondaria, ma principale, quella causa che muove ad operare e senza quale non si operarebbe. Questo parere non fu molto gratamente udito, e nella congregazione eccitò molto mormorio, poiché ogni uno, conscio a se stesso d'aver ricevuto il titolo e carico per l'entrate e che senza quelle non l'averebbe accettato, pareva che si sentisse condannare. Però ebbe grand'applauso l'articolo che si convertissero le prebende in distribuzioni, per incitar al divin servizio nel miglior modo che si può.

 

 




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